Cavallerìa

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cavalleria


cavallerìa s. f. [der. di cavaliere]. – 1. a. Milizia a cavallo, che dal sec. 16° era distinta, secondo l’armatura indossata dai cavalieri, in c. leggera e c. grave o pesante. In senso concr., complesso dei combattenti a cavallo: fu impegnata nell’assalto tutta la c.; i nemici disponevano di una c. numerosa. b. Una delle cinque armi dell’esercito italiano, sviluppatasi dai reggimenti di dragoni piemontesi, e costituita da soldati a cavallo che, fino alla prima guerra mondiale, erano impiegati in compiti esplorativi prima della battaglia, e poi, durante il combattimento, nell’urto e quindi nell’inseguimento del nemico; oggi il nome rimane all’arma, nella quale peraltro i cavalli sono stati sostituiti con mezzi blindati, corazzati ed elicotteri. c. ant. Milizia in genere; anche in senso fig.: la vita dell’uomo è una c. sopra la terra (Giamboni). 2. Nel medioevo, istituzione politica e sociale, della quale facevano parte i cadetti esclusi dalla trasmissione ereditaria del feudo, i quali erano legati fra loro da un giuramento di fedeltà non a un signore, ma agli ideali di giustizia e d’onore, di difesa della fede, dei deboli, delle donne, secondo la morale celebrata dalla poesia cavalleresca. 3. ant. Grado e dignità di cavaliere: onorevolmente e cittadinescamente portò sua c. (G. Villani). 4. Insieme dei doveri imposti a un perfetto cavaliere: le leggi della c.; nobiltà di modi, generosità, cortesia: comportarsi con c.; ci vuole c. con le signore. 5. Con uso fig., scherz. (spec. nel gergo di caserma): a. Pidocchi o altri insetti della persona e del letto. b. Passare in c., a proposito di cosa prestata e non più resa, o anche, più genericam., di fatto o azione a cui non si vuol dare seguito, rimasti senza conseguenze.

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