di Michele A. Cortelazzo*

«La generazione venti parole». Così ha titolato, il 12 gennaio 2010, «Repubblica» un articolo dedicato, come spiega l’occhiello, al «vocabolario limitato usato dagli adolescenti che comunicano attraverso sms e twitter». Alla base c’è un articolo del «Sunday Times», che dà conto di una ricerca condotta da un linguista dell’Università di Lancaster, Tony McEmery, che, almeno secondo la ricostruzione giornalistica, ha analizzato il linguaggio dei ragazzi sul web, giungendo alla conclusione che i teenager quando parlano con i coetanei tramite Internet o il telefonino usano solo 800 vocaboli dei 40.000 che conoscono. Inoltre, le 20 parole più frequenti costituiscono circa un terzo di tutte le parole utilizzate dai teenager nelle loro comunicazioni.

«tvb», mio impoverito italiano…

«Applicando gli stessi criteri alle comunicazioni elettroniche tra ragazzi italiani» – aggiunge il giornalista di «Repubblica», Alessio Balbi – «emergerebbero verosimilmente gli ormai proverbiali “xke” al posto di “perché”, “tvb” per “ti voglio bene” o “cmq” invece di “comunque”. Ma anche nuove forme di saluto, come “bella”, rivisitazione del vecchio “ciao”. O slittamenti del significato, come nel caso di “pisciare”, ormai usato come sinonimo di “lasciare”, “abbandonare”. Oppure “accollarsi”, sostituto di “mettersi in mezzo”, “dare fastidio”. Termini che spesso nascono per esigenze di spazio, per rispettare gli angusti limiti degli sms o dei cinguettii su Twitter».

L’impressione di un impoverimento linguistico che colpisce l’italiano, soprattutto se usato nelle diverse forme di scrittura digitata, è piuttosto diffusa.

Il problema non è solo di lessico. Il professore pisano Mirko Tavoni, in un’intervista apparsa nella rivista on-line della sua università, pone in maniera chiara la questione: «a dispetto di un sistema linguistico ricco di forme grammaticali e strutture sintattiche, la tendenza attuale è quella di utilizzare un numero sempre più esiguo di queste strutture, ma con una frequenza sempre maggiore. In pratica utilizziamo un repertorio limitato, giocato su combinazioni pressoché identiche»; con l’importante precisazione: «si tratta, tuttavia, di un fatto fisiologico di tutte le lingue, indipendente dalla Rete anche se, occorre precisarlo, essa finisce col fare da volano a tutti questi fenomeni» (http://www.unipi.it/). Il concetto di «combinazioni identiche» trova un’eco nella maestra degli studi sulla lingua digitata, Elena Pistolesi (Il parlar spedito, Esedra, Padova 2004, p. 198), quando osserva la “canonicità” di certe espressioni per lo più di saluto: un giudizio che rinvia senz’altro all’ambito della stereotipia.

Insomma, mettendo assieme tutte queste osservazioni, emerge che la lingua usata negli sms, soprattutto se ad opera di adolescenti, è una lingua povera, ripetitiva, stereotipa.

Si tratta di affermazioni plausibili, ma che non possono basarsi (tranne che nello studio di Elena Pistolesi) sull’osservazione di corpora reali di dimensioni sufficientemente ampie.

A parte i convenevoli

Presto potremo disporre di un corpus italiano di sms paragonabile a quello esistente in altri paesi europei, nell’ambito del progetto internazionale sms4science (http://www.sms4science.org). Ma fin d’ora possiamo anticipare alcune osservazioni sul grado di ripetitività dei testi degli sms basandoci su corpora più ridotti.

Dall’esame di un corpus costituito da sms raccolti in quattro diversi gruppi amicali (di età adulta), emerge una differenziazione lessicale (rilevata dividendo il numero di parole diverse per il numero complessivo di parole che costituiscono il corpus). Si tenga conto che le parole che si ripetono almeno 2 volte sono meno del 40% delle parole complessive del corpus. Anche il calcolo degli hapax, che ammonta a circa il 63% delle parole diverse che costituiscono il vocabolario di questo corpus, ci conferma che si tratta di un insieme di testi che presentano una forte varietà lessicale. Insomma, l’idea corrente che abbiamo degli sms, come mezzo di comunicazione che ci induca a ripetere le stesse parole risulta ampiamente ridimensionata.

Di conseguenza, risultano relativamente poche le sequenze che si ripetono frequentemente nel corpus. Al di là di qualche formula affettiva (un bacio, un bacione, ti amo), dei convenevoli e degli auguri (ci vediamo, ci sentiamo, ti chiamo, fammi sapere, va bene, buona notte, buona giornata, buona pasqua, buon natale), degli indicatori di luogo o di tempo (a casa, ieri sera, 5 min, alle 9, in centro, più tardi, dove sei), di alcune sequenze costituite da pronome più verbo (ti ho, io sono, io sto, ci vediamo, ti amo, ti chiamo, mi dispiace), sono ben poche le formule che si ripetono identiche in più sms.

Cosa diranno i 30.000 di Padova

Risultati analoghi provengono dall’analisi di un corpus raccolto dagli studenti del corso di laurea in Comunicazione dell’Università di Padova. Si tratta di circa 30.000 sms, ricevuti dagli studenti, trascritti e riversati in un corpus unico. Di questi, ne ho esaminati circa 7.000, un terzo scritto da ragazzi tra i 14 e i 19 anni; un terzo scritto da giovani tra i 20 e i 25; un terzo scritto da adulti di 30 anni o più.

Viene confermata la varietà del lessico. Questa varietà si ripercuote in tutte le fasce d’età, anche se, in effetti, gli sms degli scriventi adolescenti appaiono più monotoni (a sorpresa, gli sms con il lessico più variato sono quelli degli scriventi giovani, i ventenni, non quelli degli adulti). Gli hapax presentano livelli molto simili a quello del corpus precedente: una media del 61,5%, che cresce con il crescere dell’età (adolescenti: 61,5%; giovani: 62,2%; adulti: 64,8%).

Dunque, possiamo dire che il lessico usato negli sms è più vario di quello che solitamente pensiamo; che con il crescere dell’età (o con il mutare della generazione?) il lessico, naturalmente, si arricchisce, ma secondo percorsi che non mostrano sempre una correlazione lineare tra l’aumento dell’età e l’aumento della ricchezza lessicale.

Neppure le forme di scrittura tipiche degli sms mostrano alte frequenze. Tra le forme più frequenti tra i ragazzini c’è sì lo smile, la faccina sorridente, ma non tutte quelle altre forme che si ritengono tipiche della scrittura degli sms, come xke ‘perché’, tvb ‘ti voglio bene’, cmq ‘comunque’. E, per smentire ancora le nostre certezze, tvb non è usato più frequentemente dai ragazzini, ma dagli adulti, evidentemente attardati su una forma che gli adolescenti, e anche i giovani, stanno espellendo dal proprio uso.

Non appena il gruppo di ricerca dell'Università di Padova, che costituisce il partner italiano del progetto sms4science, avrà raccolto il corpus bilanciato di 30.000 sms che si ripromette di raccogliere, potremo fare indagini più sistematiche e approfondite. Ma già da adesso ad essere stereotipe non sono tanto le forme usate nella scrittura digitata, ma le idee che spesso abbiamo sulle caratteristiche di questo tipo di scrittura.

*Michele A. Cortelazzo (Padova, 1952), allievo di Gianfranco Folena, è professore ordinario per il settore “Linguistica italiana” all’Università di Padova. Ha insegnato anche nelle università di Saarbrücken, Innsbruck, Venezia, Trieste, Ferrara. Il linguaggio amministrativo è stato, negli ultimi anni, uno dei temi della sua ricerca: con Federica Pellegrino ha scritto una Guida alla scrittura istituzionale (Laterza, Roma-Bari 2003) e con Chiara Di Benedetto e Matteo Viale ha coordinato la “traduzione in italiano” del manuale di Istruzioni per le operazioni degli uffici elettorali di sezione (Cleup, Padova 2008). Fa parte della REI, Rete di eccellenza dell′italiano istituzionale_, promossa dalla Direzione Generale della Traduzione della Commissione Europea (di cui presiede ora il Comitato di coordinamento) e ha fatto parte del gruppo di lavoro interregionale istituito dalla Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali, d’intesa con l’Osservatorio legislativo interregionale (OLI), che ha curato la terza edizione del manuale di redazione dei testi normativi, approvata nel 2008._