«Sempre più citato, sempre meno capito, come non di rado capita a figure divenute nel tempo imprescindibili riferimenti dell’immaginario culturale medio», scrive Luigi Matt in questo Speciale, riferendosi a Primo Levi, morto suicida nella sua Torino trent’anni fa. Un quadro generale di ciò che sappiamo di Levi, della sua parola e del suo pensiero, ci è dato da Vittorio Coletti e Daniele Scarampi. Abbiamo poi cercato di affrontare Levi scrittore e, inevitabilmente, uomo convocatosi come testimone sulla scena della più tragica Storia del Novecento, da prospettive meno frontali, ma sempre interpellando i testi, lo stile, la lingua. Dunque, lavorando sui margini, nell’analisi di Michele Ortore ecco Levi poeta, còlto in una parabola che lega la felicità formale in termini proporzionali e inversi all’angoscia iniziale e finale del percorso letterario e vitale; poi, due interventi su Levi tecnografo (ne scrive Stefano Rossetti) e fantascientista (nell’analisi di Mirko Tavosanis), in cui la medietà stilistica e la veste letteraria si fondono nel tentativo di introdurre a una fascia di lettori più ampia (oggi anche i giovani a scuola) i temi morali posti dallo sviluppo della scienza e della tecnologia. Infine, Luigi Matt problematizza la fortuna di Levi e spiega nel dettaglio come tanta narrativa contemporanea italiana si dichiari o si senta “nipotina” di Primo Levi, ma ben poco a ragione.