di Gianluca Giansante*

Oggi l’Udc di Casini rappresenta, con la candidatura di Mario Monti, uno dei soggetti potenzialmente più influenti nel panorama politico nazionale. È un’ascesa che comincia da lontano: l’Udc di Casini è il solo partito che – in un sistema bipolare – sia riuscito a sopravvivere al di fuori delle due coalizioni principali. È un caso unico e interessante, al cui risultato contribuisce in misura determinante il suo leader.

Di certo non si tratta dell’unico elemento, ad esempio non si può dimenticare l’importanza del livello locale nella costruzione dei risultati elettorali dell’Unione di centro. Tuttavia questo elemento non deve perdere di vista il nostro focus sulla comunicazione che – nell’analisi delle performance di Casini – ci fornisce alcuni spunti di riflessione cui guardare con attenzione.

Dentro la “tonnara”

Il primo elemento che colpisce l’osservatore è la singolare capacità del leader Udc di utilizzare il mezzo televisivo. Casini vanta una lunga consuetudine con le telecamere e allo stesso tempo dimostra di saper sfruttare con efficacia le potenzialità del mezzo televisivo.

Utilizza con attenzione gli spazi che i tg – specie quelli Rai – gli offrono. Dimostra di conoscerne il linguaggio: rilascia quasi sempre interviste “individuali” che gli permettono di mantenere il controllo di quanto viene trasmesso.

Non lascia che i giornalisti selezionino a piacimento un passaggio fra i tanti da uno dei suoi discorsi pubblici. Non permette loro di scegliere arbitrariamente una fra le tante risposte rilasciate durante una “tonnara”, termine del gergo giornalistico che indica le dichiarazioni rilasciate al capannello di cronisti in assedio con microfoni e telecamere. In quel modo lascerebbe al giornalista un margine di scelta e di arbitrarietà amplissimo.

L'alfabeto non verbale

Casini – a differenza di altri politici meno accorti nel rapporto con la televisione – rilascia invece interviste esclusive, fornendo risposte brevi e concluse in modo che sarà più difficile per il giornalista “tagliare” le sue parole e confezionare il servizio in maniera diversa dalle proprie intenzioni.

Dimostra inoltre di conoscere l’alfabeto non verbale della tv: guarda dritto in camera e sorride. Il sorriso – infatti - è una delle pietre miliari del linguaggio televisivo: comunica ottimismo, positività, consapevolezza dei propri mezzi e ispira fiducia in chi guarda.

Cinquant'anni fa, Kennedy e Nixon

A chi ancora dovesse credere che tali elementi non hanno influenza in politica, giova ricordare un episodio diventato ormai un classico della comunicazione elettorale accaduto oltre cinquanta anni fa.

Nel primo dibattito televisivo della storia, quello per le presidenziali statunitensi fra Kennedy e Nixon, il candidato democratico si mostrava curato, sorridente, sicuro di sé, mentre Nixon appariva teso, vestito goffamente e mal rasato. Le ricerche dimostrarono che chi aveva visto il dibattito in tv aveva apprezzato di più Kennedy, mentre a chi lo aveva ascoltato alla radio il vincitore era sembrato il candidato repubblicano. In altre parole: sebbene il contenuto verbale dell’intervento di Nixon apparisse migliore, la sua presentazione sciatta in tv aveva influito negativamente sul giudizio degli elettori.

Semplice, colloquiale, visivo

Casini mostra inoltre una spiccata attitudine per la formazione di etichette linguistiche brevi e incisive. È lui, infatti, ad aver coniato, nella campagna elettorale 2008, l’espressione Veltrusconi, con cui – nel corso della sua prima campagna “in solitaria” – intese esprimere la somiglianza fra i due candidati e allo stesso tempo proporre la propria immagine all’insegna della diversità rispetto ai due schieramenti principali.

È forse la sua “invenzione” più nota ma non è l’unica: Casini condisce spesso i propri interventi con etichette altrettanto sintetiche ed efficaci.

Il suo lessico è semplice e colloquiale, ricco di espressioni quotidiane e di esempi, di metafore e di termini visivi, anche quando parla di temi tecnici e complessi. Così risponde a una domanda sulla posizione del partito rispetto all’offerta di Berlusconi di formare un tavolo di dialogo, avanzata in seguito al voto di fiducia del 14 dicembre 2010:

secondo me c'è un tavolo principale che è il Parlamento, non si deve aver paura di trovare accordo in parlamento, alla luce del sole, davanti a tutti gli italiani senza trame oblique o sotterranee che non servono, noi siamo alla luce del sole, un'opposizione responsabile, vogliamo rimanere nella posizione limpida, lineare, non cerchiamo posti, non cerchiamo poltrone, non le vogliamo, non ci interessa aggiungere un posto a tavola, non servirebbe all'Italia [corsivo nostro].

In questa dichiarazione usa la dicotomia luce/sole per accreditare la propria posizione come quella giusta e scartare ogni altra soluzione. Fornisce così una chiara ancora per la comprensione di un tema che è ostico per i non addetti ai lavori e che si presta ad interpretazioni discordanti e contrapposte.

Nei suoi interventi Casini mostra di possedere, inoltre, una certa attenzione per la lingua, un gusto che si manifesta – per fare solo un esempio - quando si riferisce alle difficoltà economiche parlando delle «famiglie che non riescono a pagare le rate del mutuo» evitando così di ripetere l’espressione famiglie che non arrivano a fine mese, un cliché linguistico sciatto e ormai privo di significato, che pure spesso risuona negli studi televisivi.

Districarsi nelle insidie mediatiche

Il leader dell’Udc dimostra anche di sapersi districare rispetto alle insidie mediatiche. Ne dà prova in un intervento come ospite del Tg1 rispondendo alla domanda di un giornalista, che lo sollecitava sui possibili contrasti con Fini rispetto ai temi etici. Si tratta di un argomento che rappresenta un classico esempio di wedge issue ovvero di un tema per sua natura “divisivo”, sul quale i partiti che hanno una posizione unitaria attaccano quelli che hanno anime diverse al loro interno.

Casini dimostra tuttavia di conoscere il potenziale di rischio della domanda e risponde con sicurezza, non concentrandosi sui punti di disaccordo, ma su quelli sui quali c’è sintonia con il leader di Fli, in questo caso l’identità cristiana dell’Europa. Mettere l’accento sulla contrapposizione fra le proprie posizioni e quelle “laiche” avrebbe potuto minare agli occhi degli ascoltatori la credibilità della neonata alleanza con Fini.

Via dalla meta-politica

Un ultimo aspetto da sottolineare è l’attitudine di Casini a riportare il proprio discorso sulle ricadute concrete della politica: anche quando viene sollecitato su temi meta-politici spesso sposta il tema delle proprie risposte e motiva le proprie scelte facendo riferimento agli interessi dei cittadini.

Grazie a queste caratteristiche e a un attento investimento in pubblicità elettorale. Casini è riuscito ad accreditarsi come un soggetto credibile e a conquistare crescenti quote di consenso. Le congiunture politiche ora lo mettono al centro del sistema parlamentare e ne fanno un interlocutore privilegiato e ambito.

Tuttavia al di là di questa situazione congiunturale, Casini costituisce un esponente politico da tenere d’occhio: anche grazie alla sua capacità di utilizzare con efficacia la comunicazione per la costruzione del consenso, si conferma uno dei candidati più accreditati a ricoprire nel futuro prossimo ruoli di massimo rilievo politico e istituzionale.

*Gianluca Giansante è r__icercatore, formatore e consulente di comunicazione. È autore di Le parole sono importanti. I politici italiani alla prova della comunicazione (Carocci 2011). Ha svolto attività di ricerca nell’ambito del dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma e dell’Istituto della Enciclopedia Italiana “Treccani”. È dottore di ricerca in Linguaggi politici e comunicazione.