di Cristina Lavinio*

Precoce e costante è stato l’interesse di Tullio De Mauro per la scuola, considerata nella sua Storia linguistica dell’Italia unita (del 1963) come uno dei pilastri più importanti per la storia culturale e linguistica del nostro Paese. Nel 1861 la popolazione italiana era prevalentemente analfabeta e dialettofona e faticosamente, tra mille difficoltà e resistenze, la scuola ha contribuito a far superare la terribile arretratezza iniziale e a promuovere la conoscenza dell’italiano. La storia della scuola, con il progressivo innalzamento degli anni di obbligo scolastico dopo i soli due iniziali, è inscindibile per De Mauro dalla storia della società italiana e dei suoi usi linguistici, con il superamento della dialettofonia esclusiva e il passaggio all’italofonia, anche se si dovette aspettare il 1962 per vedere abolito il doppio canale (l’avviamento professionale da una parte, la scuola media dall’altra) per chi volesse continuare a studiare dopo la scuola elementare. Anno decisivo, quello della scuola media unificata, che portava l’obbligo scolastico a tredici anni e che permetteva, a una massa di ragazzi che un tempo ne sarebbero stati esclusi, di accedere alla scuola media e, insieme, di evidenziarne l’intima natura classista: era una scuola tagliata su misura per i Pierini di famiglia bene, nelle cui case si leggeva e si parlava già l’italiano, e non certo per i Gianni, di tutt’altra estrazione sociale e a cui invece l’italiano doveva essere insegnato. Lo denunciava nel 1967 la Lettera a una professoressa della Scuola di Barbiana. A don Milani De Mauro ha sempre guardato con attenzione, consapevole dell’importanza del suo modo di fare scuola, attento alla concretezza dei dati reperiti dai ragazzi stessi in ricerche di gruppo e alla produzione collettiva di testi scritti in cui tutti avessero modo di soppesare le parole trovando quelle più adatte alla sostanza delle cose da dire e lontane dall’aria fritta dei luoghi comuni, quali quelli sollecitati dalla pratica tradizionale dei temi scolastici.

Le associazioni degli insegnanti

Il De Mauro che in quegli anni collaborava a riviste importanti, come per esempio «Riforma della scuola», o a testate giornalistiche come «Paese sera», scriveva molto di scuola e di educazione linguistica (molti di questi articoli sono raccolti nei volumi, ambedue del 1977, Scuola e linguaggio e Le parole e i fatti), condivideva  il motto di Gianni Rodari «Tutti gli usi della lingua a tutti» e criticava, sulla scorta degli studi linguistici più innovativi, molte delle pratiche erronee della pedagogia linguistica tradizionale. Insieme, lavorava a stretto contatto con associazioni (come il CIDI o il MCE) di insegnanti preoccupati per gli allievi che la scuola perdeva a causa di un loro scarso possesso di capacità linguistiche. De Mauro stilava così le Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica, che diventavano nel 1975, dopo ampie e partecipate discussioni, il manifesto del GISCEL (Gruppo di Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica), nato in seno alla Società di Linguistica Italiana e tra i cui fondatori c’era lo stesso De Mauro.

Le Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica

Sono tesi in cui la centralità del linguaggio verbale non ignora l’importanza degli altri linguaggi, in cui la cura dell’italiano, da usare in modo articolato e differente a seconda delle situazioni comunicative, diventa centrale in un’educazione linguistica cui sono chiamati a dare il loro contributo i docenti di ogni disciplina, ma da gestirsi da insegnanti (di italiano in particolare) debitamente formati nelle scienze del linguaggio. Tale educazione linguistica, ben lungi dall’essere facilona, è molto più complessa di quella che sottopone le espressioni linguistiche al giudizio drastico del giusto o sbagliato; e si tratta di una pedagogia democratica, ispirata a principi fondamentali della Costituzione, che non consideri le parlate locali malerbe da estirpare, ma che, insieme, eviti di trasformarle in fattori di ghettizzazione e che, dunque, sia tesa a rimuovere i dislivelli di capacità linguistiche che ostacolano l’esercizio pieno del diritto di cittadinanza.

Il Vocabolario di base dell’italiano

Tullio De Mauro ha continuato, nei decenni successivi, a ribadire tali principi anche con numerosi e importanti contributi teorici, ma spesso ricchi di più o meno esplicite indicazioni operative e cui guardare facendo educazione linguistica: si pensi per esempio ai suoi lavori su una capacità fondamentale, benché difficile da monitorare, come quella del capire; alla sua definizione del Vocabolario di base dell’italiano (in Guida all’uso delle parole, 1980**,** aggiornato di recente su “Internazionale”, 23 dicembre 2016) e alla necessità di incrementare, a scuola, la conoscenza del lessico in modo graduale, magari ricorrendo a dizionari differenziati per livello scolastico; alle sue attenzioni al plurilinguismo e alla necessità di impadronirsi bene almeno di un’altra lingua europea; alle sue relazioni di apertura ai numerosi convegni nazionali del Giscel, cui partecipava assiduamente.

Da assessore e poi da ministro

Anche sul versante politico e operativo, la scuola non è mai stata persa di vista, tanto meno quando De Mauro ha ricoperto la carica di assessore alla Cultura nella Regione Lazio (1976-77) o, soprattutto, quando è stato ministro della Pubblica Istruzione (ma per un solo anno, dall’aprile 2000 al giugno 2001) durante il governo Amato. Fu un anno comunque importante, in cui vennero elaborate le Indicazioni nazionali per la scuola del primo ciclo da parte di un’ampia commissione da De Mauro nominata, composta – oltre che da esperti – da rappresentanti di tutte le associazioni di insegnanti, sia generaliste che disciplinari, fino alle stesse associazioni dei genitori. Il lavoro fu ampio e condiviso e quelle Indicazioni, che pure non fecero in tempo ad essere pubblicate in «Gazzetta Ufficiale», sono state a lungo un riferimento importante, con molti dei loro principi (che sono anche quelli delle Dieci tesi) rimbalzati fino alle Indicazioni attualmente vigenti.

L’educazione degli adulti

De Mauro ha ricordato più volte che, nella scuola, l’elemento fondamentale è l’insegnante: un buon insegnante riesce a far superare rapidamente i dislivelli legati all’estrazione sociale degli allievi. Ma l’educazione degli adulti era un altro tema giustamente caro a Tullio De Mauro, che non mancava di ricordare quell’analfabetismo di ritorno che impedisce ad oltre il 70% della popolazione in età lavorativa di capire un testo scritto anche piuttosto semplice. La scuola, bisognosa di maggiori risorse e attenzioni politiche, pur avendo fatto e facendo tanto, da sola non basta a promuovere né gusto permanente per la lettura né quella desiderabilità dell’istruzione che possono invece maturare preoccupandosi della presenza diffusa di biblioteche sul territorio e curando, contemporaneamente, l’educazione degli adulti. E Tullio De Mauro, intervistato da Erbani ne La cultura degli italiani (2004), non ha mai smesso di ricordare tutto ciò, allarmato, dati alla mano, per la cattiva complessiva cultura linguistica del nostro Paese che si può leggere anche come un deficit di democrazia.

Elenco dei testi citati

T. De Mauro, Storia linguistica dell’Italia unita, Bari, Laterza, 1963.

T. De Mauro, Le parole e i fatti, Bari, Laterza, 1977.

T. De Mauro, Scuola e linguaggio, Bari, Laterza, 1977.

T. De Mauro, Guida all’uso delle parole, Roma, Editori Riuniti, 1980.

T. De Mauro, La cultura degli italiani, a cura di F. Erbani, Roma-Bari, Laterza, 2004.

T. De Mauro, Nuovo vocabolario di base dell’italiano, «Internazionale», 23 dicembre 2016.

Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, 1967.

*Cristina Lavinio è professore ordinario di Linguistica educativa all’Università di Cagliari. Ha insegnato anche Glottodidattica (all'Università italiana per stranieri di Perugia), Metodologia dell’insegnamento linguistico, Linguistica italiana, Didattica della lingua italiana. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni di linguistica educativa, linguistica del testo e sociolinguistica, tra cui i volumi Teoria e didattica dei testi (1990), Comunicazione e linguaggi disciplinari. Per un’educazione linguistica trasversale (2004) e la cura dei volumi La linguistica italiana alle soglie del 2000 (2002), Educazione linguistica e educazione letteraria (2005). Ha fatto parte del Comitato Scientifico di vari progetti ministeriali nazionali (“MILIA”, “Laboratorio di scrittura”, “Azione Italiano L2”, “Poseidon”), producendo svariati moduli per la formazione degli insegnanti. È stata segretaria nazionale del Giscel dal 1986 al 1988 e dal 2000 al 2004.

Immagine: Don Milani in aula con i suoi allievi