L’occhialino

GIACOMO LUBRANO

       

       Con qual magia di cristallina lente,
       picciolo ordigno, iperbole de gli occhi,
       fa che in punti d’arene un Perù fiocchi,
       e pompeggi da grande un schizzo d’ente?
5        Tanto piacevol più, quanto più mente:
       minaccia in poche gocce un mar che sbocchi;
       da un fil, striscia di fulmine che scocchi;
       e giuri mezzo tutto un mezzo niente.
       Così se stesso adula il fasto umano,
10      e per diletto amplifica gl’inganni,
       stimando un mondo ogni atomo di vano.
       Oh ottica fatale a’ nostri danni!
       Un istante è la vita, e ’l senso insano
       Sogna e travede eternità ne gli anni.


Parafrasi

Con quale magia d’una lente di cristallo un piccolo congegno, ingrandimento della vista, fa sì che dei granellini di sabbia sembrino una copiosa pioggia (d’oro, che vale) un Perù, e che una cosa piccolissima appaia pomposamente grande? Tanto più è gradevole, quanto più inganna: in poche gocce d’acqua fa apparire un mare minaccioso che straripi, di un filo sottile fa la striscia luminosa dello scoccare di una folgore, e tu (guardando attraverso la lente) potresti giurare che un oggetto da nulla è una cosa grande. Così l’ostentazione umana adula se stessa, e per il proprio piacere amplifica gli aspetti ingannevoli della realtà, considerando come un intero mondo una briciola di qualcosa d’illusorio. Ah, come questa (illusione) ottica è pericolosa per noi! La vita è un istante, e i nostri sensi fallaci ci fanno sognare e credere a torto che i nostri anni siano eterni.

Commento

Tra i poeti del Seicento “metafisico e concettoso”, Giacomo Lubrano, definito il rimatore più “delirante” del già delirante secolo XVII, svolge ingegnosamente i suoi arguti paragoni tra i vari aspetti delle scienze e le virtù e i vizi dell’animo umano. Il titolo della sua raccolta Scintille poetiche riecheggia il testo biblico (Sap. II, 4) sulle “sermo scintillae ad commovendum cor nostrum”. Come la cristallina lente amplifica le cose reali, la superba illusione di potenza (fasto) dell’uomo gli nasconde la reale limitatezza della propria condizione. E tuttavia i suoi versi barocchi amplificano, a loro volta, il discorso, come proiettandolo en abîme in un gioco di specchi.

GIACOMO LUBRANO

Giacomo Lubrano (Napoli 1619-1693), gesuita e predicatore famoso, scrive poesie mariniste (Scintille poetiche o Poesie sacre e morali, 1690), con lo pseudonimo di Paolo Brinacio, e versi latini (Suaviludia musarum ad Sebethi ripam, epigrammatum libri X), oltre a varie raccolte delle sue prediche, per lo più postume: Il Cielo domenicano (1691-93); Il fuoco sacro della divinità (1694); Prediche quaresimali postume (1702).

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli