Confine

BARTOLO CATTAFI

       

       Secco duro gessoso
       apparve il disegno del paese.
       Là portammo le nostre
       leggi, sistemi
5        di peso, di moneta, di misura.
       Il mondo si concluse entro un confine
       di pietre abbacinanti,
       non vedemmo al di là di quell’altro mondo:
       valido, vittorioso
10      quando ci travolse.
       Vagammo a lungo
       nei luoghi perduti.
       Il paese ci apparve in movimento,
       fertile, fluido, mutevole,
15      ricco di regole e di merci,
       emporio e scalo di molte regioni.
       Secco duro gessoso sovente è l’occhio,
       le mani, lo scalpello lo assecondano,
       foggiano cose a nostra somiglianza.


Commento

Si suole suddividere il percorso di Cattafi in tre fasi: la prima, culminante con Le mosche del meriggio, ci mostra “un poeta di forme e colori, capace di aderire ai temi della memoria mediterranea con particolare sensibilità impressionistica” (Giuseppe Leonelli); nella seconda, centrata su L’osso, l’anima, vediamo un poeta “di luce fredda, uniforme e tagliente, nella quale gli oggetti si profilano con precisione piatta e sinistra come al di là di una vetrina [...] o sulle tavole di un libro di anatomia” (Giovanni Raboni); la terza, con L’aria secca del fuoco, sembra tornare alle origini, alle emozioni di una riscoperta e riappropriazione del mondo. Confine (da L’osso, l’anima) potrebbe essere una metafora della poesia: un paese oltre il confine secco duro gessoso della vita, difficile da valicare superando le nostre unità di misura. Tutto vi è più valido, vittorioso, in movimento, fertile, fluido, mutevole, ma per l’uomo - uscito dalla guerra, immerso in una solitudine post-diluviana - è anche fatica e dolore. “La poesia” confessa Cattafi in un suo scritto “è tentata decifrazione del mondo, cattura e possesso di frammenti del mondo, nuda denuncia del mondo in cui si è uomini, cruento atto esistenziale”.
BARTOLO CATTAFI

BARTOLO CATTAFI

Bartolo Cattafi (Barcellona Pozzo di Gotto, Messina, 1922 – Milano 1979), laureato in giurisprudenza, risiede a Milano, dove lavora come pubblicitario e giornalista e muore per grave malattia. Tra le sue raccolte: Nel centro della mano (1951), Partenza da Greenwich (1955), Le mosche del meriggio (1958), Qualcosa di preciso (1961), L'osso, l'anima (1964), L'aria secca del fuoco (1972), Il buio (1973), Ostuni e La discesa al trono (1975) , Marzo e le sue idi (1977), L'allodola ottobrina (1979); postume sono Chiromanzia d'inverno (1983) e Segni (1986). Un'antologia delle sue poesie è uscita nel 1990.

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli