di Tullio Telmon*

Che cosa è un atlante linguistico

È una raccolta di carte, ciascuna delle quali dispone, su di un fondo geografico di un territorio prefissato, le denominazioni dialettali dell’oggetto o del concetto che dà il titolo alla carta stessa. Per fare un es., la carta 250 “la carrucola” dell’AIS (Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz), pubblicato tra il 1928 e il 1940 dagli svizzeri Jaberg e Jud, mostra le denominazioni di quella macchina semplice chiamata in italiano carrucola (e kharrúhola a Firenze) nei dialetti di oltre 400 località dell’intera Italia e della Svizzera meridionale; scorrendo rapidamente le diverse regioni, si passerà dalla taiòla del Piemonte (ma, significativamente, karúkola a Torino) alla rudèla della Lombardia occidentale e alla sirèla di quella orientale, di larga parte del Veneto e di Bologna (ma karükola a Milano e karúkoia a Venezia), alla girèlla di Roma, alle terròtsuë di Bari, ritòccëla di Napoli, grúa di Palermo, dhagliòla di Cagliari. Il fatto di distendere tutti questi dati sul fondo geografico consente di rendersi conto sinotticamente delle convergenze (come quella tra Firenze e le principali città del Nord o come quella tra Cagliari e il Piemonte) e di tentarne delle spiegazioni in termini di centri di innovazione, di correnti di diffusione, di sacche di conservazione, e così via.

Dall’Atlas linguistique de la France agli atlanti regionali francesi

Il primo atlante linguistico elaborato sulla base di materiali attinti dalla viva voce dei parlanti mediante apposite inchieste fu l’ALF – Atlas Linguistique del la France, realizzato da J. Gilliéron tra il 1902 e il 1910. Dal suo esempio sono partiti tutti gli atlanti nazionali successivi. Fin dalla fine degli anni ’40 del Novecento, tuttavia, ci fu chi incominciò a postulare la necessità di infittire le reti dei punti indagati, e di passare perciò da atlanti “nazionali” ad atlanti regionali. Merito di Albert Dauzat fu quello di organizzare in Francia un programma completo di regionalizzazione. L’intero territorio fu diviso in 21 atlanti regionali e l’incarico di realizzarli fu affidato a linguisti distribuiti nelle diverse università francesi. Tra il secondo dopoguerra e la fine del secolo, quasi tutte le regioni furono coperte dai nuovi atlanti: incominciò P. Gardette con l’Atlas Linguistique du Lyonnais (1950); nel 1998 vide la luce il secondo e ultimo volume dell’Atlas linguistique et ethnographique de l'île de France et de l'Orléanais, di Marie-Rose Simoni.

APV – Atlas des patois valdôtains e ALEPO – Atlante linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale

Nel quadro degli atlanti regionali francesi, nel 1971 e nel 1975 videro la luce i primi volumi di due atlanti particolarmente importanti per la dialettologia italiana, perché i loro territori si trovano a confinare direttamente con le regioni italiane del Nord-Ovest, il Piemonte e la Valle d’Aosta. Si tratta dell’ALJA – Atlas Linguistique et ethnographique du Jura et des Alpes du Nord, di J.B. Martin e G. Tuaillon e dell’ALP – Atlas linguistique et etnographique de la Provence di C. Martel e J.C. Bouvier_._ L’interesse è accresciuto dal fatto che il confine politico non corrisponde affatto al confine linguistico: le parlate rilevate dall’ALJA, difatti, trovano una loro perfetta continuazione in quelle della Valle d’Aosta e della parte più settentrionale (dalla Val Soana alla Val Sangone) del Piemonte occidentale, mentre la matrice linguistica di quelle documentate dall’ALP tracima ad Est della catena alpina verso i patois dall’Alta Valle di Susa fino alla Val Vermenagna. I dialetti di queste ultime vallate appartengono, proprio come quelli delle parlate descritte dall’ALP, al sottogruppo provenzale del dominio occitanico, mentre le parlate delle prime sono francoprovenzali, proprio come quelle della Savoia (documentate dall’ALJA) o della Svizzera romanda. Purtroppo, però, sia l’ALJA sia l’ALP rinunciarono a svolgere inchieste anche in territorio politicamente italiano: la guerra non era ancora molto distante e i dialettologi francesi furono frenati dal timore di incorrere in incidenti diplomatici. Fu così che, fin dalle “Journées d’études francoprovençales” del 22 e 23 aprile 1972, gli studiosi di dialettologia galloromanza francesi, svizzeri e italiani incominciarono a interrogarsi sui modi per colmare la grave lacuna lasciata dagli atlanti regionali francesi. Fu dapprima progettato un unico atlante, che coprisse l’intero territorio di entrambe le regioni (Valle d’Aosta e Piemonte) e di entrambe le famiglie linguistiche (francoprovenzale e occitana: cfr. Telmon 1975). Vi si opposero però ragioni organizzative, amministrative e, in definitiva, sociolinguistiche, essendo diverse non soltanto le condizioni di vitalità (le parlate francoprovenzali della Valle d’Aosta sono infatti molto più salde di quelle del Piemonte, dove, non altrimenti che nel settore meridionale e occitanico, la trasmissione intergenerazionale si è interrotta da tempo), ma anche la collocazione delle parlate popolari nel repertorio linguistico, che in Valle d’Aosta comprende il francese come lingua ufficiale. Si organizzarono perciò due diversi cantieri di ricerca, sia pure con forti embricature e con comitati scientifici parzialmente comuni: in Valle d’Aosta partirono ben presto le inchieste per l’APV – Atlas des Patois Valdôtains, mentre in Piemonte occorse ancora qualche tempo per trovare le coperture finanziarie necessarie per lanciare le inchieste e per organizzare una redazione. Fu l’Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte, nelle persone dell’assessore Fausto Fiorini e di un giovane ed entusiasta funzionario, Daniele Jalla, che con generosa lungimiranza accolse il progetto, collocandolo in un più ampio disegno,denominato Alpi e Cultura. Il programma di ricerca (cfr. Telmon 1980) prendeva ufficialmente il via il 25 ottobre 1981 con un Convegno dal titolo “Prospettive di ricerca sulle parlate alpine”, alla presenza di oltre duecento studiosi, amministratori, operatori scolastici (cfr. Telmon 1981 a, b).

Caratteristiche salienti dell’ALEPO

Sotto la direzione di Sabina Canobbio e di Tullio Telmon, le 42 località prescelte furono indagate da oltre 20 raccoglitori locali (quasi tutti laureati in dialettologia presso l’Università di Torino), formati mediante due appositi corsi per uniformare i metodi di escussione e di trascrizione. Gli informatori sono oltre 150. Il metodo di indagine scelto è stato quello della conversazione guidata, realizzata seguendo la traccia di un questionario a griglia, ricco di circa 6000 entrate concettuali delle quali si voleva ottenere l’equivalente dialettale. Le inchieste sono state registrate su supporto magnetico ed ora digitalizzate. La loro durata media è di circa 15 ore: il patrimonio orale consiste perciò in circa 700 ore di registrazione e consiste in larga parte in etnotesti di durata variabile. Accanto ai nastri registrati e ai questionari contenenti le trascrizioni fonetiche, i raccoglitori consegnavano alla redazione anche le fotografie (attrezzi agricoli, caratteristiche architettoniche, paesaggi, figure…) realizzate a partire da un elenco di minima prefissato ed inserite in schede etnofotografiche. La trascrizione fonetica originale, realizzata con il sistema detto “ALF-Rousselot” per garantire la comparabilità con gli atlanti francesi, è stata poi traslitterata, mediante un apposito programma informatico, nell’ormai più comune e universale sistema “IPA (International Phonetic Association”.

Ciò che è fatto e ciò che è da fare

La ricerca dell’ALEPO è incominciata in epoca pre-informatica e ha dovuto adeguarsi, con una certa fatica, al mutamento tecnologico avvenuto sul finire del secolo scorso. Non soltanto ha modificato, traslitterandolo, il proprio sistema di notazione fonetica, ma ha anche dovuto passare alla digitalizzazione dei propri materiali, dei dati linguistici e del sistema di archiviazione. Sino ad oggi dalla officina redazionale sono usciti un volume introduttivo, contenente le informazioni metodologiche e i protocolli di inchiesta, i tre tomi (funghi e licheni, alberi e arbusti, erbe) del primo volume dedicato al mondo vegetale, un volume di indici di tale volume, ed il secondo volume, dedicato alla fauna e alla caccia.

Da fare, tutto il resto: il tempo (atmosferico, cronologico), il rilievo, la casa, la società, i lavori agricoli, l’allevamento, l’artigianato… C’è lavoro per un’altra generazione di dialettologi, se l’Assessorato regionale continuerà a collaborare.

Bibliografia

ALEPO

S. Canobbio, T. Telmon (acd), Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale-ALEPO. Presentazione e guida alla lettura. Prefazione di Corrado Grassi, Priuli & Verlucca Editori , Pavone Canavese, 2003.

Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale-ALEPO , I-III Il mondo vegetale. Funghi e licheni, Priuli & Verlucca Editori, Pavone Canavese, 2004.

Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale-ALEPO , I-I Il mondo vegetale. Alberi e arbusti, Priuli & Verlucca Editori, Pavone Canavese, 2005.

Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale-ALEPO , I-II Il mondo vegetale. Erbacee, Priuli & Verlucca Editori, Scarmagno, 2007.

Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale-ALEPO , I Il mondo vegetale. Indice dei tipi lessicali e altre modalità di consultazione, Priuli & Verlucca Editori, Scarmagno, 2008.

Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale-ALEPO , II Il mondo animale, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2013.

T. Telmon (1975). L'Atlante linguistico del francoprovenzale cisalpino: progetto e situazione attuale. In: AA.VV_., La Ricerca dialettale_. vol. 1, pp. 97-102, Pisa, Pacini.

T. Telmon (1980). Per un atlante delle parlate galloromanze in territorio piemontese, in «Bollettino dell'Atlante Linguistico Italiano», III, 3-4, pp. 58-71.

T. Telmon (1981a), Una ricerca dialettologica: l'ALEPO (Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale), in «Fonti orali-Studi e ricerche», vol. 1, p. 5-9. Ora in Telmon (2014), pp. 230-236, sotto il titolo “Geografia linguistica regionale”.

T. Telmon (1981b), Prospettive di ricerca sulle parlate alpine, in «Fonti orali-Studi e ricerche», vol. 2-3, p. 34-35. Ora in Telmon (2014), pp. 6-7.

T. Telmon (2014), Cianciafruscole. Mezzo secolo di scritti minimi, Edizioni dell’Orso, Alessandria.

*Formatosi all’Università di Torino sotto la guida di Corrado Grassi, Tullio Telmon ha insegnato dapprima presso l’Università di Amsterdam e quindi, come Professore Associato, a Chieti, per rientrare a Torino nel 1994 come Ordinario di Dialettologia. I suoi interessi scientifici spaziano dalla Dialettologia tradizionale (è coautore, con C. Grassi e A. Sobrero, di un paio di fortunati manuali laterziani di dialettologia) alla Geografia linguistica (è l’ideatore dell’ALEPO – Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale, che ora dirige con S. Canobbio), dalla sociolinguistica all’etnolinguistica, dalle varietà dell’italiano alla comunicazione gestuale, fino alla Dialettologia percezionale. È membro di numerose società scientifiche ed è stato Presidente della Società di Linguistica Italiana dal 2007 al 2011; nel 2007 gli è stato conferito il Premio Costantino Nigra per la carriera.