Loricangi

Sbagliando s’inventa. Le parole della vita

Bazzano, Artebambini, 2018

"Tutti gli usi della parola a tutti": mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo.

Gianni Rodari

Continuano a fiorire, nel giardino rigoglioso e sempre sorprendente dell’editoria per ragazzi, libri che parlano ai bambini della lingua, dei suoi meccanismi e delle sue ricchezze e che li avviano a maneggiare con destrezza e, perché no, gusto e piacere, il patrimonio lessicale e le combinazioni sintattiche e testuali.

L’approccio giocoso e creativo alla lingua e ai testi si muove sempre nel solco della lezione rodariana che non smette di portare ininterrottamente stimoli e frutti, se è vero che, ancora nel 2018, uno dei libri per bambini più originali e interessanti ha l’esplicito sapore – con tanto di citazione nel titolo stesso e nell’epigrafica iniziale – di quella Grammatica della fantasia che inaugurò nel 1973 non solo un nuovo modo di fare didattica, ma proprio di approcciarsi all’infanzia.

Loricangi, pseudonimo di Loredana Cangini, talentuosa illustratrice e autrice di libri per l’infanzia, propone per l’elegante casa editrice Artebambini di Bazzano Sbagliando s’inventa. Le parole della vita. Si tratta del secondo capitolo di un filone creativo, inaugurato dalla stessa autrice nel 2015 con la matematica: Sbagliando s’impara. La matematica della vita. Artebambini è casa editrice di ormai trentennale esperienza, specializzata, come denuncia il nome stesso, nella valorizzazione dell’arte per bambini e per gli adulti che con loro lavorano. Oltre a monografie di grande qualità, pubblica la RivistaDADA, che propone esperienze artistiche a partire dal futurismo, dal dadaismo, dal surrealismo e, appunto, dalla poetica di Gianni Rodari.

Strumenti dell’esplorazione ludica della lingua progettata da Loricangi sono le tradizionali filastrocche, in cui i versi in rima baciata innescano, quasi in una sorta di automatismo, catene di parole dai finali corrispondenti e giochi mutuati dall’enigmistica, secondo una tendenza ormai ampiamente attestata e consolidata anche nella didattica e nei testi e negli eserciziari di italiano adottati nella scuola primaria di primo grado, quali anagrammi, rebus e sciarade. Ma non mancano anche attività più elaborate che si prestano  a una riflessione più lunga e articolata. Ogni proposta, accompagnata da illustrazioni dai tratti leggeri e dai toni pastello di matite, chine, tempere e collage, è adeguatamente spiegata da un piccolo cartello illustrativo e corredata da opportuni esempi che servono solo a rilanciare una produzione autonoma e originale, da parte del piccolo lettore, singolo o in gruppo che sia.

Il “gioco dell’iniziale”, consistente dello scrivere un piccolo testo con parole che comincino con la stessa lettera: “Una Rosa Rossa si Recò nella Radura e si Ruppe un Ramo….”; quello della “parole in fila indiana”, in cui si devono scrivere parole che comincino sempre con l’ultima sillaba di quella precedente: “Il gatto tondo dondolava vagabondo”; “l’Autoritratto” , che prevede che si componga un proprio autoritratto, con singoli aggettivi o brevi frasi, partendo dalle lettere del proprio nome.

In un crescendo di difficoltà e raffinatezza, l’autrice stimola i bambini con proposte sempre più sofisticate, addirittura dalla paternità storico-artistica-letteraria esplicitamente riconoscibile. Si va dai rudimenti di metrica al calligramma, il componimento poetico la cui distribuzione grafica assume i contorni del soggetto della poesia stessa, alla maniera di Apollinaire. “Il gioco della poesia futurista”, in cui parole onomatopee messe insieme, da sole, senza il supporto di ulteriori puntelli verbali, evochino una certa situazione, per esempio quello che si può sperimentare in una stazione ferroviaria. “Il gioco della poesia dadaista” o “collage poetico” nel quale occorre ritagliare pezzi di giornali o riviste, mettere le frasi così ottenute in un sacchetto, estrarle a caso e poi metterle in fila, a far nasce una poesia apparentemente senza senso, ma certo divertente e inusuale. E ancora, il limerick, il poemetto non-sense di cinque versi, inventato dall’inglese Edward Lear - sicuramente l’attività più complessa - dove si devono seguire e combinare, in un testo brevissimo, regole metriche e di contenuto. E infine il caviardage, nato come pratica di censura di libri e giornali dai regimi dittatoriali, che incentiva un vero e proprio lavoro di scavo, di eliminazione, tramite annerimento della maggior parte delle parole di un testo già stampato, tratto da un vecchio libro o da un periodico, lasciandone in chiaro solo alcune che, prese una di seguito all’altra, restituiscano un testo con un senso in sé concluso, una sorta di “poesia nascosta”.

L’invito delle varie caselle di testo esplicative, attraverso un’esortazione in prima persona singolare, “dispongo”, “mi aiuto”, “scelgo”, “separo”, sollecita sempre due attività: scrivere e disegnare, quasi che la volatilità della produzione orale rischi di non lasciare il segno, mentre quello che si imprime sul foglio abbia effetti più stabili ed efficaci. Si fa leva insomma sulla dimensione visiva, come l’ispirazione della casa editrice stessa prevede: quella della scrittura come mezzo convenzionale per vedere parole e testi che si compongono in un significante riconosciuto e riproducibile, e dunque universale e condiviso; quella dell’illustrazione per vedere la rappresentazione iconica, per quanto bizzarra e straniante, del mondo poetico determinatosi da quei giochi di parole, in una doppia elaborazione fantastica, prima verbalizzata e poi disegnata, dunque del tutto personale e nuova.

Godibilissimo per i bambini, Sbagliando s’inventa offre spunti e stimoli anche agli adulti che vogliano potenziare abilità e scioltezza nel linguaggio o magari avviarsi al cimento poetico, ma anche semplicemente prendere più consapevolezza della propria lingua e dei suoi meccanismi costitutivi, non legati solo a processi razionalmente ricostruibili, ma anche a scatti di mera creatività: espressioni come “chi cavolo ti credi di essere”, oppure “una colazione coi fiocchi” o “conosco i miei polli” sono la spia di una vitalità non imbrigliabile, di  ‘un’anima’ della parola, che come un sasso nello stagno – scrive Rodari nella Grammatica della Fantasia – “gettata nella mente a caso produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene continuamente, per accettare e respingere, collegare e censurare costruire e distruggere”.