La virgola nell’italiano di oggi

Come illustrato nella voce di Angela Ferrari dedicata a questo segno e ai suoi impieghi, in italiano l’uso della virgola è caratterizzato da un valore fortemente comunicativo. Ciò significa che la virgola demarca e gerarchizza le diverse parti degli enunciati non solo in risposta a regole dettate in modo stabile dalla sintassi, ma anche in conseguenza di specifiche differenziazioni, e per necessità semantiche ed espressive anche facoltative. È, insomma, un segno la cui presenza (o assenza) dipende strettamente dall’organizzazione interna delle frasi e dei periodi, nei quali serve a trasmettere i rapporti fra unità informative.

Semplificando, nei testi la virgola svolge spesso un ruolo, potremmo dire, segnaletico per guidare chi legge a orientarsi fra i significati e le intenzioni dello scrivente. Ad esempio, nella frase appena letta, “Semplificando” è reso autonomo e rivolto a tutto quanto segue (fino al punto) proprio grazie alla virgola, mentre “potremmo dire”, racchiuso fra virgole, assume un chiaro valore di commento.

In generale, le principali funzioni della virgola possono ricondursi a due (Simone 1991): quella seriale (che separa elementi delle frasi o intere frasi) e quella che apre e/o chiude (tipica degli incisi). Nei paragrafi successivi ci concentreremo solo su una particolare tendenza all’abuso nell’impiego della virgola come separatore seriale, che prende il nome di virgola splice.

Che cos’è la virgola splice?

L’anglicismo virgola splice (comma splice) individua, in realtà, un fenomeno presente nell’italiano contemporaneo: un particolare collegamento fra parti di testo dovuto all’iper-estensione dell’uso della virgola come separatore in luogo sia di segni di interpunzione di livello superiore (punto, punto e virgola, ma anche due punti), sia di appropriati connettivi.

Gli autori e le autrici che hanno dedicato studi a questa manifestazione d’uso della virgola hanno optato per scelte terminologiche diverse, dipendenti anche dalle modalità di osservazione del fenomeno. Ad esempio, Tonani (2010), prestando particolare attenzione alle tendenze della narrativa, la chiama virgola passepartout, rimarcando l’impiego tuttofare del segno, e Ferrari (2017, 2018) parla di «usi “estesi”» e di «sovra-uso» nell’italiano scritto odierno. Invece, Corno (2019) − ponendo l’accento sulla scrittura tecnica e funzionale − mantiene il termine inglese splice (“unione”), introducendo anche la formulazione frasi fuse, che ricalca l’inglese fused sentences ed enfatizza le conseguenze spesso critiche della presenza incontrollata di virgola che, appunto, “lega”, “fonde” indebitamente le frasi.

Ciò che succede in italiano presenta molte analogie e alcune peculiarità rispetto all’inglese, la lingua in cui, per prima e con più urgenza, il fenomeno è stato approfonditamente colto e studiato sin dai primi decenni del Novecento (si trovano cenni già nell’opera di Strunk 1918/2008, ed è oggetto di riflessione nei più quotati manuali di scrittura, come Hacker &Sommers 2009).

Alcuni casi: virgole più o (molto) meno accettabili

Poiché, secondo Ferrari (2017: 140), quello dell’uso della virgola in luogo di segni come punto o punto e virgola è «un fenomeno propriamente qualitativo», per comprenderlo occorre scorrere almeno qualche esempio tratto da testi di tipo diverso, che mostrano vari gradi di intenzionalità e di legittimità (per ulteriori casi si rimanda a Tonani 2010 e a Ferrari 2017, 2018). Cominciamo con un impiego che vede la virgola segnalare i confini di enunciato in abbinamento a connettivi come insomma, infatti, tuttavia:

(1) Quando sento parlare alla televisione un uomo politico francese, di qualsiasi tendenza, subito ho l’impressione di concretezza, di semplicità, di chiarezza**, insomma** l’effetto opposto a quello che risento in Italia in circostanze simili. (Italo Calvino, Note sul linguaggio politico, in Id., Una pietra sopra, Torino, Einaudi, 1980, cit. in Ferrari 2018: 55)

(2) Come ho già detto in un mio precedente commento il buon senso la cultura la preparazione l’intelligenza sono ogni giorno sempre di più stretti dall’abbraccio mortale dell’ignoranza**, tuttavia** rimane speranza nelle generazioni future. (commento tratto dalla pagina https://www.facebook.com/AmacaMicheleSerraRepubblica/)

Quest’impiego, soprattutto se la scrittura è di alto livello e sorvegliata come in (1), è ritenuto nella maggior parte dei casi accettabile; lo è meno in (2), che è un esempio di tutt’altro genere (una scrittura veloce), caratterizzato da un basso livello di controllo e di revisione; è però proprio in scritture come questa che la virgola compare più spesso come separatore polivalente a scandire il flusso testuale.

A scopo mimetico della resa del parlato o del flusso di pensiero, l’uso iper-esteso della virgola seriale, spesso non singola ma ricorsiva, è attestato nei romanzi. Vediamo due esempi fra i molti possibili tratti da opere recenti e di larga diffusione:

(3) La sentii che diceva: se stai zitta, se fa parlare solo questi due, se ti comporti solo come una pianta d’appartamento, da’ almeno una mano a questa ragazza, pensa a cosa significa avere un bambino piccolo. (Elena Ferrante, Storia di chi fugge e di chi resta, Roma, e/o, 2013, p. 63)

(4) Nell’ultima seduta gli ha consigliato di buttarsi, non tocca più una donna da quando è rimasto vedovo, lo ha spinto a provarci con la prima che capita, a separare il bisogno di riconquistare i confini del proprio corpo dalla possibilità di riconquistare un sentimento. (Chiara Gamberale, Adesso, Milano, Feltrinelli, p. 161)

È evidente che in (3) e (4) le giunture deboli generate dalle virgole realizzano l’effetto mimetico desiderato. Non a caso, per contro, le virgole come separatori tutto fare emergono di rado nei quotidiani, e soprattutto in spezzoni in cui si riporta il parlato, come in (5), in cui è raccontata la scelta di un bambino di iniziare a suonare la batteria:

(5) Ha scelto la batteria**,** DaveGrohl, ex batterista dei Nirvana, approverebbe. (La Stampa, 6 luglio 2019)

Già in questo esempio si avverte lo scarto rispetto ai precedenti in termini di adeguatezza e di accettabilità. Per quanto l’enunciato sia breve, chi legge, di primo acchito, avverte una certa fatica a orientarsi fra le parti. Si leggono, infatti, due frasi indipendenti e con cambio di soggetto, separate (ma anche collegate) da una virgola, che in questo caso genera un effetto propriamente splice. Discorso ancora più interessante meritano le virgole di questo tipo che compaiono in scritture poco controllate come quelle dei social network o in quelle prodotte da scriventi non esperti: virgole che non sono quasi mai consapevoli e che complicano la lettura del testo. È un esempio di virgola splice che affatica la comprensione il seguente, tratto da un testo scritto da uno studente universitario:

(6) La vera svolta la si ha intorno al 1800 a.C., quando venne inventato l’alfabeto**,** fu creato da popolazioni semitiche.

In (6), i due enunciati separati dalla seconda virgola sono accostati in una sorta di flusso omogeneo, mentre il loro rapporto andrebbe segnalato in altro modo. Il problema è che quest’“altro modo” rimane implicito nella mente dello scrivente, che delega alla sola virgola il compito di veicolare una pluralità di valori che non le sono propri. Non c’è una sola opzione di sistemazione del testo: in questo caso sono accettabili il punto o il punto e virgola (che accentuano la separazione di enunciati portatori di informazioni diverse), ma anche i due punti (che introducono una spiegazione) o l’aggiunta di un che relativo dopo la virgola, che connette l’informazione a un elemento della frase precedente. In ciascuno di questi modi, chi legge farà meno fatica a comprendere la struttura e la gerarchizzazione del periodo.

L’esempio qui riportato non è scelto per caso da una produzione di uno studente. Infatti, il fenomeno dell’iper-estensione nell’uso della virgola è particolarmente presente nelle scritture prodotte da scriventi che tendono a scrivere di getto, e che non sono pienamente capaci di controllare il testo e il sistema interpuntivo nei suoi aspetti più fini (come mostrano Demartini/Ferrari 2018). Ecco due ulteriori esempi tratti da testi informativi redatti da studenti, in cui il fenomeno assume ancor più propriamente i tratti di virgola splice:

(7) Il linguaggio binario è un sistema di numerazione posizionale. Nei sistemi di numerazione posizionale le stesse cifre in posizioni differenti hanno diverso valore**,** il più comune sistema decimale è anch’esso di tipo posizionale.

(8) Nel linguaggio parlato, infatti, è necessario essere eclettici**,** sapersi adattare alle varie situazioni è una soft-skill fondamentale se si vuole lasciare un segno in chiunque ci stia ascoltando.

Come spiegano gli studi (Ferrari 2017: 145-146, 2018: 57, cfr. anche Cresti 2014), le unità sintattiche che precedono e che seguono la virgola tuttofare si caratterizzano per alcuni aspetti peculiari; in questi casi, possiamo osservare sì una generale unitarietà tematica, ma anche uno scarto informativo e strutturale che la virgola non basta a segnalare. In (7), ad esempio, le informazioni sono di natura troppo diversa per essereconnesse da una virgola (la prima è particolare e la seconda è generale), mentre in (8) ci si chiede in quale rapporto la seconda unità informativa (quella che segue la virgola) sia con la prima (è un’aggiunta che sarebbe bene separare ad esempio con punto, punto e virgola o “e”? È una spiegazione?). Analogamente, in (9) una congiunzione (e o perché) oppure i due punti esplicativi renderebbero più agevole il compito cognitivo del lettore:

(9) L’utilizzo del lessico è molto importante**,** le parole elaborate possono esercitare la massima influenza su chi legge.

La comparsa delle virgole splice in determinati contesti morfosintattici, talvolta poco convincenti, influisce insomma non poco sul livello di accettabilità o inaccettabilità delle stesse. A essere determinante è soprattutto il punto di vista del lettore, in quanto la virgola splice rischia di rallentare o di compromettere la possibilità di seguire il filo logico del testo, anche nel caso di comunicazioni semplici come quest’estratto estrapolato da un’email (10):

(10) Vorrei chiedere com’è fatto l’esame**,** per prepararsi in modo ottimale**,** ritengo fondamentale avere più informazioni.

Qui, la doppia virgola − indice di una scrittura di getto, che procede per accumulazione – impone a chi legge di fermarsi per collegare adeguatamente “per prepararsi in modo ottimale” a ciò che precede o a ciò che segue.

Ma è un problema? Apparenza superficiale, cause e conseguenze profonde

Si potrebbe dire che “è solo una virgola”, un dettaglio. Forse. In realtà, la virgola splice, nei suoi esiti più estremi, è spesso conseguente a una strutturazione debole o addirittura non pienamente corretta del testo. A ciò consegue che spesso non è semplice correggerla, così come non è immediato far cogliere allo scrivente l’inadeguatezza del suo uso.

In sé, la tendenza all’uso sovrabbondante di virgole non può essere sempre e uniformemente tacciata di errore a priori. Non può farlo il linguista, che prende piuttosto atto di una tendenza diffusa nell’italiano contemporaneo, e ne valuta le caratteristiche e le conseguenze; né potrà farlo l’insegnante, che di casi di virgola splice ne vede in abbondanza, e dovrà ragionare sull’accettabilità o meno di essi, e discuterne faticosamente con gli allievi e le allieve, che non percepiranno quasi mai la criticità. D’altronde, una norma grammaticale chiara e stabile in materia non c’è, ed è proprio anche del senso comune percepire come ci siano certe zone normative grigie, nell’uso della virgola così come in svariati altri aspetti dell’interpunzione, in cui il confine fra giusto e sbagliato si assottiglia. Peraltro, anche l’uso del punto fermo gode di un’iper-estensione (tipica, per esempio, dell’italiano dei quotidiani).

Tuttavia, occorre stare molto attenti, perché l’abuso di virgole, spesso, errore lo diventa eccome. Lo diventa quando, a causa di una o più virgole inserite a svolgere un ruolo per cui non sono preposte, l’interpretazione del lettore fallisce, rischia di fallire o risulta estremamente faticosa. Quella “macchina pigra” che è, legittimamente, il testo (prendendo a prestito la nota immagine di Eco 1994), a causa di una virgola splice può addirittura incepparsi, inibendo l’interpretazione. L’intento dello scrivente si intuisce, ma rimane oscuro nei suoi rapporti più profondi, che il lettore, se riesce, deve ricostruire: cosa che non aiuta a comunicare con piena chiarezza ed efficienza. Basta una virgola, quindi, a privare la scrittura non solo della sua accuratezza, ma, a ben vedere, della sua efficacia.

Bibliografia

Corno, Dario (2019), Scrivere e comunicare. La scrittura in lingua italiana in teoria e in pratica, Milano, Pearson.

Cresti, Emanuela (2014), «La parataxedans le parléspontané et dans l’écritlittéraire», Chimera, i, pp. 1-29.

Demartini, Silvia/Ferrari, Pier Luigi (2019), «La virgola splice nei testi di studenti universitari: un problema solo in apparenza superficiale», in Ferrari, Angela_et al._ (a cura di), Punteggiatura, sintassi, testualità nella varietà dei testi italiani contemporanei, Firenze, Cesati, pp. 225-236.

Eco, Umberto (1994), Sei passeggiate nei boschi narrativi, Milano, Bompiani.

Ferrari, Angela (2017), «Usi “estesi” del punto e della virgola nella scrittura italiana contemporanea», in La lingua italiana. Storia, strutture, testi, XIII, pp. 137-153.

Ferrari, Angela (2018), «La virgola», in Ferrari, Angela/Lala, Letizia/Longo, Fiammetta/Pecorari, Filippo/Rosi, Benedetta/Stojmenova, Roska, La punteggiatura italiana contemporanea. Un’analisi comunicativo-testuale, Roma, Carocci, pp. 49-63.

Hacker, Diana & Sommers, Nancy (2009), The Bedford Handbook, Boston, Bedford/St. Martin’s.

Simone, Raffaele (1991), «Riflessioni sulla virgola»,inOrsolini, Margherita/Pontecorvo, Clotilde (a cura di), La costruzione del testo scritto nei bambini, Firenze, La Nuova Italia, pp. 219-231.

Strunk, William (1918/2008), Elementi di stile nella scrittura, Roma, Dino Audino editore [ed. or. The Elements of Style, New York, Ithaca, 1918].

Tonani, Elisa (2010), Il romanzo in bianco e nero. Ricerche sull’uso degli spazi bianchi e dell’interpunzione nella narrativa italiana, Firenze, Cesati.

I punti della situazione. Viaggio nella punteggiatura dell’italiano di oggi (a cura di Luca Cignetti)

0. La presentazione della serie - Luca Cignetti

1. Il punto - Angela Ferrari

2. La virgola - Angela Ferrari

Immagine: Composizione VIII, 1923

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