Perché chiamerà “gioia” la sua donna

GUITTONE D'AREZZO

       

       Tuttor ch’eo dirò “gioi’”, gioiva cosa,
       intenderete che di voi favello,
       che gioia sete di beltà gioiosa
       e gioia di piacer gioioso e bello,
5        e gioia in cui gioioso avenir posa,
       gioi’ d’adornezze e gioi’ di cor asnello,
       gioia in cui viso e gioi’ tant’amorosa,
       ched è gioiosa gioi’ mirare in ello.
       Gioi’ di volere e gioi’ di pensamento
10      e gioi’ di dire e gioi’ di far gioioso
       e gioi’ d’onni gioioso movimento:
       perch’eo, gioiosa gioi’, sì disïoso
       di voi mi trovo, che mai gioi’ non sento,
       se ’n vostra gioi’ il meo cor non riposo.


Parafrasi

Tutte le volte che dirò la parola ‘gioia’, o cosa gioiosa, capirete che parlo di voi, che siete gioia di bellezza gioiosa e gioia (che nasce) da un piacere gioioso; e gioia sulla quale si fonda un gioioso avvenire, gioia delle (vostre) grazie e gioia del (vostro) corpo snello; la gioia che io contemplo è (una) gioia tanto piena d’amore, che contemplarlo è una gioiosa gioia. Gioia di volere e gioia di pensare, e gioia di dire e gioia di fare gioioso e gioia di ogni gioioso atteggiamento. Per cui io, gioiosa gioia, mi trovo tanto desideroso di voi che non sento mai gioia se nella vostra gioia non placo il mio cuore.

Commento

Il sonetto 31 rappresenta un punto estremo della maestria virtuosistica del poeta aretino, costruito com’è sull’arte retorica della replicatio, con la ripetizione ossessiva della parola gioia e dei suoi derivati (gioivo e gioioso) fino alla tautologica “gioiosa gioi’”: qui l’artificio verbale, elegante e geometrico, sembra la formula magica d’un incantesimo.

GUITTONE D'AREZZO

Guittone (Arezzo 1230-35 - Firenze? 1294), di agiata famiglia borghese guelfa, nel 1263 lascia la città per dissidi politici o per protesta morale. Nel 1265, in seguito a una crisi spirituale, abbandona la moglie e i tre figli per entrare nell’ordine dei Frati della Beata Vergine Maria, detti anche “Frati gaudenti”, associazione ospedaliero-militare di laici con finalità religiose e pacifiste. Lascia una vasta produzione poetica (50 canzoni e circa 250 sonetti), d’argomento dapprima amoroso e poi moraleggiante e religioso, e una raccolta di Lettere, primo epistolario della storia letteraria italiana. Profondo conoscitore della poesia provenzale e del suo trobar clus - una poesia aspra, dura, oscura, contrapposta al trobar leu (‘cantare in maniera lieve’, caratterizzato da uno stile soave, limpido e chiaro, i cui eredi sono gli stilnovisti) - Guittone la traduce in forme toscane e in una lingua e in uno stile ardui ed elaborati. Le sue Rime lo inseriscono come caposcuola di grande prestigio e notorietà, amico e corrispondente dei maggiori rimatori del suo tempo, fra i poeti di transizione dalla Scuola siciliana allo Stil novo (donde l’imprecisa, ma comoda definizione di ‘poeti siculo-toscani’) e ne fanno il maggior esponente della poesia italiana prima di Dante. Quest’ultimo, peraltro, gli è programmaticamente avverso, tacciandolo di “popolareggiare” nella lingua e nello stile: forse per insofferenza verso il modello, e probabilmente sopravvalutandone la grandezza rispetto alla propria lingua “illustre” e “curiale” e alla propria poesia “tragica”, ben al di sopra della “ municipalità” di quella guittoniana.

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli