«Come cambia la lingua, e in particolare la lingua italiana, nel suo incontro con il digitale e con la rete?», si chiede Gino Roncaglia nel suo intervento, che fa da cornice storico-culturale ai contributi dei linguisti Mirko Tavosanis, Massimo Prada e Stefania Spina, dedicati all'identità della lingua italiana nell'era e-(lettronica), o “e-taliano”, secondo la definizione che Giuseppe Antonelli ha rilanciato nel suo recente saggio di taglio divulgativo “Un italiano vero”. Tavosanis si occupa delle origini, così vicine ma già percepite come remote dagli esseri umani tecnologicamente modificati: videoscrittura e passaggio al digitale (decennio 1985-1995); Prada focalizza l'attenzione sulla posta elettronica e gli SMS (1995-2005); Spina traccia il profilo dell'era dei social network (2005-2015). Brevità, velocità, simultaneità, dialogicità, ma anche frammentarietà e granularità: quanto della logica interna dei mezzi e dei canali incide sulle caratteristiche dell'e-taliano da trent'anni in qua? Quali potenzialità sviluppa chi si immerge in questa inedita, massiccia, stimolante ondata di ritorno alla scrittura? Esaminati gli aspetti positivi, più che preoccuparsi del presunto abuso di anglicismi o delle sciatterie ortografiche nei cosiddetti social, bisognerebbe interrogarsi sui rischi di indebolimento della complessità testuale e della capacità argomentativa. Senza sottovalutare che, per la prima volta – passando da Facebook a Snapchat –, il testo viene relegato in un ruolo subalterno rispetto ai codici visivi.
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