Da La Donna del Vergiù

       

       Un giorno er’ito el duca a suo diletto
       e cavalcato a un nobile palazzo,
       e la duchessa, sanza ingnun sospetto
       prese messer Guglielmo per lo brazzo
5        e menosselo in zambra al lato al letto
       ragionandosi insieme con sollazzo,
       e per giuocar la donna e ’l cavaliere
       fece venir gli scacchi e lo scacchiere.
       Da poi ch’egli ebbon tre giuochi giuocato,
10      la duchessa. ch’amor sovente sprona,
       disse: “Messere, avete disiato
       già gran tempo d’avere mia persona:
       or prendete di me ciò che v’è a grato”.
       E abbracciandol gli baciò la gola,
15      poi gli baciò ben cento volte il viso
       prima che ’l suo dal suo fosse diviso.
       E abbracciandol gli dicea: “Amor mio,
       perché mi fate d’amor tanta noia?
       Deh, contentate ’l vostro e mio disio.
20      Prendiamo insieme dilettosa gioia:
       io ve ne pregho pell’amor di Dio,
       o dolce amico mio, prima ch’i’ muoia!
       Se mi lasciate cosi innamorata,
       ohimé lassa, in mal punto fui nata!”.
25      Messer Guglielmo disse con rampogna
       vedendo alla duchessa tanto ardire:
       “Chi mi donasse tutta la Borgogna,
       tal fallo io non farei al mio sire.
       Prima che gli facessi tal vergogna,
30      certo mi lascerei prima morire.
       E voi, madonna, prego in cortesia
       che giammai non pensiate tal follia”.
       E la duchessa si tenne schernita
       e disse a lui: “Malvagio traditore,
35      dunque m’avete voi d’amor tradita
       e fattomi così gran disonore?
       Per certo io vi farò tòrre la vita
       e farovvi morir con gran dolore;
       e a destrier mia persona mai non monta,
40      se vendetta non fo di cotal onta!”.


Parafrasi

Un giorno il duca era andato per divertimento e aveva cavalcato presso un nobile palazzo, e la duchessa, senza che lui sospettasse di nulla, prese messer Guglielmo per il braccio e se lo portò in camera ,vicino al letto, parlando con lui piacevolmente, e per giocare la donna e il cavaliere fecero portare gli scacchi e la scacchiera. Dopo che ebbero giocato tre partite, la duchessa, spinta senza posa dall’amore, disse: “Messere, voi già da molto tempo avete desiderato di conquistarmi. Ora prendete di me quello che vi piace”. E, abbracciandolo gli baciò il collo, poi gli baciò più di cento volte il viso, prima che il suo volto si scostasse da quello di lui. E abbracciandolo gli diceva: “Amore mio, perché mi fate tanto soffrire per amore? Deh, accontentate il vostro e mio desiderio! Prendiamo insieme gioia e diletto! Io ve ne prego per l’amor di Dio! O dolce amico, (fatelo) prima che io muoia, se mi lasciate così innamorata! Ahimè, infelice, sono nata in un momento sbagliato!”. Messer Guglielmo, vedendo tanto ardire nella duchessa, disse rimproverandola: “Anche se mi regalassero tutta la Borgogna io non farei mai un tale affronto al mio signore. Prima di commettere tale vergogna nei suoi riguardi, preferirei certamente lasciarmi morire. E voi, madonna, vi prego, in nome della cortesia, non pensate mai più a una follia simile”. E la duchessa si ritenne beffata e offesa e gli disse: “Malvagio traditore, dunque voi mi avete tradita in amore, e mi avete fatto un così grande disonore? Davvero io vi farò togliere la vita e vi farò morire con grandi sofferenze, e che io non possa mai più montare a cavallo se non mi vendico di tale offesa!”.

Commento

Nella terza giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio è citata, come molto nota, la scena (qui rappresentata con fresca immediatezza in un cantare anonimo trecentesco di una settantina di ottave) della partita a scacchi tra un nobile cavaliere, Guglielmo, e la duchessa di Borgogna che tenta di sedurlo. L’eleganza raffinata della vita quotidiana di nobili e castellani vi si fonde con i sentimenti tipici dell’amore cortese - riservatezza, fedeltà, dedizione assoluta - sempre insidiati dall’invidia e dalla maldicenza. Il tema della sposa infedele e traditrice che accusa l’innocente che l’ha respinta riprende in toni popolareggianti l’episodio biblico della moglie di Putifarre e l’amore ‘proibito’ di Fedra nell’ Ippolito di Euripide.
La tragica vicenda della Dama di Vergy - un castello in Borgogna - nasce in Francia verso il 1280. Vi si narra di due amanti segreti, Guglielmo e una bellissima gentildonna cugina del duca, travolti dalla falsa accusa della duchessa respinta dal giovane: il duca, ingelosito, induce Guglielmo a fargli assistere di nascosto a un suo convegno amoroso con la fanciulla, di cui poi il duca rivela alla moglie il nome. Schernita dalla rivale e credendosi tradita dall’amato, la giovane si toglie la vita, e così fa a sua volta l’amante disperato; la stessa infame duchessa viene poi uccisa dal marito. La storia si ritrova non solo nei libri (come il citato Decameron e altri testi del XIV e del XV secolo, tra i quali una novella del Bandello, nonché - in una diversa versione - nell’Heptaméron di Margherita di Valois), ma anche nelle miniature d’avorio che impreziosiscono i cofanetti da toilette delle dame francesi; e diviene popolare nelle versioni in inglese, in tedesco, in olandese e in quelle dei cantari italiani, in cui la protagonista diviene la Donna del Vergiù (il ‘verziere’, in francese 'verger', dal latino 'viridarium', frutteto, è il giardino in cui si incontrano gli amanti).

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli