Enzo Moscato, scrittore, drammaturgo, attore, poeta, regista, cantante, è nato a Napoli il 20 aprile 1948 sui Quartieri Spagnoli, cioè in quella zona della città così denominata perché lì nel Seicento, durante la dominazione spagnola vi erano gli alloggiamenti delle truppe del Vicerè Pedro di Toledo, cui è intitolata una delle strade più famose di Napoli (Via Toledo) a cui Moscato fa spesso riferimento. Il monologo teatrale Luparella (1997) è ambientato nei Quartieri Spagnoli, Toledo suite (2011) è il titolo di un suo celebre spettacolo teatral musicale, i racconti intitolati Tempo che fu di Scioscia (2014) si sviluppano proprio lungo le strade dei Quartieri Spagnoli con dettagliati riferimenti ai luoghi. In particolare in due testi Signurì, signurì (1982) e Ritornanti (1994) il riferimento toponomastico (Via Toledo, Via Speranzella, Piazza Concordia…) non è trascurabile perché segna un richiamo alle origini, alla città, alla cultura napoletana notoriamente ricca di componenti diverse e assai stratificata.

L’attività di drammaturgo e di scrittore di Moscato inizia nel 1980 e procede ininterrottamente fino a oggi arricchendosi di testi di vario genere, dal teatro alla narrativa, dall’autobiografia (Gli anni piccoli 2011) alla musica (Embargos 1994, Cantà 1999, Hotel de l’Univers 2003, Toledo Suite 2011).

Una scrittura assolutamente atipica

Certamente la formazione di Moscato (laurea in Filosofia, studi di semiotica, approfondita conoscenza della letteratura italiana e straniera) ha contribuito alla sua personalità ricca e complessa e di fatto al suo modo di scrivere molto originale, unico. I suoi modelli sono Shakespeare, Genet, Artaud, Lacan, Pasolini, Copi, Rimbaud. La scrittura di Moscato è assolutamente atipica e differente rispetto a quella dei drammaturghi a lui più affini come Annibale Ruccello, soprattutto, ma anche Leo de Berardinis e Antonio Neiwiller e si discosta anche da quella dei grandi predecessori; è certamente più vicina a quella di Raffaele Viviani, un po’ meno rispetto a quella di Salvatore Di Giacomo e soprattutto di Eduardo. A loro tuttavia dedica tre testi: a Viviani Arena Olimpia (2000), a Di Giacomo Passioni-voci (2005), a Eduardo Tà-kài-tà (2012).

Napoli, radix-matrix

D’altronde “la lingua napoletana” di Moscato assume delle caratteristiche assolutamente proprie perché è musicale, fonica, sonora, corale, plurale: «La mia lingua teatrale – in verità un misto multi sonoro e ritmico di napoletano a altri idiomi (italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, greco, latino, saraceno…) – un po’ è inventata, artificiale, costruita “sub vitro” come in un’officina alchemica, privata e segretissima, un po’ è il ricalco esagerato, iperbolico, ridondante del caos multietnico-poliglottico che ci gira, ai tempi nostri, attorno. Soprattutto a Napoli, radix-matrix da sempre, di strazi-sublimità vocali, d’armonie-cacofonie di echi urbani, decibel, rumori, urla. All’incrocio, dunque, di queste due istanze: rispecchiamento di realtà e superamento della stessa nella pratica fantastica dei suoni, si situa ciò che io parlo a teatro. Che è ovviamente in linea con la tradizione idiomatica dei Padri e in rotta con loro» (Enzo Moscato – Il pensiero teatrante).

La lingua alta della filosofia e la lingua dei basoli

È la lingua teatrale, certamente, l’elemento costitutivo dei testi di Moscato, quel grande complesso pastiche linguistico, che include sia la lingua alta, letteraria, filosofica, sia la lingua ventrica, dei bassifondi, dei basoli di Napoli, della carne della città, della sua città, che il drammaturgo non tralascia mai di descrivere. Su questo versante per prima Fabrizia Ramondino, nella splendida prefazione alla raccolta intitolata L’Angelico Bestiario, ha messo in evidenza quanto la lingua napoletana di Moscato nell’età dei media, pur adottando la lezione dei moderni, si sia salvata da ogni passatismo vernacolare e da ogni tendenza sentimentale e populista: l’uso di una lingua napoletana, originale e ineguagliabile e delle sue commistioni con l’italiano; la deformazione di parole italiane, i prestiti linguistici dai linguaggi più tecnici e le invenzioni linguistiche insieme alle storpiature e ai neologismi.

Poesia primo amore

Nei Racconti (Occhi gettati e altri racconti, 2003) invece  la lingua si fa più cauta – per così dire – segue uno stile più discorsivo, omogeneo, meno incline ai contrasti, alle iperboli, ma soprattutto all’ossimoro. Infatti è l’ossimoro (sirena/puttana, antichità/modernità, eros/morte, povertà/ricchezza) la cifra stilistica del teatro di Moscato, la sua connotazione, come per esempio in Signurì, signurì dove, nel quadro “il mercato”, la parrucca, usata dalle donne per attrarre gli Americani durante l’occupazione, da oggetto osceno si trasforma in simbolo del sentimento, o piuttosto quando nello stesso testo, nel quadro dei “mendicanti”, l’autore contrappone alla morte, all’aberrazione il canto, la vita. La sua è la lingua della poesia piuttosto che della prosa: «Il mio primo amore è la poesia» ha scritto Moscato. Lo dimostra l’opera simbolo del suo linguaggio poetico che è Partitura (1988):

Napoli, sono io il tuo prezioso ago nel pagliaio,

sono io l’anonimo, il nascosto, l’introvabile.

Sono io questa carne, queste ossa, questi pensieri

da giocare al lotto, edificante meraviglia.

Di me si cerca, quando si cerca una tomba, nu fuosso,

da nessuna parte posti.

Sono io l’incerta “Graziella” suicida dalle rupi di Vivàra.

Io, lo schernito/disgustoso sembiante di diari d’amore

di Ràiner,

quell’amico, il mio infermiere, il mio aguzzino.

dove accanto al valore lirico del testo si evidenzia un’attenzione indiscutibile agli aspetti retorici della lingua attraverso l’uso dell’anafora, della metafora e dell’iterazione. Moscato adotta nei suoi testi, inoltre, un “sistema grafico” assolutamente originale, in cui compaiono segni, simboli e numeri (m-e-r-e-t-r-i-x, K92Rt). La poesia è per Moscato la non-prosa; giacché «la poesia – scrive l’autore – è una ricerca incessante, una processualità, un pellegrinaggio, un esilio “sine die”, un andare e ritornare, senza posa e senza senso, su se stessa, all’infinito come il mare e le sue onde, piuttosto che un approdo, una meta, un appiglio precisi» (Lezza 2015, p. 10).

Stile “oscillatorio e sussultorio”

L’immagine del mare e dell’approdo ricorrente negli scritti teorici di Moscato spiega bene la peculiarità della sua lingua teatrale, il suo cantare che è camminare nell’immobilità, dilatarsi, dilagare, sentirsi liberi da ogni vincolo. Da questa dimensione assolutamente dinamica scaturisce quello stile “oscillatorio e sussultorio” che sottende alla sua scrittura, che se da una parte tende al “denudamento”, parola chiave in Moscato, dall’altra è incline a un certo barocchismo come in Cartesiana (1986) o in Lingua, Carne, Soffio (1999). La sua è una lingua di citazioni con numerosi riferimenti tra gli altri a Basile, Petito, Viviani, Patroni-Griffi, Striano, Dante e Leopardi, ma anche di re-citazione, perché la sua lingua teatrale si fonda su di una costante rivisitazione e rielaborazione in quanto si avvale dell’interpretazione, non a caso Moscato è anche un attore. Ritornano nei suoi testi spesso parole, espressioni precedenti, «porzioni di scrittura già vissuta» (Moscato 2015, p.262), espressioni gergali (lenticchie e vrucculille c'a pasta), neologismi (reingoliamento), arcaismi (crastule) e frasi di marcato stile aforistico (Se rispettano i templi e gli dei dei vinti, i vincitori si salveranno).

Alcuni titoli (Festa al celeste e nubile santuario 1983, Pièce noir 1983, Orfani veleni 1990, Mal-d’-Hamlé 1994, Tà-kài-Tà 2012) come i nomi di alcuni personaggi (Grand Hotel, Bolero-Film, Blanche, Chantal, Luparella) confermano il valore della “inventio linguae” di Moscato.

Riferimenti bibliografici

Angelini, Franca (2003), Rasoi. Teatri napoletani del ’900, Roma, Bulzoni Editore, pp. 137-158.

Fiore, Enrico (2002), Il rito, l’esilio, la peste. Percorsi nel nuovo teatro napoletano. Manlio Santanelli, Annibale Ruccello, Enzo Moscato, Milano, Ubulibri.

Lezza, Antonia (2015), La letteratura teatrale italiana. Storia e ipotesi di lavoro in Antologia teatrale a cura di Antonia Lezza, Annunziata Acanfora, Carmen Lucia, Napoli, Liguori Editore, pp. 3-26.

Lezza, Antonia (2016), Dal romanzo al teatro. Una singolare riscrittura: La pelle di Malaparte e Signurì, signurì… di Moscato in La scatola a sorpresa. Studi e poesie per Maria Antonietta Grignani a cura di Giada Mattarucco, Margherita Quaglino, Carla Riccardi, Silvana Tamiozzo Goldman, Firenze, Franco Cesati editore, pp. 191-201.

Moscato, Enzo (1991), L_’_angelico bestiario, introduzione di Fabrizia Ramondino, Milano, Ubulibri.

Moscato, Enzo (1999), Quadrilogia di Santarcangelo, introduzione di Enrico Fiore, Milano, Ubulibri.

Moscato, Enzo (2007), Orfani veleni, introduzione di Enzo Moscato, Milano, Ubulibri, 2007.

Moscato, Enzo (2015), Nostos. La Nostalgia del Ritorno nel teatro/Scrittura in Antologia teatrale a cura di Antonia Lezza, Annunziata Acanfora, Carmen Lucia, Napoli, Liguori Editore pp. 259-263.

Stancati, Mario Lino (2008), Enzo Moscato. Il teatro del Profondo, Cosenza, Pellegrini Editore.

*Antonia Lezza è professore associato di Letteratura italiana e Letteratura teatrale italiana all'Università degli Studi di Salerno. Ha curato con Pasquale Scialò la prima edizione critica del Teatro di Viviani in sei volumi, edito dalla Guida editori di Napoli; la monografia Viviani, l'autore, l'interprete e il cantastorie urbano (Napoli, Colonnese, 2000) e gli Atti della Giornata di Studio Raffaele Viviani. Teatro, poesia e musica (Napoli, CUEN, 2003). Ha curato l'edizione critica delle Poesie di Viviani (Napoli, Guida, 2010). Nel corso degli anni si è dedicata agli studi di letteratura teatrale, producendo una serie di saggi su Casanova, Goldoni, Cottrau, Collodi, Di Giacomo, Bracco, Totò, Eduardo e Peppino De Filippo, Pirrotta, Santanelli, Moscato, Cappuccio. Ha redatto per l'Enciclopedia of Italian Literary Studies diverse voci afferenti al teatro meridionale. Ha ideato e cura il sito Teatro Napoletano (www.teatro.unisa.it_)._ È membro del comitato scientifico delle riviste «Misure Critiche» e «Forum Italicum». Collabora al progetto di ricerca AMAtI (Archivio Multimediale degli Attori Italiani). Fa parte della Commissione del Teatro di Ateneo dell'Università degli Studi di Salerno.

Immagine: By Augusto De Luca [CC BY-SA 2.0  (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], via Wikimedia Commons