Ha più di un secolo di storia l’idea di ricostruire le reti di relazioni sociali che riconducono gli esseri umani gli uni agli altri, come ci ricorda Mirko Tavosanis in questo Speciale. Agli inizi del Terzo millennio, l’interconnessione dei nuovi media telematici ha consentito la creazione di un sistema che ricorda costantemente agli altri la nostra presenza (e viceversa) e prevede la possibilità di continui scambi verbali prevalentemente scritti, ma non soltanto, attraverso piattaforme dedicate. Nel giro di vent’anni sono nati, sono falliti o si sono sviluppati molti siti di relazione sociale. Facebook (sigla: FB) è il più potente: nel 2018 gli iscritti in tutto il mondo hanno superato i 2 miliardi, gli utenti attivi, i 34 milioni; «è diventato nel corso degli anni una naturale appendice virtuale delle persone, sempre più complessa e completa» (Vera Gheno). Lo scandalo di Cambridge Analytica mostra quali possano essere i rischi della cessione dei propri dati al social network; d’altro canto, FB è un enorme banca dati e un laboratorio di socialità, ma anche archivio vivo di testi, di solito frammentari, e di registri linguistici: si può dire che molta lingua italiana vi scorra, tra rispecchiamento e riformulazioni, in questa era della neoscritturalità di massa. Discorso che vale forse in misura minore per Twitter, la cui agenda «non è più dettata dal basso, dalla lunga coda degli utenti comuni, ma da poche decine di profili influenti (organi di stampa, politici, personaggi dello sport e dello spettacolo)» (Stefania Spina). Per quanto riguarda la lingua, la rigidità imposta dalla conta dei caratteri (anche se raddoppiati, rispetto alle origini) induce alla ricerca dell’effetto-slogan e alla battuta polemica (l’hate speech presente in FB qui perde massa, non violenza). Come in FB, cresce anche in Twitter l’effetto emotivo-conativo del testo rafforzato dall’immagine, mentre «l’elemento cruciale di YouTube non è il contenuto dei video, bensì i commenti e le discussioni da quelli innescabili» (Michela Dota). Sappiamo meno cose della lingua adoperata nell’ambiente di Whatsapp, poiché messaggi e chat sono privati. Ma l’utilizzo dialogico prevalentemente in simultaneità e la maneggevolezza del supporto fanno di Whatsapp uno strumento alla portata di tutti e se ragazze e ragazzi lo adoperano in modo intensivo, si può deciderne un intelligente uso didattico, cercando «di condurre gli studenti alla scoperta delle caratteristiche testuali, sintattiche e di registro della nuova e della vecchia epistolarità» (Valentina Fanelli).

Immagine: Di Martin Grandjean (Opera propria) [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], attraverso Wikimedia Commons