Maschere di guerra - La fuga - Violante Placido
MASCHERE DI GUERRA
La prima grande esperienza collettiva degli italiani, contadini ed operai, adulti e bambini, soldati e civili, da nord a sud, legati da un unico destino, trascinati nell’abisso della guerra più violenta mai vista prima, la Grande Guerra. Milioni di esseri umani conobbero la precarietà dell’esistenza, divenuti all’improvviso protagonisti di un meccanismo distruttivo che ebbe come epilogo la morte di massa. Le donne, grandi protagoniste di quei momenti, diedero prova di svolgere attività appannaggio degli uomini: impiegate nell’industria bellica, al fronte o come braccianti agricole, attesero i mariti, i figli, soccorsero soldati. I diari, le memorie scritte, le lettere inviate a casa e gli album restituiscono i sentimenti di chi ha visto i propri sogni soccombere nel fango delle trincee, la speranza di chi uscì vivo dal conflitto e il dolore di chi si portò appresso i segni delle trasformazioni del corpo, mutilazioni e nevrosi. Gli uomini divennero maschere di guerra in cerca di un’identità perduta. Tutti hanno provato a raccontare e tutti hanno ricordato. Ognuno a proprio modo.
Maschere di guerra racconta la storia della prima guerra mondiale attraverso storie di persone comuni coinvolte e travolte da un evento eccezionale.
LA FUGA
Nell’ottobre del 1917 Caterina Arrigoni ha 35 anni ed appartiene ad una delle famiglie più facoltose di Valdobbiadene. Il padre è notaio ed è un personaggio di spicco nella vita politica e sociale del paese: nel momento dell’invasione austro-ungarica farà da tramite tra la collettività e i vari Comandi militari degli invasori. Nell’autunno del 1917 Caterina avverte che le cose stanno cambiando in modo repentino a causa della tragica disfatta di Caporetto, che provoca l’arretramento del fronte sulla linea del Piave. Nella grande casa di famiglia, affacciata sulla Piazza Maggiore, c’è un senso di smarrimento. L'incubo inizia dopo l'occupazione militare del 10 novembre ’17 e l'ordinanza di abbandono di Valdobbiadene del 5 dicembre: palazzo Arrigoni viene colpito da una bomba e Caterina inizia l'esperienza di profuga. In uno scenario fatto di bombardamenti, violenze, stupri e fame, decide di annotare sul proprio diario tutto ciò che le accade attorno. Trova rifugio a Cozzuolo di Vittorio Veneto, ospite degli zii. La cronaca si fa storia e Caterina ci consegna una rara testimonianza sul ‘profugato’ dei civili delle terre invase tra 1917 e 1918 quando uomini, donne, vecchi e bambini di un secolo fa si trovarono a contatto con il terribile spettacolo di «macerie, ruderi, nulla più; campi sconvolti, alberi stroncati, viti divelte, desolazione, orrore».
Testi di riferimento: Luca Nardi, Giancarlo Follador, Il diario di Caterina Arrigoni. Quando senza polenta si moriva di fame, Edizioni DBS, Belluno, 2017