Quando parliamo, facciamo costante riferimento alla situazione in cui avviene il nostro discorso. Questa situazione (contesto) è determinata dallo spazio, dal tempo e dalle persone coinvolte nella comunicazione. Osserviamo la frase seguente:

(1)        La mia famiglia vive qui da molto tempo. Oggi, sono 10 anni che ci siamo trasferiti in questa città.

Se isolata dal contesto, la frase è poco chiara: di chi è la mia famiglia? Qual è il luogo indicato da qui? A quale giorno si riferisce oggi? Qual è questa città? La frase (1) può essere interpretata correttamente solo se il parlante e l’ascoltatore si trovano nella stessa situazione comunicativa, o almeno condividono informazioni già note a entrambi o presupposte nel contesto.

L’insieme delle espressioni che indicano spazio, tempo e persona è definito deissi (dal greco deĩxis ‘dimostrazione’). Questo termine rinvia alle forme lessicali e grammaticali (morfemi, parole, strutture) che codificano i tratti della situazione in cui avviene un discorso.

La deissi è tradizionalmente ripartita in tre categorie: deissi spaziale, deissi temporale e deissi personale.

La deissi spaziale indica lo spazio in cui avviene la comunicazione ed è codificata dagli avverbi di luogo (qui, , ecc.), dalle forme dimostrative (questo, quello) e da alcuni verbi (per esempio, venire, andare). La deissi temporale fa riferimento al momento dell’enunciazione e comprende gli avverbi temporali (ieri, adesso, dopodomani), alcuni aggettivi (prossimo, scorso) e i tempi verbali. Infine, la deissi personale designa i partecipanti al discorso ed è espressa dai pronomi personali (io, tu…) e dalle forme possessive (mio, tuo…).

Il modo in cui la deissi è codificata nel discorso può variare da lingua a lingua. Uno degli obiettivi del progetto Microcontact è lo studio di questa variazione nel contatto tra lingue che esprimono la deissi in forme differenti.

L****a deissi nelle lingue in contatto

L’aspetto della deissi più sensibile al contatto tra lingue riguarda la codifica dello spazio attraverso i dimostrativi, a cavallo tra deissi personale e spaziale. Vediamo un esempio di variazione tra siciliano e francese.

(2)        Sta seggia / ssa seggia / dda seggia è scavigghiata                 (adattato da [1])

‘questa / (codesta) / quella sedia è rotta’

(3)        Cette chaise est cassée

‘questa / (codesta) / quella sedia è rotta’

L’esempio (2) illustra il sistema dimostrativo tripartito tipico di molte varietà siciliane. Lo spazio in cui avviene la conversazione è diviso in tre aree: una vicina a chi parla (sta), una vicina a chi ascolta (ssa) e una lontana sia da chi parla sia da chi ascolta (dda). La grammatica normativa dell’italiano, su base toscana, prevede una suddivisione analoga: questa, codesta, quella. In realtà, nell’uso corrente la forma codesto/a è quasi sempre sostituita da quello/a.

Nell’esempio francese (3), il contesto extralinguistico, cioè la situazione concreta in cui avviene il discorso, è essenziale per l’interpretazione del riferimento allo spazio. Infatti, vicinanza e lontananza non sono opposte da forme linguistiche distinte, come nel siciliano, ma sono codificate dall’unica forma dimostrativa cette (aggettivale; masch. sing. ce) e devono essere dedotte in rapporto all’effettiva situazione in cui si trovano il parlante e l’ascoltatore. Tuttavia, se la dimensione spaziale non è immediatamente identificabile nel discorso, il grado di vicinanza o lontananza può essere specificato dagli avverbi locativi -ci ‘qui’ e - ‘là’, che vengono aggiunti alla forma neutra (cette chaise-ci / cette chaise-là).

Il contrasto tra gli esempi (2) e (3) mostra che il siciliano e il francese hanno due sistemi deittici differenti. Ora, cosa succede quando un siciliano deve indicare in francese il luogo in cui si trova un oggetto, per esempio una sedia rotta? Quali strategie adotterà per far capire all’amico francese di non sedersi su questa sedia, che è rotta, ma su quella, che è più comoda e sicura? Viceversa, come reagirà il nostro siciliano quando gli verrà chiesto in francese di prendere posto su cette chaise? Si siederà vicino al suo interlocutore o lontano da lui?

Gli emigrati italiani che sono entrati in contatto con altre lingue si sono certamente trovati in situazioni in cui ciò che pensavano in dialetto non corrispondeva a quello che dicevano nella lingua del paese di arrivo. Questo avrà richiesto degli sforzi di adattamento linguistico.  Il progetto Microcontact si prefigge di studiare l’interazione di sistemi linguistici differenti in condizioni di contatto. Nel caso specifico della deissi, l’esempio della variazione tra il siciliano e il francese offre spunti interessanti per la formulazione di una serie di domande di ricerca. Tenendo presente il sistema originario della deissi spaziale del siciliano, quali cambiamenti o adattamenti sono avvenuti nella lingua degli emigrati siciliani che sono entrati in contatto con il francese del Québec? Il sistema tripartito siciliano (sta, ssa, dda) si è ridotto per influenza del paradigma indifferenziato francese (cette)? Se sì, quale delle tre forme del siciliano si è affermata come equivalente di cette? In quale ordine è avvenuta l’eventuale riduzione del sistema? Inoltre, sono stati integrati gli avverbi locativi -ci e -? O si sono sviluppate forme miste di deissi spaziale, per esempio nelle fasi di ‘interlingua’, cioè durante il processo di acquisizione del francese da parte degli emigrati di prima generazione?

Attraverso l’osservazione di situazioni comunicative concrete, testate con questionari, il progetto Microcontact intende spiegare il meccanismo di questa variazione, estendendo lo studio anche ad altri dialetti in contatto con lo spagnolo e il portoghese.

La variazione deittica è presente anche tra le varietà italiane. Qui di seguito diamo un esempio dall’ariellese, parlato in Abruzzo, osservando un caso che non riguarda direttamente la deissi spaziale, ma che esprime il riferimento specifico agli umani in opposizione ad altre entità non umane coinvolte nel discorso.

(4)        Custù jè nu fregnə                                            (da [2])

‘Questo è un bel tipo’

(5)        Questə mo tə moccəchə

‘Questo (cane) ora ti morde’

Il pronome italiano questo è reso in ariellese ora come custù ora come questə. Le due forme, tuttavia, non si oppongono per distinguere la collocazione nello spazio. In entrambi i casi, infatti, si fa riferimento all’area vicina a chi parla. L’opposizione riguarda invece un aspetto specifico, ‘inerente’, degli elementi chiamati in causa nel discorso: custù si riferisce ad un essere umano, ad esempio un ragazzo, mentre questə indica tutto ciò che non è umano. La distinzione [± umano] che caratterizza l’ariellese non è presente in italiano. Non è da escludere che, sotto l’influenza della lingua nazionale, la variazione deittica di questa varietà abruzzese scomparirà, soprattutto tra le generazioni più giovani.

Bibliografia

[1] Leone, A. (1995), Profilo di sintassi siciliana, Palermo, Centro di studi filologici e linguistici siciliani

[2] D’Alessandro, R. (2013), Person-driven phenomena in Abruzzese, Workshop on personal pronouns, Utrecht, 13.11.2013

[3] Jungbluth, K. e Da Milano, F. (2015) (a cura di), Manual of deixis in Romance languages, Berlino, De Gruyter.

*Francesco Maria Ciconte (Torino, 1975) si è laureato in Lettere Classiche presso l’Università di Torino. Ha poi intrapreso gli studi in Linguistica, conseguendo il master e il dottorato presso l’Università di Manchester. Qui ha anche svolto ricerca postdoc sulle varietà italo-romanze. Attualmente in sabbatico dalla cattedra di Linguistica Italiana dell’Università di Porto Rico, è assegnista di ricerca presso l’Università di Napoli “Federico II” e collabora al progetto ERC Microcontact dell’Università di Utrecht. È autore di numerosi articoli di linguistica italiana e dialettologia in prospettiva diacronica, e di una monografia intitolata Existentials and Locatives in Romance dialects of Italy_, scritta in collaborazione con Silvio Cruschina e Delia Bentley e pubblicata da Oxford University Press_.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata