Intervista a Sabrina D'Alessandro

Sabrina D’Alessandro, artista e studiosa del linguaggio, svolge con la sua opera un discorso multimediale e multitasking, attraverso pagine scritte e pagine svolazzanti, installazioni, manufatti e drammatizzazioni, arte, persone e parole, in una dimensione ludica che fa delle parole un movimento fisico-fonatorio-corporeo e una trasmigrazione perpetua di anime semantiche: spazio, tempo e senso. La lingua italiana diventa specchio della ricchezza del mondo esteriore e interiore, alchimia di parole e immaginario, arte e filologia. Nel 2009 fonda l'URPS (Ufficio Resurrezione Parole Smarrite), “ente preposto al recupero e alla diffusione di parole smarrite benché utilissime alla vita sulla terra”. Il progetto la conduce alla realizzazione del volume Il Libro delle Parole Altrimenti Smarrite (Rizzoli 2011) e a portare le sue performance e installazioni legate alle parole in vari luoghi, pubblici e privati, dell’arte e della cultura. Tra le sue opere più recenti, Parole all’asta: asta di parole a fini salvifici, conservativi e sviscerativi, e URPS, serie di video presentati dal Museo Gamec in onda su SkyArte dal 2016.

Ricercare parole dimenticate e “resuscitarle” attraverso l’espressione artistica. Come nasce quest’intuizione?

Ho una passione per le parole fin da bambina. Le reiventavo, le combinavo, le usavo come un vero e proprio giocattolo. In particolare mi hanno sempre affascinato le parole rare, quelle che non si usano mai e che una volta pronunciate risuonano come un’allegra rivelazione. Con il tempo ho preso l’abitudine di registrare i vocaboli che mi sembravano più significativi, creando una collezione che tengo tutt’ora aggiornata. Molte di queste parole sono talmente arcaiche da risultare praticamente defunte, ma contengono spesso una forza espressiva straordinaria. Nel 2009 ho trasformato la mia lista sentimentale in un’installazione, una sorta di monumento ai caduti, luogo della memoria che in quanto tale portasse alla rinascita automatica di queste parole. Ho continuato approfondendole una a una, facendone delle sculture, dei video, facendole cantare, mimare o creando esposizioni tematiche.

Così è nato l’Ufficio Resurrezione, un modo per ridare vita alle parole in sé (alle idee e all’immaginario che contengono), ma anche per indagare, attraverso le parole, il nostro modo di essere e percepire.

La definizione istituzionale dell’Ufficio Resurrezione è: «ente preposto al recupero e alla diffusione di parole smarrite benché utilissime alla vita sulla terra». Ci racconta la poetica di questa utilità?

L'utilità di certe parole sta nel fatto che ci permettono di "vedere" e di cogliere sfumature nel mondo che ci circonda. Si tratta spesso di parole antiche, ma ancora attuali, che sanno raccontare l’umanità in modo lucido e disarmante. Penso a vocaboli allegri e al contempo puntuti come soppiattone, individuo che agisce nascostamente e che non si vuole lasciar intendere, per lo più per ipocrisia e scarsa lealtà, o sinforosa, donna attempata che si ostenta giovinetta e si imbelletta (oggi anche grazie alla chirurgia plastica) con risultati spesso grotteschi. Altra bellezza e utilità delle parole sta nel loro suono e nel loro modo di far risuonare la realtà e dunque, in alcuni casi, di agire sulla sua percezione. Una parola come orrevole (onorevole), per una semplice contrazione automaticamente conferisce a colui che è onorevole qualcosa di intrinsecamente orrorifico. Un esempio di come la variante antica di un vocabolo ancora in uso possa suggerire ulteriori, intriganti connotazioni. Anche solo grazie al suo suono.

L'Ufficio Resurrezione è strutturato secondo vari dipartimenti in base al modo in cui le parole vengono restituite alla memoria. Quali sono i processi creativi?

Il Dipartimento Oggettificazioni si occupa di trasformare le parole in sculture o installazioni, in modo che abbiano un corpo fisico  -il più ingombrante possibile - e si perdano più difficilmente. I processi creativi sono vari. Attraverso il Reparto Nomenclatore, ad esempio, assegno un nome alle cose col fine di trasformarle da “oggetti” in “soggetti”. Un cranio di coccodrillo con un seno di gomma tra le fauci (che inizialmente era solo un’intuizione visiva, un assemblaggio senza nome), diventa un “Mascellone stracciagonnelle” (ovvero un maschilista che fa strage di donzelle), una trottola addobbata con piume di struzzo diventa una “Girometta sinforosa” (la donna attempata di cui accennavo prima, che si involve su sé stessa nell’ossessione di rimanere giovane) e così via.

Il Dipartimento Rinascita Psicovocale si occupa invece dell’espressione vocale, dunque di declamare o cantare le parole, dando espressione al loro corpo sonoro e al loro potere spesso liberatorio. Al contrario, la Divisione Mutoparlante è l’organo preposto all’illustrazione non verbale (per cui le parole vengono mimate attraverso i gesti). In ogni caso l’Ufficio tiene nota di tutto, per cui anche le parole restituite attraverso le performance vengono riportate su carta e fisicamente archiviate in bacheche tematiche. Il principio rimane quello di “oggettificare per ricordare”.

Le sue produzione artistiche hanno sempre una dimensione psicologica e si basano spesso sull’interazione con il pubblico. Come funzionano ad esempio i ritratti e i “Censimenti Peculiari”?

I Censimenti Peculiari sono rilevazioni qualitative che indagano sentimenti e opinioni delle persone. Si tratta di percorsi tematici in cui espongo di volta in volta una serie di parole diverse. Secondo l’antico uso degli scrutinii, i visitatori possono votare con un fagiolo il vocabolo del passato che meglio definisce il loro stato d’animo attuale, il loro futuro ideale, o anche il difetto che riscontrano più frequentemente in sé stessi o nel mondo che li circonda. L’ultimo progetto su cui sto lavorando è appunto un censimento itinerante sui difetti umani. Il fine è quello di raccogliere i risultati in una mostra riassuntiva che mapperà i risultati luogo per luogo (evidenziando coincidenze e differenze, dal difetto più comune a quello meno diffuso). Una sorta di indagine antropologica che ha lo scopo ultimo di definire, attraverso le parole, una "geografia dell'umano sentire”.

Per quanto riguarda i ritratti, anche in questo caso mi interessa soprattutto l’aspetto psicologico. Vivo per due giorni con le persone che mi commissionano un’opera, mangio alla loro tavola, dormo nella loro casa e partecipo al loro quotidiano. Il ritratto che viene fuori è la concretizzazione di questa esperienza e si affianca alla ricerca di una o più parole che, omen nomen, raccontino la persona. L’opera prende forma ogni volta in modo diverso a seconda del soggetto, per questo è molto importante che si instauri un contatto. Alcuni ritratti sono più figurativi, altri più intimisti o concettuali, molti riguardano la storia e il modo di stare dentro il mondo della persona, altri ancora sono ispirati alle sue emotive peculiarità.

A proposito di interazione lei tiene anche laboratori nelle scuole primarie. Ci racconta di cosa si tratta?

Quando lavoro nelle scuole ci vado con una valigia piena di parole e invito i bambini a giocare con i vocaboli come si fa con gli oggetti, smontandoli fisicamente, spostandoli e ricombinandoli. Si gioca a disegnare parole perdute come scopanuvoli (individuo alto con i capelli ispidi e folti) o sbucciafatiche (chi con qualunque pretesto tenta di risparmiarsi ogni più piccola fatica). Ispirandosi alla creatività delle parole antiche si arriva poi a inventare cose nuove, poetiche come l’asciugacielo (macchina per asciugare il cielo dopo che ha piovuto), o più succulente come il calzarrosto (calza in cui si mette l'arrosto per cuocerlo nel forno).

Quali sono i principi su cui costruisce il suo fare?

«I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo». Ludwig Wittgenstein

«Sono uomo e ritengo che nulla di ciò che è umano mi sia estraneo». Terenzio

«Nutre la mente solo ciò che la rallegra». Sant’Agostino d’Ippona

«Le guazze di maggio valgon più che il tron di Salomone». Antico proverbio toscano

Link utili

Immagine: logo del sito Ufficio Resurrezione Parole Smarrite.

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