Cristina Giunmmarra

A monte di e a valle di sono due locuzioni preposizionali simmetriche per significato, usate in senso proprio e figurato. In senso proprio, a monte di indica la parte più alta del corso di un fiume, rispetto a un dato punto, preso come riferimento: il corso dell’Adige a monte della gola di Silandro. A valle di, viceversa, si riferisce alla parte di un fiume più vicina alla foce, rispetto a un determinato punto di riferimento: l’area occupata dal Po a valle di Cremona è rimasta sostanzialmente intatta dall’epoca romana a
oggi.

In senso figurato, la locuzione a monte di, a partire all’incirca dagli inizi degli anni Settanta del Novecento, significa ‘che precede, cronologicamente o logicamente’: a monte di questa protesta, ci sono le difficili condizioni di vita dei lavoratori. La natura politico-sindacale dell’esempio non è casuale, perché fu proprio nella lingua adoperata in ambito sindacale a partire dall’“autunno caldo” del 1969 che si cominciò a usare a monte di nel senso figurato suddetto (poi tale uso tracimò nella lingua comune), così come accadde per a valle di ‘che segue, cronologicamente o logicamente’.

Infine, un esempio d’autore, che testimonia la fortuna dell’uso figurato delle due locuzioni anche in contesti estranei alle dinamiche politico-sindacali: «[Sergio] Solmi ha sempre lavorato non a monte (come oggi si dice) ma a valle delle opere esaminate, ha posto su esse il suo sismografo senza pretendere che questo registrasse conclusioni già anticipate» (Eugenio Montale, Sulla poesia, 1976).