Per chi studia una lingua, può essere indifferente che si tratti di una lingua molto o poco parlata nel mondo; a interessarlo è comunque la lingua, per le sue caratteristiche specifiche, la sua storia, i prodotti culturali che sono stati creati in quella lingua, anche se fossero prodotti di nicchia. Certamente, chi studia una lingua molto usata, come lingua materna o come lingua acquisita, sente probabilmente una motivazione particolarmente forte, anche di natura civile, a sviluppare i propri temi di ricerca; e al tempo stesso sente una forte responsabilità: per assecondare la diffusione di una lingua, tra i parlanti nativi come tra i parlanti acquisiti, è necessario averne conoscenze sempre più adeguate e raffinate, sia per quel che riguarda la grammatica, sia per quel che riguarda la storia, gli ambiti d’uso, la distribuzione dei parlanti, e via dicendo.

Le cattedre di italiano all’estero

L’italiano è una lingua probabilmente più diffusa di quanto normalmente si possa ritenere. Con i suoi 67.845.790 parlanti (64.819.790 che la parlano come prima lingua e 3.026.000 come seconda, secondo il sito Ethnologue), si colloca al 21° posto tra le migliaia di lingue usate dal genere umano (e, come conseguenza del processo migratorio degli ultimi secoli, è parlata in 26 Paesi). Inoltre, da tempo si dice che sia la quarta lingua più insegnata al mondo (dopo inglese, cinese, spagnolo e prima di tedesco e francese). Per quanto possano sorgere dubbi sulla fondatezza metodologica dei rilevamenti che hanno portato a questi risultati e anche se prudenzialmente dicessimo semplicemente che è nel novero delle lingue più insegnate, dopo le tre che stanno sul podio, l’attrazione che l’italiano esercita nel mondo è in ogni caso superiore alla posizione che la nostra lingua ha sul piano del numero di parlanti. Certamente, occorre anche capire quali sono le finalità per cui molti studiano l’italiano: se, infatti, i dati raccolti, soprattutto a livello ministeriale, parlano di una buona diffusione dei corsi di lingua italiana, l’esperienza di chi opera in ambito universitario è quella della progressiva riduzione dei corsi universitari di italiano nelle Università dei Paesi che un tempo erano dei pilastri per l’insegnamento, ma anche per lo studio scientifico dell’italiano. Valga per tutti il caso della Germania, nella quale accade sempre più di frequente che le cattedre di italiano non vengano più rimpiazzate al momento del pensionamento dei docenti, anche prestigiosi, che nell’ultimo mezzo secolo hanno dato un contributo rilevantissimo allo studio della lingua italiana: è difficile dimenticare il rischio, presentatosi un paio di anni fa, che venisse cancellata la cattedra di Linguistica italiana nell’Università di Saarbrücken, cioè nel maggior centro mondiale (assieme all’Opera del Vocabolario Italiano e all’Accademia della Crusca) per lo studio del lessico italiano e della sua storia.

Perché il mondo non conosca un italiano stereotipo

In questa situazione, il compito dei professori e dei ricercatori di linguistica italiana e di storia della lingua italiana è prima di tutto quello di continuare a studiare con accuratezza e con metodi sempre più aggiornati la nostra lingua: sia sui temi generali, sia su temi più specifici che incrociano alcuni dei motivi che spingono molti a interessarsi di lingua italiana (penso, ad esempio, all’italiano della musica o alla terminologia del cibo e degli alimenti).

Sembrerebbe un obiettivo di secondo piano, che poco ha a che fare con le politiche, più o meno aggressive, di diffusione della lingua italiana e, ancor prima, dei prodotti della cultura e dell’economia italiane all’estero. Ma non possiamo immaginare una proficua diffusione di una lingua, se le conoscenze di quella lingua non sono sempre più aggiornate; e soprattutto, la mancanza di aggiornamento nelle tecniche, ma soprattutto nei contenuti, di insegnamento dell’italiano può causare una diffusione solo apparente dell’italiano nel mondo: senza aggiornamento, a essere diffuso non è l’italiano effettivamente in uso in Italia, ma una sua variante stereotipa e superata, che perpetua un’immagine puristica della nostra lingua, in gran parte non più condivisa dai parlanti nativi.

Descrivere la lingua sempre più accuratamente

Sta qui, il primo obiettivo della ricerca sulla lingua italiana: avere descrizioni sempre più accurate della lingua nelle sue diverse fasi storiche, e in particolare nella fase attuale, e trasferire queste conoscenze a chi, in giro per il mondo, si fa a sua volta mediatore della nostra lingua, organizzando e tenendo uno fra gli oltre duemila corsi di italiano che sono stati censiti. Anche nei confronti degli insegnanti di italiano all’estero, a tutti i livelli (nelle università, nelle scuole, nei centri privati di insegnamento), vale l’imperativo della continua necessità di aggiornamento e formazione. In questo ambito agiscono molti linguisti italiani, appartenenti a diversi settori disciplinari, tramite diverse prestigiose iniziative (tra queste va certamente citato, anche per il suo carattere istituzionale, il consorzio Icon, con sede a Pisa, nel quale confluiscono le Università più attive nel campo dell’italianistica, che eroga un corso di laurea telematico per chi all’estero vuole ottenere un titolo di studio di Lingua e civiltà italiano e organizza numerosi corsi di formazione per docenti e corsi di lingua per studenti che intendono venire a frequentare le Università italiane).

La ricerca scientifica e la responsabilità civica

Un altro contributo che alcuni linguisti stanno offrendo è quello di sostenere chi, fuori d’Italia, usa l’italiano come lingua ufficiale: non solo in entità sovrannazionali come l’Unione Europea e le istituzioni ad essa collegate, ma anche in altri Paesi, dove l’italiano ufficiale è ben consolidato (come la Svizzera) o è comunque di uso pubblico, ma vive con maggiori difficoltà, se non altro perché il bilinguismo si colloca al livello locale dei comuni e delle province, come in Slovenia e in Croazia (di questo si occupa la REI, Rete per Eccellenza dell’Italiano istituzionale, con un suo osservatorio).

I linguisti e gli storici della lingua rivendicano con orgoglio quello che è il loro compito principale, quello di ricercare e insegnare; ma non si sottraggono, per un forte senso di responsabilità civica che caratterizza da molto tempo gran parte della comunità, al compito di applicare i risultati delle ricerche e l’impegno didattico ad ambiti di rilevante impatto sociale. Tra questi, oggi, vi è certamente anche l’italiano fuori d’Italia.

*Michele A. Cortelazzo (Padova, 1952), allievo di Gianfranco Folena, è professore ordinario di Linguistica italiana e direttore della Scuola Galileiana di Studi Superiori dell'Università di Padova. Socio corrispondente dell'Accademia della Crusca, è presidente dell’Associazione per la Storia della Lingua Italiana (ASLI). Il nucleo fondamentale delle sue ricerche riguarda l′italiano contemporaneo, in particolare l'italiano istituzionale (politico, giuridico, amministrativo), quello medico, quello scientifico. In quest’ambito ha pubblicato nel 2016 nella collana curata dall’Editoriale L’Espresso e dall’Accademia della Crusca il libro Il linguaggio della politica. I suoi lavori scientifici più importanti sono stati riuniti in tre raccolte: Lingue speciali. La dimensione verticale (Padova, Unipress, 1990), Italiano d'oggi (Padova, Esedra, 2000), I sentieri della lingua. Saggi sugli usi dell'italiano tra passato e presente (a cura di C. Di Benedetto, S. Ondelli, A. Pezzin, S. Tonellotto, V. Ujcich, M. Viale, Padova, Esedra, 2012). Attualmente si occupa di similarità tra testi e di attribuzione d'autore: in particolare è stato impegnato a riconoscere le affinità tra le opere di Elena Ferrante e quelle di altri autori contemporanei.

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