Atto della sua donna in mirarsi nello specchio
TORQUATO ACCETTO
Mirò lo specchio e di se stessa accorta
sospirò, gli occhi rivolgendo altrove
quella donna gentil che seco move
tutte le Grazie, e lieto Amor ne porta.
5 Parea dir, sospirando, or viva or morta
si vede alta bellezza, ahi lassa, e dove
son or le rose colorite e nove
sarà deserto senza luce o scorta.
L’atto soave in questo senso appresi,
10 e sì la vidi andar pensosa e bella
che per miglior consiglio anco l’intesi.
Di vano amor ben si mostrò rubella,
ch’in quel ciel di cristallo, ond’io m’accesi,
parve il suo sguardo una cadente stella.
Parafrasi
Guardò lo specchio e vedendo attentamente se stessa sospirò, volgendo
altrove lo sguardo, quella donna nobile che attrae con sé tutte
le Grazie, e ci porta Amore lieto. Pareva dire, con un sospiro, che
una grande bellezza si vedrà ben viva, e poco dopo morta, ahimé, e
che dove adesso ci sono rose colorate e fresche vi sarà un deserto,
senza luce e senza compagnia. Io interpretai così il suo gesto soave,
e la vidi andar via così pensierosa e bella che esso mi parve nascere
da un sentimento più elevato. Si mostrò tanto contraria (rubella, ribelle)
a un amore fugace (vano), che in quel cielo di cristallo, nel
quale m’ero specchiato e illuminato anch’io, il suo sguardo sembrò
una stella cadente.
Commento
In questo sonetto ricompare un tema abbastanza diffuso nella
poesia del Seicento, sull’esempio del Tasso (Rime, XLIIIXLIV).
Con un linguaggio alquanto fastoso e, nello stesso
tempo, con fine delicatezza, il poeta avverte che lei, dopo essersi
ammirata, non può evitare il pensiero dell’inevitabile caducità
della propria splendente bellezza giovanile (le rose
colorite e nove). Vedendola distogliere, con un sospiro, lo
sguardo dal cristallo, nel quale sono entrambi riflessi, lui coglie
nell’animo dell’amata un sentimento più elevato e severo
- il rifiuto di coltivare il vano pensiero d’uno splendore illusorio
e fugace - e lo scopre nel suo sguardo, che brilla improvviso
come una stella cadente. In un istante, nel triangolo
innamorato - donna - specchio, scatta uno stato d’animo condiviso,
sulla vanità della bellezza terrena e sul rimpianto amorosamente
illuminato dalla sua luce.
TORQUATO ACCETTO
Si sa ben poco della vita del gentiluomo Torquato Accetto (Trani? 1590 circa - Andria ? 1640), vissuto ad Andria (città d’origine della sua famiglia, ove presta servizio presso i duchi Carafa), a Napoli e a Roma, e noto soprattutto per il trattatello Della dissimulazione onesta (Napoli 1641), caduto in oblio fino alla sua “riscoperta” da parte di Benedetto Croce. Per lui, che ama la verità, la dissimulazione non è né menzogna né simulazione, moralmente riprovevoli perché viziate da cattive intenzioni, bensì l’unico modo lecito per difendersi dalla società malfida e pericolosa della Controriforma. Le sue Rime, ispirate dalla poesia del Tasso e da quella marinista, sono pubblicate a Napoli nel 1621, nel 1626 e nel 1638.Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli