Cortigiano

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cortigiano


(ant. cortegiano) agg. e s. m. [der. di corte]. – 1. agg. Di corte, che riguarda le corti o chi sta in esse: costumi c.; dubitando forte più della invidia c. che della sua conscienza (Boccaccio); trovò la città di Firenze piena di c. delicatezze (Machiavelli). Lingua c., la lingua letteraria, «illustre», parlata nelle corti, contrapposta, nelle polemiche sull’origine e sul corretto uso della lingua sorte in Italia nel sec. 16°, alla lingua toscana o fiorentina. 2. s. m. (per il femm., v. cortigiana) Addetto alla corte con un grado onorifico o con qualche incarico di fiducia; frequentatore di una corte, gentiluomo di corte: il domandò quello che del santo Padre e de’ cardinali e degli altri c. gli parea (Boccaccio); si elegesse uno della compagnia, ed a questo si desse incarico di formar con parole un perfetto cortegiano (B. Castiglione). 3. spreg. Persona di animo servile, portata alla simulazione e all’adulazione opportunistica: non bisogna portar livrea di servi né maschera di cortigiani (Carducci). ◆ Dim. e spreg. cortigianèllo, cortigianétto, cortigianùccio; accr. cortigianóne; pegg. cortigianàccio. ◆ Avv. cortigianaménte, secondo gli usi di corte, con raffinatezza; più spesso, con animo e modi da cortigiano, cioè da adulatore servile.