Occorre precisare che soltanto nell'esempio «ci stanno tre pesci», e soltanto in astratto, può sorgere un dubbio circa il significato del verbo: 'esserci' o 'trovare collocazione adeguata, entrarci'. Perché l'accezione sia inequivocabilmente la seconda, basta che la frase sia formulata in risposta a un'eventuale domanda di questo tipo: «Quanti pesci ci entrano, qua dentro?» (possibili risposte: «Ci entrano (ci stanno) tre pesci» o, più agilmente, «ce ne entrano (ce ne stanno) tre».

Negli altri casi, quando cioè stare o starci equivale a essere, esserci, non siamo in presenza di un uso che si riferisce a una più o meno imprecisata quantità, quanto piuttosto a un valore locativo del verbo, che vale, insomma, 'essere presente', 'occupare una posizione'. Come scrive Luca Serianni nella sua grammatica Italiano (garzantina, ed. 1997, capitolo XI paragrafo 138), se è vero che l'uso locativo di stare e starci è tipico dell'italiano adoperato nel meridione, in ogni caso, nella lingua italiana senza aggettivi «nei valori locativi la contiguità semantica tra i due verbi è notevole e non è raro leggere stare in luogo di essere anche in scrittori settentrionali».

Gli usi locativi di stare e starci non creano particolari problemi, dunque. È consigliabile evitare l'uso di stare per essere, in quanto più fortemente caratterizzato in senso locale, quando si accompagni ad aggettivi indicanti stati d'animo, condizioni psichiche o mentali: sto angosciato, sto nervoso, sto contento.