Sera d’uragano

PAOLO BUZZI

       

       Il cielo è nero fumo che voltola, sfiocca, imperversa
       come a un fiato d’incendio. Corron ruote di cenere
       per l’infinito campo: gorghi d’ocra e di fuliggine
       si riproducono e ripercotono.
5        Tutto fugge come a un fosco mare.
       Le case impallidiscono di spasimi sulle montagne,
       mostrano i mille occhi dalle palpebre chiuse,
       i lampi sono rosei
       come i filari efimeri delle gambe alle ballerine
10      in passo di finale.
       Le folgori son come bisce verdi e violette.
       Spesso han vene di sangue a capo, a coda. Sparve
       la scena de’ monti lontani.
       I monti attigui sono i lontani. S’opaca la distanza.
15      Eccoli dispariti.
       Una dolomia, sola, il chiaro picco mantiene, alto,
       in un canto de la nerezza, teso.
       Piovon tutte le acque,
       a gocce, a schegge, a frecce, a micce ebbre di fuoco.
20      Gli uccelli fuggono gli occhi accesi dei gatti saliti sulle piante:
       i gatti fuggono le spire di bragia delle folgori:
       le foglie degli alberi tremano per l’Universo.
       Io m’abbandono
       a tutti i fiumi oscuri di me stesso che straripano.


Commento

I versi di Aeroplani (1909), da cui è tratta Sera d’uragano, sono tra i primi esempi di poesia futurista. Il lavoro di Paolo Buzzi è ancora pervaso da reminiscenze della scapigliatura milanese - fase finale del movimento romantico - e aderente al verso libero, ispirato anche alle forme tardosimboliste francesi, e tuttavia orientato verso lunghe sequenze di esametri e pentametri proprie del distico elegiaco latino, nonché di settenari doppi, quinari e novenari, identificabili con i metri ‘barbari’ della poesia carducciana. “Solo per mezzo di analogie vastissime”, egli sostiene, “uno stile orchestrale, a un tempo policromo, polifonico e polimorfo, più abbracciare la vita della materia”. E di fatto l’analogia, l’ardito e folgorante accostamento di immagini diversissime, l’umanizzazione di edifici, paesaggi, fenomeni naturali (i lampi rosei come gambe all’unisono di ballerine di fila), sono vivacissimi elementi fondanti della sua poetica, ben lontana dall’impassibilità elencatoria e anzi ravvivata, nel finale, dall’abbandono ai “fiumi oscuri di se stesso”.
PAOLO BUZZI

PAOLO BUZZI

Paolo Buzzi (Milano 1874-1956), uomo di buoni studi classici e amante della musica, laureato in legge, lavora all’Amministrazione Provinciale milanese occupandosi di problemi sociali. Tra i fondatori della rivista Poesia (1905), è uno dei maggiori esponenti della poesia futurista. Tra i volumi di versi: Poesie leopardiane (1898). Aeroplani (1909), Versi liberi (1913), che chiude la fase dichiaratamente futurista della sua produzione, cui seguono forme più tradizionali, Bel canto (1916), Popolo, canta così! (1920), Poema dei quarantanni (1922), Canti per le chiese vuote (1930), Poema di radioonde (1940), Atomiche (1950). Tra le opere narrative, il poema in prosa L'esilio (1906) e il romanzo sperimentale L'Ellisse e la spirale, “Film + Parole in libertà” (1915); tra quelle teatrali, Sintesi sceniche (1917).

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli