Giuseppe Patota
Vita. Storia di una parola

Sesto Fiorentino (FI), Apice libri, 2017

Ognuno di noi, pensando ad alcune parole, oltre all’accezione universalmente conosciuta e condivisa, richiama un significato specifico, privato e quasi intimo. Soffermiamoci ad esempio sull’aggettivo blu: ‘Azzurro scuro, turchino scuro, nelle sue varie sfumature. Indica le gradazioni più intense del colore che dai chimici e fisici è designato genericamente con azzurro’. (Blu, vocabolario on line, Treccani.it). Immaginando un tubetto di tempera blu, spremuto sulla tavolozza di un pittore, ciascuno ha in mente la propria tonalità di colore (blu elettrico?, blu marino?, blu pavone?). Senza considerare poi l’esperienza che ciascuno associa a questo colore: il mare, il cielo, la notte, lo zaffiro o chissà cos’altro.

E parlando di paesaggio a che cosa pensiamo? Ne conosciamo sicuramente l’accezione più immediata, ‘veduta, panorama; parte di territorio che si abbraccia con lo sguardo da un punto determinato’ (paesaggio, vocabolario on line, Treccani.it), ma qual è il nostro paesaggio? È campestre, marino o montuoso? Triste, ridente o melanconico? E poi: è quello della casa dei nonni che ricordiamo sin da bambini? O quel che resta di un viaggio recente?

Le parole possiedono una loro vita segreta e misteriosa, che trascende la loro “veste ufficiale”. Stanno lì ad indicare una specifica cosa, che più o meno tutti conoscono, ma poi «quando parli di parole lo fai con le parole e questo vortice ti travolge, le parole non stanno immobili in grassetto nelle pagine dei dizionari, le parole sono dispettose, appunto, ci giocano, ci mettono in gioco» Michele Smargiassi, È nel gioco l’intelligenza segreta delle parole, Repubblica.it.

Ed ecco la storia di una parola irrequieta, che non riesce a star ferma ed imbalsamata in un vocabolario e condensa «significati e sfumature di significato» davvero sorprendenti, su cui vale la pena di soffermarsi. Di vita ci parla, da linguista, Giuseppe Patota, professore di Linguistica italiana e accademico della Crusca – tra le altre cose –, nel breve ma intenso saggio intitolato appunto Vita. Storia di una parola.

Innanzitutto bisogna far ordine, perché «La parola vita, da sola o in combinazione con altri termini (con cui converge a formare voci polirematiche: insiemi di parole che contano come una parola sola), ha molti significati e sfumature di significato» (p. 9).

Dopo aver consultato sei tra i maggiori vocabolari dell’italiano contemporaneo, l’autore descrive le più importanti accezioni di vita, che sono fondamentalmente tre. «La prima accezione è di ordine biologico. […] La seconda accezione è di ordine cronologico. […] La terza accezione descrive la vita come ‘modo di vivere’ o anche ‘esistenza’». Le prime attestazioni dei tre principali significati vengono poi retrodatate, cioè si nota e si documenta che la vita, nell’area linguistica italiana, prende vita prima di quanto invece si dica: «[…] la consultazione del Tesoro della Lingua Italiana delle Origini consente di individuare tre frammenti provenienti da altrettanti testi medievali italiani […] che obbligano a retrodatare tutte e tre le accezioni».

Dalla nascita della vita, si esaminano «in modo dettagliato i contesti in cui ricorrono le attestazioni più remote delle prime tre accezioni» (p.16), scoprendo, per esempio, che «Il motivo dell’associazione-opposizione tra la vita e la morte pervade la nostra letteratura fin dai primordi» (p.19).

Illuminante la riflessione sui primi versi del «più gran libro scritto da un cristiano»: «La vita è rincorsa dalla morte, ben più drammaticamente che nei versi di Giacomo e dei suoi colleghi, in quelli che aprono la Commedia dantesca. Poche parole – una quarantina soltanto – separano l’una dall’altra:

Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura,

che la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte,

che nel pensier rinova la paura:

tant’è amara che poco è più morte

Oltre ai riferimenti alla storia remota della nostra letteratura, Patota approfondisce alcune tra le principali polirematiche che contengono vita, come albero della vita, arco della vita, qualità della vita o speranza di vita, ci ricorda (Nei proverbi - p. 52) che «La vita comincia a quarant’anni», rammenta (Nome e cognome - p. 53) che con il romanzo Vita, Melania Mazzucco vinse lo Strega nel 2003 (parlandoci, da linguista, degli antroponimi che evocano la vita).

Sapevate poi che la missione spaziale 52/53, che ha visto Paolo Nespoli per la terza volta nello spazio, è stata chiamata VITA e perché? Ricordavate nella Tosca di Puccini quanto Mario Cavaradossi, pronto a morire, amasse la vita?

Dopo aver ricostruito minuziosamente la storia più antica dei primi tre significati di vita, lo studioso azzarda con modestia, sottolineando che «a me – a me beninteso, non certo in quanto aspirante scienziato o filosofo, ma in quanto linguista, e soprattutto in quanto parlante comune, sembra che la parola, quando è riferita all’uomo, assuma spesso un senso più largo, che comprende e contemporaneamente trascende i tre presentati all’inizio» (p. 61).

Così, se pensavate di avere familiarità con questa parola, dopo un simile viaggio al centro della vita, potrete comprendere che la vostra era solo una conoscenza, non una vera amicizia.