In quell’età ch’io misurar solea

GIAMBATTISTA FELICE ZAPPI

       

       In quell’età ch’io misurar solea
       me col mio capro, e ’l capro era maggiore,
       io amava Clori, che insin da quell’ore
       meraviglia e non donna a me parea.
5        Un dì le dissi: “Io t’amo”, e ’l disse il core
       poiché tanto la lingua non sapea.
       Ed ella un bacio diemmi, e mi dicea:
       “Pargoletto, ah, non sai che cosa è amore”.
       Ella d’altri s’accese, altri di lei,
10      io poi giunsi all’età ch’uom s’innamora,
       l’età degl’infelici affanni miei.
       Clori or mi sprezza, io l’amo insin d’allora.
       Non si ricorda del mio amor costei;
       io mi ricordo di quel bacio ancora.


Parafrasi

Nell’età (da piccolo pastorello) in cui io mi misuravo spesso con il mio capretto, e lui risultava più grande di me, ero innamorato di Clori, che sin da allora a me pareva più una creatura meravigliosa che una donna. Un giorno le dissi: “Io ti amo”, e lo disse il mio cuore, perché la mia lingua non lo sapeva dire. E lei mi diede un bacio, dicendomi “Bambino, ah, tu non sai che cos’è l’amore”. Lei s’innamorò di qualcun altro, e qualcun altro di lei; e poi giunsi all’età in cui ci si innamora, l’età dei miei infelici dispiaceri (amorosi). Adesso Clori non si cura di me, e io l’amo sin da quel tempo. Lei non si ricorda del mio amore, (mentre invece) io mi ricordo ancora di quel bacio.

Commento

La tenera musa dell’Arcadia ispira questo sonetto, di gusto anacreontico, in cui con elegante malinconia il poeta ricorda il suo primo amore, ancora infantile, per una bella ragazza che gli dà un bacio (e lei, che conosce l’amore, gli dice che lui ne sa ben poco). Lei lo dimenticherà, mentre lui non potrà mai scordare quel magico momento. Tutto giocato sui contrasti (la statura del ragazzo e della capra, la maraviglia e la fanciulla ‘normale’, il cuore che parla e la lingua che tace, l’esperienza, il disinteresse e la noncuranza di lei e l’ingenuità amorosa di lui, con il ricordo incancellabile di quel bacio), il testo fa rivivere, in sottile filigrana, la dialettica amorosa della poesia del Petrarca.
GIAMBATTISTA FELICE ZAPPI

GIAMBATTISTA FELICE ZAPPI

Giambattista Felice Zappi (Imola, Bologna, 1667 - Roma 1719), avvocato, si stabilisce nel 1685 a Roma, dove nel 1705 sposa la poetessa Faustina Maratti. La sua casa diviene un ritrovo di letterati dell’Accademia dell’Arcadia, della quale è uno dei fondatori (1690) con il nome di Tirsi Leucasio. Le sue poesie sono pubblicate nel primo volume delle Rime degli Arcadi (1716) e nel volume, postumo, Rime dell’avvocato Giovan Battista Felice Zappi e di Faustina Maratti sua consorte (1723).

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli