La guida

ELIO FILIPPO ACCROCCA

       

       Vorrei essere insensibile
       come un oggetto,
       una cosa scartata dal destino.
       A passo d’uomo
5        ho ripercorso l’ultima tua strada
       per ritrovare l’ombra di un tuo gesto.
       Eri tanto, eri tutto:
       l’universo si rifletteva in te;
       ora che non sei evanescenza: nulla.
10      Tua madre ha fatto il bucato
       con le lenzuola dove dormisti
       l’ultima notte: portano il tuo fiato.
       Hai compiuto con noi un breve tratto,
       ora osserviamo il vuoto che hai lasciato,
15      occupato soltanto dal ricordo.
       Oggi che hai vent’anni
       ti ricreiamo con la fantasia
       nel luogo che conserva la tua voce.
       Mi metto le tue scarpe, i tuoi calzini,
20      ricammino con te,
       ma non so chi dei due sia la guida.


Commento

In questi limpidi versi, composti due anni dopo la tragica morte del figlio diciottenne in un incidente motociclistico, si avvertono le ascendenze della poesia di Accrocca: dall’ispirazione realistica, severa e partecipe, illuminata da un amore sofferente ma non rassegnato, anzi ‘guidato’ da un barlume di speranza, all’influsso, psicologico oltre che formale, della triade Ungaretti - Montale - Quasimodo, dalle poetiche pur tanto diverse, ma accomunate dall’esperienza del dolore. Del tutto originale, e pura, è la voce del poeta, aristocratica e insieme popolare, volta a una sorta di sommessa e intima preghiera. Nel procedere verso la conclusione, da ognuna di queste terzine si sente salire, fino a dominare, il canto spiegato dell’endecasillabo.
ELIO FILIPPO ACCROCCA

ELIO FILIPPO ACCROCCA

Elio Filippo Accrocca (Cori, Latina, 1923 - Roma, 1996), allievo di Ungaretti, profondamente legato agli ambienti della pittura romana, docente egli stesso di Storia dell’arte all'Accademia Statale di Belle Arti di Foggia, animatore di riviste artistiche e letterarie e fervente europeista, esce dall’ermetismo con una lirica prevalentemente realistica, con punte elegiache accanto a note populiste, e aderisce infine alla neoavanguardia per praticare una marcata sperimentazione linguistica. Tra le raccolte, che rispecchiano anche gravi lutti personali - come la morte precoce della madre, quella del figlio e quella della moglie - spiccano Portonaccio (1949), con prefazione di Ungaretti, Innestogrammi-Corrispondenze (1966), Due parole dall’al di qua (1973), Il superfluo (1980, sulla morte del figlio), Esercizi radicali (1984), Videogrammi della prolunga (1984), Contromano (1986) e le raccolte La distanza degli anni (1988) e Lo sdraiato di pietra (1991). Pubblica anche una serie di Ritratti su misura di scrittori italiani (1960) e, con V. Volpini, una Antologia poetica della resistenza italiana (1955).

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli