Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

CESARE PAVESE

       

       Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
       questa morte che ci accompagna
       dal mattino alla sera, insonne,
       sorda, come un vecchio rimorso
5        o un vizio assurdo. I tuoi occhi
       saranno una vana parola,
       un grido taciuto, un silenzio.
       Così li vedi ogni mattina
       quando su te sola ti pieghi
10      nello specchio. O cara speranza,
       quel giorno sapremo anche noi
       che sei la vita e sei il nulla.
       Per tutti la morte ha uno sguardo.
       Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
15      Sarà come smettere un vizio,
       come vedere nello specchio
       riemergere un viso morto,
       come ascoltare un labbro chiuso.
       Scenderemo nel gorgo muti.


Parafrasi

1 avrà ... occhi: mi guarderà attraverso i tuoi occhi, e attraverso i tuoi occhi io guarderò lei.
5 vizio assurdo: attrazione, malata e incomprensibile, del suicidio (Il vizio assurdo sarà il titolo della biografia di Pavese scritta dall’amico Davide Laiolo).
10 O ... speranza: vocativo rivolto all’amata.
11 quel giorno della morte.
12 sei ... nulla: ti identifichi con la vita e con il nulla.
15 smettere: interrompere, abbandonare.
17 riemergere ... morto: risalire, vivo, un viso già morto.
19 nel ... muti: dell’Aldilà, tutti noi, e senza più parole.

Commento

La poesia che dà il titolo all’ultima raccolta di Cesare Pavese ne suggella l’abbandono quasi mistico al leopardiano “due cose belle ha il mondo: / Amore e Morte”.
CESARE  PAVESE

CESARE PAVESE

Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, Cuneo, 1908 - Torino 1950), di famiglia piccolo-borghese d’origine contadina, studia a Torino e, dopo la laurea in letteratura inglese su Walt Whitman, inizia un’intensa attività di traduttore, da Dos Passos a Dickens, Melville, Anderson, Joyce, alla Stein. Direttore della rivista Cultura, amico di intellettuali antifascisti, passa un anno di confino a Brancaleone Calabro, ove inizia il diario Il mestiere di vivere (postumo, 1952). Il primo volume di versi, Lavorare stanca (1936, poi 1943), è quasi ignorato dalla critica. Esordisce come narratore con Paesi tuoi (1941), cui seguono, fra l’altro, La spiaggia (1942), Feria d’agosto (1946), Il compagno (1947), Prima che il gallo canti (1949, con La casa in collina), La bella estate (1949, con Il diavolo sulle colline e Tra donne sole), premio Strega; La luna e i falò (1950) e i racconti postumi Notte di festa (1953). Tra i più attivi e autorevoli collabo- ratori della casa editrice Einaudi, dopo la fine della guerra si iscrive al Partito comunista e scrive sull’Unità. Tra le altre opere sono i Dialoghi con Leucò (1947) e Letteratura americana e altri saggi (postumo, 1951). Benché divenuto uno dei maggiori intellettuali del dopoguerra, è dominato da una visione profondamente pessimistica del mondo e da una sorta di rimorso per non aver partecipato alla Resistenza, che è costata la vita a suoi amici come Leone Ginzburg. Profondamente ferito dal fallimento delle proprie relazioni senti- mentali, fra cui quelle con Fernanda Pivano, con Bianca Garufi (con la quale scrive a capitoli alterni Fuoco grande, postumo, 1959) e quella, decisiva, con l’attrice americana Constance Dowling, cui dedica l’ultimo volume di versi, il postumo Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1951), si toglie la vita.

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli