Franca Stabile

Giusto, non giusto: difficile stabilirlo, quando di mezzo - nelle questioni di lingua - ci si mette la percezione soggettiva di ciò che è o dovrebbe essere "politicamente corretto". Certo non è una novità il fiorire sui media di espressioni pirotecniche o comunque suggestive per connotare questa o quella situazione politica particolare, come un tipo inedito di alleanza o una formula di governo ritenuta originale. Per restare alle formule di governo o alle sue caratteristiche, basta riandare ai tempi della cosiddetta Prima Repubblica italiana, con i suoi governi balneari, destinati a durare il breve periodo estivo, in quanto soluzioni transitorie trovate per permettere nel frattempo ai partiti della maggioranza di trattare dietro le quinte per delineare nuove compagini di governo in grado di soddisfare le richieste di tutti gli alleati; o, sempre in ambito di relativa instabilità, i governi di parcheggio e i governi ponte; oppure, guardando alla composizione del governo, i matematici (governo) quadripartito o pentapartito o i coloristici (governo) monocolore - il tipico governo tutto democristiano - e bicolore - il primo fu Democrazia cristiana-Partito Repubblicano Italiano, mentre governi neri furono chiamati polemicamente dalle sinistre i governi De Gasperi dopo l'estromissione dei partiti Comunista e Socialista. Si può dire che il riferimento ai colori da sempre identifica con immediatezza appartenenze e tendenze politiche di governi, alleanze, movimenti, partiti: pensiamo ai verdi e agli azzurri nella Bisanzio raccontata da Procopio (oggi da noi gli azzurri, oltre che i giocatori delle varie nazionali sportive, sono gli aderenti a Forza Italia). Avvicinandoci alle cose di Germania, ricordiamo tra seconda metà degli anni Ottanta e inizi dei Novanta del secolo scorso la coalizione rosso-verde formata dai socialdemocratici della Spd e dai verdi Grünen - si parlò poi, per analogia, di rosso-verdi anche in Italia, sia a proposito di una nuova leva di dirigenti della sinistra comunista e post-comunista sensibile ai temi ecologistici, sia con riferimento a giunte locali governate dalla sinistra storica e dai Verdi.
La Jamaica Koalition, fuoco d'artificio lessicale che durerà probabilmente lo spazio di un mattino, come spessissimo accade per i prodotti usciti da quella fabbrica di occasionalismi neologici che sono i media, ha illuminato di nero, giallo e verde il cielo confuso della politica tedesca all'indomani delle elezioni del settembre del 2005, nel momento in cui si trattava di prefigurare possibili alleanze di governo, all'interno di un quadro politico caratterizzato dall'incertezza. Il nero è quello dei cristiano-democratici della Cdu; il giallo quello dei liberali (Fdp); il verde quello dei Grünen: proprio i colori della bandiera giamaicana. Un'altra ipotizzata alleanza, quella tra rosso (Spd), giallo (Fdp), verde (Grünen), ha fatto parlare e scrivere di Ampel Koalition, cioè 'coalizione semaforo'. Però, mentre il semaforo non può offendersi se viene piantato in mezzo al crocevia degli snodi politici, può succedere che i rappresentanti ufficiali di una nazione possano non gradire che il nome della stessa venga preso in prestito e ricollocato in una locuzione che certo contiene una forte sfumatura ironica - resa evidente dalla stampa tedesca, che ha pubblicato un fotomontaggio nel quale i leader politici tedeschi Angela Merkel (Cdu), Joschka Fischer (Grünen), Guido Westerwelle (Fdp) venivano addobbati con i tipici dreadlocks, le treccine dei rasta giamaicani. Insomma, la Giamaica è evocata per alludere a una situazione stravagante, alla pretesa bizzarra di mettere insieme colori politici che non si accordano tra loro.

Dietro alla reazione della diplomazia giamaicana c'è l'idea che, attraverso il veicolo linguistico (scritto e iconico), passi l'insidioso (perché nascosto dietro lo scherzo) atteggiamento di paternalistica superiorità della nazione ricca, potente, "bianca" sulla nazione più povera, non potente, "nera".

Viviamo in un periodo storico in cui c'è molta attenzione nel maneggiare con "correttezza politica" i temi delle minoranze, dei diversi, degli (per dirla con eufemismo politically correct) svantaggiati. L'impressione è che il vestito della "correttezza politica" sia a volte troppo stretto, a volte poco adatto, perché i problemi cui esso tenta di cucirsi addosso sono in gran parte davvero... oversize. E poco hanno da giovarsi del galateo linguistico.

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