Se per alcun puro omo

GIOVANNI  QUIRINI

       

       Se per alcun puro omo avenne mai
       ch’el se obscurasse il sole over la luna
       o aparesse istella, che fortuna
       significhi mutar cun altrui guai;
5        dovean mostrarse magior segni assai
       e novità men usa e men comuna
       quando la morte sceva amara e bruna
       estinse i chiari e luminosi rai
       che uscian del petto adorno di vertute
10      del nostro padre e poeta latino
       ch’avea in sé quasi splendor divino.
       Or son le Muse tornate a declino,
       or son le rime in basso descadute
       ch’erano in pregio e in onor cresciute.
15      Lo mondo plora il glorioso Dante;
       ma tu, Ravenna, che l’avesti in vita
       e or l’hai morto, ne se’ più agradita.


Parafrasi

Se talvolta sia mai accaduto che per un semplice uomo si oscurassero il sole o la luna o apparisse una stella, a significare il mutamento della sorte, che portasse danno a qualcuno, avrebbero dovuto mostrarsi segni assai più grandi e novità meno usuali e meno comuni quando la morte crudele, amara e tetra spense i raggi chiari e luminosi che uscivano dal petto pieno di virtù del nostro padre e poeta italiano che portava in sé uno splendore quasi divino. Adesso le Muse sono decadute, e sono cadute in basso le rime che (con lui) avevano acquisito maggior pregio e più grande onore. Il mondo piange il glorioso Dante; ma tu, Ravenna, che lo avesti da vivo e ora lo hai da morto, ne sei maggiormente onorata.

Commento

Questo sonetto (caudato, con lo schema ABBA ABBA CDD DEE FGG), è composto probabilmente nel 1321 per la morte di Dante. Si tratta di uno dei più commossi “compianti” dedicati al poeta, del quale cerca anche di riproporre gli accenti di severa solennità. Nei primi undici versi, articolati in un solo periodo sintatticamente serrato, il rimatore lamenta che le più universali forze della natura e del destino non abbiano dato più alti segni di partecipazione a tale gravissima perdita; in quelli finali, pur proclamando il declino dell’arte poetica in seguito alla scomparsa del glorioso Dante, che tutto il mondo piange, riconosce a Ravenna l’onore di custodirne le spoglie.

GIOVANNI  QUIRINI

Giovanni Quirini (Venezia, fine del XIII - prima metà del XIV sec.), di nobile famiglia, esercita la mercatura compiendo viaggi in Grecia e in Oriente. Grande ammiratore e forse amico personale di Dante Alighieri, gli dedica alcuni sonetti, per incitare Cangrande Della Scala a divulgare il Paradiso, per difendere il grande poeta dagli astiosi attacchi di Cecco d’Ascoli e, infine, per piangerne la scom- parsa. Le sue 121 Rime, di elegante impronta stilnovistica, sono ricordate soprattutto come primo esempio di divulgazione della conoscenza di Dante e della diffusione della lingua poetica toscana nel Veneto: quest’ultima dovuta forse, almeno in parte, a un processo di toscanizzazione da parte dei copisti, ma comunque indice della sua scelta stilistica.

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli