Microcontact, il microcontatto, è il concetto su cui si incentra il progetto finanziato dallo European Research Council per lo studio delle lingue degli emigrati italiani nelle Americhe.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, moltissimi italiani emigrarono in cerca di fortuna: secondo l’ISTAT circa 400.000 persone lasciarono l’Italia dirette in America tra il 1950 e il 1960. La caratteristica comune di molti di questi emigranti era che non si trattava di parlanti nativi di italiano: erano, per la maggior parte, “dialettofoni”, persone cresciute cioè parlando una delle varietà linguistiche italo-romanze, come il napoletano, il veneto, o il siciliano, comunemente chiamate dialetti.

Come è ormai noto ai più, molti di quelli che noi chiamiamo “dialetti” sono in realtà lingue romanze, con una loro grammatica, una loro tradizione scritta (in molti casi), sebbene con un uso circoscritto per lo più ad alcuni ambiti. Ciò che ci interessa ai fini dello studio è che molte di queste lingue presentano caratteristiche sintattiche, come la presenza di soggetti clitici (cioè, più o meno, pronomi ridotti), la marcatura dell’oggetto animato tramite preposizione (accusativo preposizionale), e diversi altri fenomeni che non sono presenti in italiano [1], [2].

Il cambiamento linguistico

Uno dei grandi quesiti della linguistica riguarda il cambiamento delle lingue in contatto: come avviene il passaggio di elementi grammaticali tra una lingua e l’altra? Come (e perché) cambiano le lingue? Ovviamente, le parole si prendono in prestito con facilità, ma se si volesse prendere in prestito un intero sistema di ausiliazione, o una particolare marcatura del complemento oggetto, sarebbe possibile? Gli studi tradizionali sul contatto ci dicono che la sintassi, la struttura grammaticale secondo la quale vengono assemblate le frasi, è raramente soggetta a prestiti: le regole sintattiche sono troppo profonde per essere prestabili [3]. Osservando il modo di parlare degli zii emigrati che rientrano in Italia per le vacanze, però, si nota che questo non è sempre vero. Gli zii iniziano a usare strutture che non c’erano, originariamente, nei loro dialetti.

Cambiamento in contatto o sviluppo spontaneo?

Il problema non è soltanto capire che cosa può e che cosa non può cambiare in contatto: bisogna anche capire se il cambiamento è avvenuto a causa del contatto o spontaneamente. Per esempio, lo zio Tino, italo-argentino che torna in Abruzzo e che dice, in abruzzese, Lo so’ viste iere ammattina, e poi L’hai viste iere ammattina, sta trasformando il suo sistema di ausiliazione per effetto del contatto con lo spagnolo, o spontaneamente?

L’abruzzese costiero ha un sistema molto strano per la selezione degli ausiliari: seleziona essere o avere secondo il soggetto [4]. [5]. Se il soggetto è di prima o seconda persona (io, tu, noi, voi), l’ausiliare sarà essere. Se il soggetto è di terza persona (lui, lei, Maria, Giovanni e Piero, loro) l’ausiliare sarà avere, per tutti i verbi. Quindi sentiremo so magnate, si magnate, ha magnate, ma anche  so partute, si partute, ha partute.

Ora, quando lo zio ormai ottantenne ha lasciato l’Abruzzo per Mendoza, il suo sistema era abruzzese, per cui diceva (con ogni probabilità) le so viste/ le si viste. Adesso però i suoi ausiliari si stanno spostando: avere si sta estendendo a tutte le forme. Questo cambiamento è avvenuto per via del contatto con lo spagnolo, che conosce solo l’ausiliare avere, o spontaneamente? Sembra, infatti, che l’ausiliare avere si stia sovraestendendo in molte varietà meridionali [6], [7].

Se continueremo con le indagini tradizionali non daremo mai una risposta a questo quesito: fin quando si esamineranno casi di contatto tra due lingue alla volta non sarà dato sapere quale sia la causa del cambiamento se il contatto o la pulsione interna.

Il microcontatto

Se però potessimo controllare l’abruzzese in contatto non solo con lo spagnolo, ma anche con il portoghese, con il francese, persino con l’inglese, oltre che con l’italiano, forse potremmo capire meglio cosa sta succedendo. L’italiano usa l’ausiliare avere con i verbi transitivi. Lo spagnolo usa sempre l’ausiliare avere, così come l’inglese. Il portoghese, però, non fa uso del passato prossimo, e usa l’ausilare ter in alcuni contesti. Che succede agli ausiliari abruzzesi in contatto con tutte queste lingue? Se il cambiamento va tutto nella stessa direzione, indipendentemente dalla lingua di contatto, allora non ci aspettiamo variazioni nella sovraestensione di avere. Se invece si tratta di cambiamento per effetto del contatto, ci aspettiamo che l’abruzzese in contatto con il portoghese si comporti in modo diverso da quello in contatto con spagnolo e inglese (che hanno un sistema di ausiliazione simile), e in modo ancora diverso in contatto con il francese.

Il progetto studia esattamente questo: l’esito del contatto tra lingue strutturalmente molto simili tra loro, cioè tra le varietà parlate da emigrati italiani nel dopoguerra e le maggiori lingue americane. L’esame degli esiti del contatto tra tutti i dialetti e tutte le lingue romanze d’America (più l’inglese) ci permetterà di discernere tra i due tipi di cambiamento, e di comprenderne i meccanismi.

Le varietà selezionate, sulla base di criteri strutturali e di documentazione storica, sono il veneto, il piemontese, il fiorentino, il senese, l’abruzzese costiero, il napoletano, il salentino e il siciliano. I Paesi nei quali questo studio viene effettuato sono il Canada (Québec), gli USA, l’Argentina e il Brasile.

L’atlante interattivo

Resta però un problema: come documentare questo contatto? Potremmo contattare le persone come lo zio Tino, della sua generazione, nella sua stessa condizione, e registrarle. Ma come rintracciare queste persone? Per stabilire un primo contatto stiamo realizzando un atlante interattivo, di data crowdsourcing, nel quale i dati possano essere caricati direttamente dai parlanti.

Con ogni probabilità lo zio Tino non sarà in grado di registrarsi e caricare i propri dati sull’atlante. Tramite l’aiuto di Istituti Italiani di Cultura e associazioni di ogni tipo, il gruppo di ricerca sta contattando persone giovani, capaci di usare internet, chiedendo loro di registrare i propri nonni, gli anziani nati in Italia ed emigrati in America nel dopoguerra. Queste registrazioni hanno lo scopo di aiutarci a individuare le comunità e i parlanti più adatti ad essere intervistati durante la ricerca sul campo, che verrà condotta a partire dal gennaio 2019.

Diacronia e sincronia

Infine, una parte sostanziale del progetto riguarda anche lo sviluppo diacronico dei fenomeni che stiamo considerando. Per poter capire lo sviluppo di alcune forme sintattiche è necessario tracciarne l’evoluzione. Nessuna varietà è rimasta incontaminata, poiché anche le varietà parlate in Italia sono entrate in contatto con l’italiano. Questo contatto è tuttavia avvenuto estensivamente solo negli ultimi cento anni, circa. Per molte di queste varietà esistono attestazioni già dal Medioevo, per cui non sarà impossibile riuscire a controllare l’evoluzione dei vari fenomeni, al fine di mettere a confronto il cambiamento linguistico avvenuto in modo spontaneo e quello avvenuto per contatto.

La pagina del progetto: https://microcontact.sites.uu.nl/

L’atlante interattivo: https://microcontact.hum.uu.nl/

Riferimenti bibliografici

[1] Maiden, Martin e Mair Parry. 1997. The dialects of Italy. Londra: Routledge.

[2] Rohlfs. Gerhard, 1966-1969. Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. Torino: Einaudi.

[3] Aikhenvald, Alexandra Y. e, R.M.W. Dixon (a cura di) Grammars In Contact: a cross-linguistic typology. Explorations In Linguistic Typology, 4 . Oxford University Press, Oxford, UK

[4] D’Alessandro, Roberta e Ian G. Roberts. 2010. Past participle agreement in Abruzzese: Split auxiliary selection and the null-subject parameter. Natural Language and Linguistic Theory 28: 41-72.

[5] Manzini, Maria Rita e Leonardo M. Savoia. 2005. I dialetti italiani e romanci. Morfosintassi generativa. Torino: Edizioni dell’Orso.

[6] Torcolacci, Giuseppe. 2015. Marking the Default: Auxiliary selection in Southern Italian dialects. Tesi di dottorato, Università di Leiden.

[7] Cennamo, Michela. 2001. L’inaccusatività in alcune varietà campane: Teorie e dati a confronto. In Federico Albano Leoni, Eleonora Stenta Krosbakken, Rosanna Sornicola & Carolina Stromboli (a cura di), Dati empirici e teorie linguistiche. Atti del XXXIII congresso internazionale di studi della Società di linguistica italiana, Napoli, 28–30 ottobre 1999. Roma: Bulzoni.