Cuòio

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cuoio


cuòio (pop. tosc. còio) s. m. [lat. cŏrium] (pl. cuòi, ant. le cuòia, tuttora vivo nel sign. 2 b). – 1. Secondo strato della pelle di alcuni animali, che, liberato dall’epidermide, dai peli, dalle fibre muscolari e dal carniccio, e sottoposto ai varî procedimenti di concia, diviene imputrescibile e di lunghissima conservazione: borsa, scarpe di c.; c. bulgaro, c. di Russia, v. bulgaro, n. 3; c. cotto, composto di due strati sovrapposti preparati con cera ed essenze, di colore nero ravvivato con oro e colori, usato per targhe e armature. Caschi di c., caschi in dotazione soprattutto a speciali corpi di polizia e squadre d’assalto; di qui la denominazione di teste di c. con cui vengono chiamati nell’uso giornalistico i componenti di tali reparti (v. testa1, n. 7 g). 2. a. ant. Pelle di animale in genere, scuoiato o vivo. Anche la scaglia del serpente: non altramenti rimarrai bella che faccia la serpe lasciando il vecchio c. (Boccaccio). b. La pelle dell’uomo, per lo più in frasi scherz. e fig.: avere il c. duro, essere resistente a fatiche e disagi, o essere duro a morire: coraggio ne aveva, e aveva il c. duro anche (Verga); non stare nelle cuoia (ant. non capere o non capire nel c.), non stare in sé, non stare nella pelle per la gioia, per l’allegria: andava cantando e saltando tanto lieto, che non capeva nel cuoio (Boccaccio); tirare o stendere le cuoia, lasciarci le cuoia, morire. c. C. capelluto, la cute della volta cranica, di notevole spessore, ricoperta normalmente dai capelli e caratterizzata dalla ricchezza di ghiandole sebacee. 3. Altri usi estens.: a. ant. Cartapecora per scrivere: In su le vecchie e ’n su le nuove cuoia (Dante, con allusione ai libri del Vecchio e del Nuovo Testamento). b. ant. Scorza d’alberi, buccia di frutti, e sim. 4. In mineralogia, c. di monte, varietà di asbesto che si presenta sotto forma di lamine flessibili, costituite da fibre del minerale fittamente intrecciate. 5. C. duro, nome dato in agraria a un coleottero della famiglia scarabeidi (Pentodon punctatus) che è causa di danni alle radici di varie piante; è detto anche bacherozzo e zurrone.

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