Prendendo atto dalla notevole frequenza con cui ci viene riproposta la questione dell’abbreviazione dei titoli dottore e dottoressa, forse bisognerebbe valutare la necessità di far fiorire in un angolo della sezione “Lingua italiana” del Portale della Treccani una tag cloud che metta in evidenza, con tutta l’efficacia visiva dello strumento, la consistenza dei quesiti più importanti nella lista pesata. Sicuramente per dottore/dott./dr e dottoressa/dott.ssa/dr.sa/dott. sarebbe necessario adoperare caratteri con un corpo gigantesco.

Fatta questa premessa, ci sarebbe da chiedersi, sotto il profilo sociologico e antropologico, che cosa motivi questa attenzione molto alta intorno al titolo in questione (al maschile o al femminile; scritto per intero o abbreviato) da parte di tanti interlocutori del nostro Portale, presi come spia interessante di una porzione della coscienza linguistica media, anche se, ovviamente, non si tratta di un campione statisticamente significativo.

Lanciamo appunto agli studiosi di settore questo quesito, mentre noi ci limitiamo a rispondere, grammatica alla mano, che la forma al femminile di dottore è pienamente nel solco della tradizione e degli usi linguistici, così come la sua abbreviazione: dottoressa e dott.ssa sono pienamente legittimi e validi.

Con l’iniziale minuscola o maiuscola? Decida lo scrivente a seconda della sua intenzione e del contesto e della situazione comunicativa – più o meno formale –. Non si vede perché sarebbe necessario neutralizzare il genere nell’abbreviazione. Non v’è alcun effetto di prestigio aggiunto, tra l’altro, nell’adottare la forma maschile in luogo di quella femminile. Insomma, siamo per il no a dott. riferito a una persona di sesso femminile.