di Valeria Della Valle*

Nella prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca (1612) il nome di Niccolò Machiavelli non compare nella «Tavola degli autori moderni citati in difetto degli antichi, o per qualch’altra occorrenza, o libri». Ma se si scorre la «Tavola delle abbreviature per ordine d’alfabeto, dove si dà conto delle qualità de’ libri citati, e chi sieno i padroni delle copie a penna», alla lettera M si trova l’abbreviazione Mandrag., sciolta come Mandragora e seguita dall’indicazione «Mandragora commedia del Segretario Fiorentino».

Escluso dal canone

Nonostante l’inserimento della commedia tra i testi spogliati, l’assenza nel canone del Vocabolario dei titoli delle altre opere dello scrittore fiorentino è clamorosa. Per capirne il senso, è indispensabile rileggere il giudizio su Machiavelli espresso da Leonardo Salviati, l’ideatore del Vocabolario, nei suoi Avvertimenti (1584):

«quasi senza risa non si possono udir coloro, i quali lo stile e la favella di chi spezialmente scrisse le nostre storie e gli Ammaestramenti dell’arte del guerreggiare, con la favella e con lo stile di questa opera recar sogliono in paragone: conciossiecosa che il Boccaccio sia tutto candidezza, tutto fiore, tutto dolcezza, tutto osservanza, tutto orrevolezza, tutto splendore: e nello storico non abbia pur vestigio d’alcuna di queste cose, come colui che, oltre che nacque in mal secolo, rivolse tutto ‘l suo studio ad altre virtù: ciò furono la chiarezza, l’efficacia e la brevità: nelle quali riuscì singulare e ammirabile in tanto, che nella prima a Cesare e nell’ultime a Tacito arditamente si può paragonare. Nel rimanente egli scrisse del tutto, senza punto sforzarsi, nella favella che correva nel tempo suo, né volle prendersi alcuna cura di scelta di parole, che all’una delle tre cose ch’egli avea per oggetto, non gli spianasse principalmente il cammino».

Nato «in mal secolo»

Come si vede, pur lodando la chiarezza, l’efficacia e la brevità della scrittura di Machiavelli, Salviati criticava in modo netto il segretario fiorentino, nato «in mal secolo», non solo per aver scritto «senza punto sforzarsi, nella favella che correva nel tempo suo», ma anche per non aver voluto «prendersi alcuna cura di scelta di parole». Sulla condanna di Salviati e sulle decisioni degli Accademici avrà pesato anche la presa di posizione machiavelliana in favore di una lingua fiorentina viva, contemporanea, ricca di tratti e modi del parlato, di latinismi, di tecnicismi. Machiavelli aveva espresso queste idee nel Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua, trattato rimasto inedito fino al Settecento, nel quale aveva optato per una soluzione linguistica diversa e lontana rispetto a quella di Pietro Bembo, arcaizzante e in favore dell’imitazione del fiorentino trecentesco. In più, rispetto alla citazione della sola Mandragola nella tavola delle abbreviature degli autori e delle opere spogliate per la prima edizione del Vocabolario della Crusca, bisogna tener conto anche di un altro elemento. Nel 1559 le opere dell’autore fiorentino erano state iscritte nell’Indice dei libri proibiti, e questo marchio condizionò certamente le scelte degli Accademici, che si limitarono a citare il titolo della Mandragola, ma omettendone poi gli esempi.

Terza impressione, migliore

L’atteggiamento di chiusura nei confronti delle opere di Machiavelli, rimasto immutato nella seconda impressione del Vocabolario (1623), cambierà in parte nella terza (1691). Gli Accademici, nella Premessa, dichiaravano:

«Il buon giudicio dello Scrittore, può solamente sceglier le voci, adattar le locuzioni, accomodar le maniere, all’occasioni, alle materie, a’ tempi, alle persone; né vi ha regola sì prefissa, che possa servir d’istruzione alle scritture. Onde le distinzioni da noi date talora di bassezza, d’antichità, o simile, sottoposte sono sovente alla varietà e all’eccezione».

In base alla nuova impostazione, la tavola degli «Autori Moderni» fu ampliata in modo consistente (vennero inseriti anche Tasso, Castiglione, Galilei, Guicciardini, Speroni, Martelli, Sègneri, Giambullari, Dati, Redi, Cinonio), e lo spoglio delle opere di Machiavelli si allargò a comprendere, oltre alla Mandragola, l’Arte della guerra, le Istorie Fiorentine, i Decennali, la Novella di Belfagor, l’Asino d’oro, la Clizia, le Relazioni.

Quarta impressione, Il Principe

Nella IV impressione (1729-38), nella tavola degli «Autori moderni citati in difetto, o conformazione degli Antichi, per dimostrazione dell’uso, o per qualche altra occorrenza», il numero delle opere di Machiavelli prese in considerazione aumentò ulteriormente, con l’aggiunta del Principe, della Vita di Castruccio Castracani, della Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nell’ammazzare Vitellozzo Vitelli, dei Ritratti della Francia e dell’Alemagna, dei Discorsi sopra Tito Livio, dei Capitoli.

Finalmente Machiav.

Infine, nella V e ultima impressione (1863), Machiavelli non era più citato come il “Segretario Fiorentino”: le sue opere erano state tutte sottoposte a spoglio, prendendo come testo di riferimento gli otto volumi delle Opere nell’edizione fiorentina del 1813, ed erano citate con l’abbreviazione Machiav. In questa impressione incompiuta del Vocabolario, dunque, l’importanza di Machiavelli veniva infine riconosciuta, e i lemmi corredati da citazioni tratte dalle sue opere sono numerosi. Basterà citare voci tipiche del lessico machiavelliano (corruzione, fede, fortuna, necessità); dell’uso cancelleresco (discorso e dominio); della terminologia politica (ampliare, forzare, gravare, innovare, migliorare, muovere, offendere); latinismi (accidente,  apice, appetito, chiamare, comparire, felicitare, impeto, insulto, multiplicare); tecnicismi (alloggiamento, alloggiare, arciere, balestriere, giornata, fante).

Veniva così concesso al segretario fiorentino, seppure tardivamente, uno spazio tra i citati del Vocabolario della Crusca; ma l’interruzione dell’opera (1923) ne bloccò per sempre lo spoglio alla lettera “O”, a termini importanti del lessico machiavelliano come ordine e ordinare.

Da leggere

F. Chiappelli, Nuovi Studi sul linguaggio del Machiavelli, Firenze 1969.

V. Della Valle, La lessicografia, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni e P. Trifone, I: I luoghi della codificazione, Torino 1993, pp. 29-91.

F. Franceschini, voce Machiavelli, Niccolò, in Enciclopedia dell’italiano, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 2011.

M. Sessa, Tradizione ed innovazione nella prima edizione del Vocabolario dell’Accademia della Crusca (1612) attraverso l’elaborazione elettronica, crusca @bibsns.sns.it

*Valeria Della Valle è professoressa di Linguistica italiana alla Sapienza Università di Roma. Oltre a saggi sugli antichi testi toscani, sulla storia della lessicografia, sulla terminologia dell’arte, sulla lingua della narrativa contemporanea, ha pubblicato, insieme a Giovanni Adamo (con il quale dirige l’Osservatorio neologico della lingua italiana ILIESI-CNR), i volumi Neologismi quotidiani (Olschki 2003); 2006 Parole nuove (Sperling & Kupfer 2005);Neologismi. Parole nuove dai giornali (Istituto della Enciclopedia Italiana, 2008). Coordinatrice scientifica del Vocabolario Treccani (2008), nel corso degli anni ha pubblicato insieme a Luca Serianni e Giuseppe Patota tre grammatiche destinate alle scuole superiori. Con Giuseppe Patota ha scritto numerose guide all’uso corretto e appropriato dell’italiano: Il Salvalingua (1995); Il Salvatema (1996); Il Salvastile (1997); Il Salvaitaliano (2000); Le parole giuste (2004); L’italiano. Biografia di una lingua (2006); Il nuovo salvalingua (2007); Viva il congiuntivo! Come e quando usarlo senza sbagliare (2009); Viva la grammatica! La guida più facile e divertente per imparare il buon italiano (2011); Ciliegie o ciliegie? e altri 2406 dubbi della lingua italiana (2012); Piuttosto che. Le cose da non dire, gli errori da non fare; e, per ultimo, L’italiano in gioco (tutti per i tipi di Sperling & Kupfer).