Ringraziamo la gentile studentessa di linguistica per le informazioni che ha fornito, da condividere in questa sede, dunque, con altri lettori interessati. Dobbiamo precisare, comunque, che nel trattamento dei neologismi (o aspiranti tali), di cui cerchiamo di fornire documentazione costantemente aggiornata, il portale Treccani si attiene a norme redazionali precise: tra gli esempi portati a corredo della definizione della parola a lemma, tratti principalmente da siti di informazione on line accreditati (in particolare, si tratta di siti web di testate giornalistiche), non è detto che compaia la prima attestazione reperita nella lingua italiana – cui, peraltro, si cerca sempre di attingere. Assodato il fatto che, nel caso dei neologismi, ma, in generale, si può dire di tutte le parole vocabolarizzate, per via di successive e rinnovate ricerche, è sempre possibile che in futuro si trovino retrodatazioni della prima comparsa di una parola in lingua. La cosa non desta scandalo, anzi, è costitutiva della ricerca di prime attestazioni: potremmo dire che si tratta di un gioco divertente, di pubblica utilità lessicologica e lessicografica.

Inoltre, ci siamo dati – seguendo una tradizione consolidata in campo lessicografico – la regola di riportare soltanto attestazioni reperite nella lingua scritta. Nonostante la crescente importanza della lingua parlata, resta un riferimento fondamentale la realtà dello scripta manent. Non stentiamo a credere che il ciaone fosse già noto nell’italiano colloquiale e informale parlato (e trasmesso) a Roma: prima di arrivare agli onori di un film e, infine, magari, alle cronache giornalistiche scritte, è certo che un’espressione così caratteristica deve essersi fatta le ossa nella selvaggia jungla del parlato.