Centoventi anni fa, nell’anno 1900, veniva pubblicato a Genova, da Donath, “Le tigri di Mompracem”, capostipite del ciclo indo-malese di Emilio Salgari (pronunciato Salgàri: il cognome riflette il veronese “salgàro”, cioè salice), il creatore dei romanzi d’avventura italiano più famoso, anche se per lungo tempo snobbato dai critici. Lontano dalle geografie esotiche ricostruite sulla carta a partire da compulsive letture di mappe, atlanti, romanzi di Verne, Alexandre Dumas e Sue, riviste di viaggi da cui trarre storia, usi, costumi dei popoli e descrizioni del territorio da riverberare nei suoi scintillanti e violenti mondi di pirati, corsari, pellirosse, predoni del Sahara, il veronese Salgari, che molto poco aveva viaggiato nel corso della sua esistenza, si suicidò tra le placide colline di Torino, città in cui si era trasferito. In questo speciale si rende onore a Salgari in vari modi. Maria Serena Masciullo ricostruisce la storia editoriale che portò alla pubblicazione da parte di Donath delle “Tigri” in una versione rielaborata, manipolata e tagliata, adatta ai ragazzi, del testo originario, La Tigre della Malesia: spie lessicali e tematiche dell’adattamento sono messe in evidenza soprattutto in relazione alla figura dell’eroe Sandokan (che passa da «sanguinario a sanguigno»). Debora de Fazio si mette sulle tracce del portoghese Yanez, l’inseparabile “fratello” di Sandokan, probabilmente il personaggio di cui Salgari volle fare uno specchio idealizzato di sé e che viene seguìto nelle sue trasformazioni di romanzo in romanzo. Sempre Masciullo analizza la costruzione dell’esotico in Salgari, affidata anche alla folta caratterizzazione lessicale (parangs del Borneo_, kriss_ malesi, velenoso upas…), mentre Rocco Luigi Nichil esamina gli attacchi e le chiusure dei romanzi della saga indo-malese, che mostrano un versatile strumentario di soluzioni, riprese o adattate dal giornalismo, dal teatro, dallo studio delle necessità e opportunità offerte dalla scrittura seriale. Un altro modo per rendere omaggio a Salgari è quello scelto da Marcello Aprile, che rivaluta, a fronte di un atteggiamento snobistico diffuso ancor oggi verso le risorse del mezzo televisivo, lo sceneggiato in sei puntate Sandokan (1976), diretto da Sergio Sollima, che tenne incollati allo schermo più di venti milioni di telespettatori. Ispirato prevalentemente ai romanzi Le tigri di Mompracem e I pirati della Malesia, con «stile visivo caldo» e inquadrature di taglio innovativo, lo sceneggiato mostrò che anche le televisione poteva produrre un capolavoro a partire dai capolavori di uno scrittore d’avventura. Un’opera nell’opera, scrive infine Matteo Palma, è costituita dalla colonna sonora e dalla sigla dello sceneggiato, realizzate dai fratelli Guido e Maurizio De Angelis (nome d’arte: Oliver Onions): musiche e testi che hanno reso gli eroi salgariani vivissimi e familiari per un’intera generazione.