di Maurizio Ridolfi*
La storia dei colori ci racconta l’evoluzione delle mentalità sociali e culturali. Se i colori sono dei formidabili rivelatori dell’evoluzione della nostra mentalità, ben presto la politica se ne impadronì. Quello dei colori si rivela un “cantiere” suggestivo e affascinante per la storia della politica. Se ne riscontrano accenni nei lavori dapprima sulle diverse tradizioni e più recentemente sulle religioni politiche, con riguardo soprattutto agli aspetti simbolici (gli inni, le bandiere) e rituali (le feste e le celebrazioni). Occorre però tenere insieme universi sociali e linguaggi politici, pratiche reali e rappresentazioni simbolico-rituali.
Una dimensione simbolica
La lettura sul lungo periodo, passando attraverso le diverse fasi della storia nazionale, permette di evidenziare la dimensione simbolica dei processi di identificazione e di conflittualità politica nella società di massa; non senza far emergere la rilevanza di una dimensione locale e territoriale della politica. L’incontro tra la storia socio-culturale della politica e le scienze sociali aiuta inoltre ad allargare l’orizzonte dei percorsi di ricerca. Vanno censite le informazioni e mettendole in correlazione con i terreni che la storia sociale e culturale della politica inevitabilmente interseca; a partire dal nesso tra propaganda politica e pubblicità commerciale, risalendo alle origini tardo ottocentesche della politica di massa e alle sue forme spettacolari. Attraverso i tre regimi dell’Italia del Novecento (liberale, fascista, repubblicano), il secolo dell’immagine e della comunicazione di massa, i colori hanno evidenziato ancor meglio i simboli attraverso i quali rappresentare i fenomeni sociali e culturali. Nel mondo della politica i movimenti e i partiti si contesero la scena attraverso un mutevole linguaggio dei colori, giungendo spesso ad appropriarsi dei simboli cromatici degli avversari per screditarne il significato o mutarne il segno. Quel linguaggio sarebbe divenuto parte essenziale di ogni azione mirata ad influenzare l’opinione pubblica e a costruire quote di consenso (anche elettorale).
Il conflitto sociale e politico
Così come si è fatto altrove, soprattutto in Francia, sussistono fecondi percorsi di ricerca sui codici che riguardano l’uso e la percezione dei colori nelle relazioni umane di natura politica. Occorre dapprima interrogarsi sull’uso dei colori nel lessico politico. Ecco allora l’opportunità di indagini sulle coppie di colori – rosso e nero, bianco e nero, ma anche rosso e azzurro, ecc. – e sulle differenze di genere attraverso le quali leggere e interpretare il conflitto sociale e politico nelle diverse fasi della storia italiana recente: tra rivoluzionari e contro-rivoluzionari, clericali e anticlericali, fautori della Monarchia o della Repubblica, fascisti e antifascisti, destra e sinistra, ecc.
Una questione d’identità
Allo stesso tempo, insieme agli usi linguistici occorre studiare i comportamenti politici legati all’esibizione dei colori, sia nelle pratiche sociali collettive (manifestazioni, feste, rituali) e individuali (l’abbigliamento, i segni distintivi) sia nelle rappresentazioni delle identità attraverso precisi simboli (coccarde, fiori, ecc.). Usi linguistici e comportamenti politici dovrebbero insomma permettere di comprendere l’origine e i mutamenti di movimenti e partiti politici, di cui un colore poteva rappresentare meglio di altro l’identità.
Nel movimento operaio e popolare
L’attenzione al tema dei colori è stata presente, prima che per altri terreni di indagine, negli studi sulle tradizioni sociali e politiche del movimento operaio e popolare. Coniugando lo studio delle classi popolari con quello sulla formazione delle identità di massa nei principali paesi europei, si è vista la stretta correlazione esistente tra i colori della nazione e i colori delle diverse culture politiche; un rapporto con i colori della patria risultava sempre intrinseco alle scelte cromatiche dell’una e dell’altra corrente politica. Le indicazioni di ricerca provenienti dagli anni di guerra e del primo dopoguerra riguardano inoltre un tema rivelatosi ricorrente nella storia politica del Novecento: lo scivolamento di un colore da un campo politico ad un altro, in relazione anche ai tre colori della nazione.
Adeguamenti cromatici
Attenta ai mutamenti e alle trasformazioni nel tempo e nei diversi spazi territoriali, una storia delle passioni politiche nell’Italia contemporanea potrà dar conto di usi e rappresentazioni, di valori culturali e identità sociali, tutt’altro che immobili e spesso anche sorprendenti, dati i frequenti casi di adeguamenti cromatici osservabili nella storia delle diverse tradizioni politiche (liberale, democratico-repubblicana, socialista-comunista, nazional-fascista, cattolica in senso lato).
“Rossi”, “neri”, “azzurri” e “viola”
Sottolineando l’opportunità di una lettura storica che leghi le identità ricondotte ai colori a forme di sociabilità territoriali, occorre interrogarsi sul rapporto tra identità di gruppo, tradizioni ed eventi periodizzanti nei caratteri genetici dell’Italia postunitaria. Si tratta di rappresentazioni più collettive che individuali, attraverso la manifestazione di un senso di appartenenza politica che interseca le tradizioni, consuetudini e mentalità. Nello spazio rurale ancor prima e più che in quello urbano, i distinti universi politico-culturali materializzarono aperti conflitti simbolici: in primo luogo i «rossi» (repubblicani e radicali ma anche internazionalisti e socialisti) e i «neri» (i cattolici intransigenti e «temporalisti», poi fascisti), quindi gli «azzurri» (monarchici e nazionalisti)׃ per non dire delle contaminazioni cromatiche (nel caso degli anarchici per esempio) e di altre combinazioni tutt’altro che episodiche (tra rosso e bianco, per esempio) nel secolo e mezzo di Italia unita. La riflessione incrocia la cronaca e l’attualità delle soglie del secolo XXI, quando lo spazio politico risulta profondamente cambiato rispetto al passato. Anche la “nuova” politica degli ultimi anni – i movimenti prima “arcobaleno” e quindi “viola” o infine “arancione” – non sembra poter fare a meno di seppur ridefiniti cromatismi, simboli e segni colorati.
Per saperne di più
Maurice Agulhon, Les couleurs dans l’histoire française, in Ead., Historie vagabonde. III. La politique en France, d’hier à aujourd’hui, Paris, Editions Gallimard, 1996, pp.170-188.
M. Pastoureau (con Dominique Simonnet), Il piccolo libro dei colori, Firenze, Ponte alle Grazie, 2006.
I colori della politica. Passioni, emozioni e rappresentazioni della politica nell’età contemporanea, a cura di S. Pivato e M. Ridolfi, Repubblica di San Marino, Quaderni del Centro Sammarinese di Studi Storici, 2008.
Gli italiani e il tricolore. Patriottismo, identità nazionale e fratture sociali lungo due secoli di storia, a cura di F. Tarozzi e G. Vecchio, Bologna, il Mulino, 1999.
A. Di Caro, I colori della politica. Un viaggio inconsueto nelle scienze sociali, Urbino, Edizioni Goliardiche, 2002.
I. Diamanti, Bianco, rosso, verde… e azzurro. Mappe e colori dell’Italia politica, Bologna, il Mulino, 2003.
*Maurizio Ridolfi è professore ordinario di Storia contemporanea e preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università della Tuscia (Viterbo). A Viterbo presiede il Centro Studi per la Storia dell’Europa Mediterranea (www.cssem.org). Dal 1993 coordina (con Fulvio Conti) la direzione scientifica di «Memoria e Ricerca», rivista quadrimestrale di storia contemporanea. Dal 2008 dirige «L’Officina della Storia», rivista online di storia del tempo presente. È stato visiting professor presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales e l’Institut d’Études Politiques di Parigi. È membro del comitato dei consulenti di riviste storiche in Francia, Spagna e Portogallo. Pubblicazioni recenti: Storia dei partiti politici. L’Italia dal Risorgimento alla Repubblica, Milano, Bruno Mondadori, 2008; Storia politica dell’Italia repubblicana_, Milano Bruno Mondadori, 2010; (con M. Tesoro),_ Monarchia e repubblica nella storia dell’Italia unita, Milano Bruno Mondadori , 2011.