Economìa

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economia


economìa s. f. [dal lat. oeconomĭa, gr. οἰκονομία, comp. di οἶκος «dimora» e -νομία «-nomia» (propr. «amministrazione della casa»); la voce si è diffusa per il tramite del fr. économie (così come i der. economico, economista, economizzare attrav. il fr. économique, économiste, économiser)]. – 1. a. Uso razionale del denaro e di qualsiasi mezzo limitato, che mira a ottenere il massimo vantaggio a parità di dispendio o lo stesso risultato col minimo dispendio; questa accezione, espressa anche più esplicitamente con la locuz. saggia e., è soprattutto avvertita nell’agg. e nell’avv. (in espressioni come principio economico, attività economica; comportarsi economicamente), e a questo stesso sign. si ricollega la denominazione di e. domestica, data all’insieme delle norme per la buona tenuta di una casa, nell’ambito del gruppo familiare (era così chiamata anche una materia d’insegnamento nell’istituto tecnico femminile, e prima nel magistero professionale per la donna, che impartiva nozioni prevalentemente pratiche per la conduzione della casa). b. Parsimonia: vivere con la massima e.; spendere senza e.; fare economia (anche di cose diverse dal denaro, e cioè di tempo, di spazio, di forze, ecc.); gestione in economia, amministrazione diretta senza ricorrere all’opera di intermediarî; provvedere a un’opera in economia; lavoro a economia, lo stesso che lavoro a tempo, e quindi retribuzione a economia, basata sulla durata del lavoro. Economie fino all’osso, celebre frase che riassume e caratterizza il programma economico sostenuto da Q. Sella, ministro delle Finanze nel governo Lanza dal 1869 al 1873, per il risanamento della finanza pubblica e l’ottenimento del pareggio, programma da lui particolarmente esposto nella relazione fatta in Parlamento il 10 e 11 marzo 1870; in realtà la frase, tradizionalmente ripetuta in tale forma, anche dal Sella ma non in quell’occasione, fu dapprima da lui espressa, nel discorso agli elettori in Mosso Santa Maria dell’8 aprile 1867, in questa forma più articolata: «io dichiaro essere assolutamente necessario, indispensabile il fare le economie le più terribili, lo andare fino all’osso nello stralciare le spese». c. Al plur., risultato della parsimonia, risparmio: perdere, investire le proprie e.; vivere delle proprie economie. Nel linguaggio aziendale il termine economie indica tutti quei risparmî che derivano all’impresa da un più razionale impiego dei fattori produttivi; in partic., e. di scala, quelle che si verificano quando i costi di produzione crescono in misura proporzionalmente inferiore rispetto all’aumentare della produzione; e. interne, le economie di scala derivanti, per es., dall’ampliamento della scala di produzione, con una conseguente diminuzione dei costi unitarî; e. esterne, gli effetti favorevoli per un’impresa derivanti dall’attività economica di un’altra impresa, dalla maggiore efficienza dei servizî, ecc. d. fig. Distribuzione razionale della materia di un’opera, armonica proporzione delle parti tra loro e col tutto: la digressione, un po’ troppo lunga, nuoce all’e. del discorso; è un elemento importantissimo nell’e. generale del suo pensiero. e. Con altro uso fig., e. d’una lingua o e. linguistica, l’equilibrio tra l’esigenza di massima differenziazione degli elementi d’una lingua e l’esigenza di minimo sforzo insita nei parlanti. 2. Complesso delle risorse (terre, materie prime, energie naturali, impianti, capitali liquidi, capacità lavorative) e delle attività dirette alla loro utilizzazione, di una regione, di uno stato, di un continente, del mondo intero: e. siciliana; e. italiana; e. europea; e. mondiale; e con limitazione a singoli settori: e. agraria; e. industriale, ecc. 3. Nel linguaggio econ. e sociale, particolare tipo di sistema economico (determinato da opportune specificazioni), soprattutto per ciò che concerne l’organizzazione della produzione e la distribuzione delle ricchezze: e. passiva o distruttiva, quella, prevalente fra le popolazioni primitive, che si limita a consumare i prodotti offerti dall’ambiente naturale (mediante caccia, pesca, raccolta dei frutti, ecc.), contrapposta all’e. attiva o conservativa o produttiva, propria dei popoli civili, che invece provvede a conservare le possibilità produttive della natura o ad aumentarle (con la coltivazione del suolo, l’allevamento del bestiame, ecc.); e. curtense, caratteristica dell’alto medioevo, in cui tutto il ciclo della produzione e dello scambio si compiva entro l’ambito della curtis; e. naturale ed e. monetaria, secondo che gli scambî avvengano in natura o in moneta; e. cittadina, con scambî limitati tra città e contado; e. nazionale (o chiusa) e internazionale (o aperta), secondo che gli scambî avvengano entro i confini di uno stato o tra stato e stato; per la cosiddetta e. sommersa, definita anche, meno comunem., e. informale, v. sommerso. Con riferimento ai criterî informatori del sistema economico, si distinguono inoltre le e. individualistiche, liberali (o liberiste) o di mercato, basate sul rispetto della libera iniziativa individuale, nella quale a prevalere è la legge della domanda e dell’offerta; le e. collettiviste, in cui l’interesse della collettività è inteso come superiore a quello degli individui; le e. socialiste, o socializzate, o nazionalizzate, caratterizzate dalla socializzazione dei mezzi di produzione e dette anche e. pianificate; le e. controllate (o dirette, di intervento, programmate o programmatiche), in cui l’iniziativa individuale è regolata dal controllo dello stato o da un programma statale; ecc.; e. mista, con cui si vuole sottolineare la caratteristica del sistema economico di alcuni paesi che, pur garantendo in diversa misura l’autonomia nelle decisioni dei singoli operatori privati, attribuisce un’importanza preminente, o comunque crescente, all’intervento pubblico; e. globale, l’economia fondata sulle regole imposte dalla globalizzazione; nuova e. (per calco dell’ingl. new economy, che si contrappone a old economy), quella che ricava i principî del suo fondamento dalle tecnologie più avanzate, dai nuovi assetti dei mercati finanziarî, dalla flessibilità del mercato del lavoro, dalla stessa economia globale; e. di guerra, particolare organizzazione economica, tipica appunto di circostanze eccezionali come la guerra, che si basa sulla totale soppressione dei mercati, cioè sulla fissazione d’autorità di tutti i prezzi e sul razionamento dei beni attuato coercitivamente per quantità fisse; Ministero dell’E. e delle Finanze, quello che accorpa attualmente le funzioni un tempo spettanti al Ministero del Bilancio, a quello del Tesoro e a quello delle Finanze. 4. Scienza, sviluppatasi a partire dal sec. 16° in diverse scuole e teorie, che può essere in generale definita come lo studio delle leggi che regolano la produzione, la distribuzione e il consumo delle merci, con riguardo sia all’attività del singolo agente economico, sia al più generale assetto sociale di uno stato, di una collettività nazionale: in quest’ultimo senso è più comunemente e tradizionalmente denominata e. politica, in quanto, soprattutto fino al sec. 19°, considerava congiuntamente il movimento delle categorie economiche e il comportamento politico delle diverse classi sociali. Può essere variamente denominata, sia con riferimento alle varie scuole teoriche: e. mercantilista (v. mercantilismo); e. classica, quella del periodo classico, che si considera concluso nella seconda metà dell’Ottocento; e. neoclassica o marginalista (v. marginalismo); e. del benessere (v. benessere); sia con riferimento ai singoli economisti: e. paretiana, keynesiana, ecc.; sia con riferimento al particolare oggetto di studio: e. della produzione; e. pubblica, parte della scienza economica che studia l’attività economica dello stato, e, con altro senso, lo studio dell’attività economica dal punto di vista generale, detta perciò anche e. generale, in contrapposizione all’e. aziendale o privata, intesa come studio dell’attività economica dal punto di vista delle singole aziende private; e. pura, quella che studia le leggi dei fenomeni economici generali, tendendo a conclusioni valide per qualunque forma di organizzazione della collettività. Si contrappone infine l’e. teorica, che formula le sue proposizioni senza ricercare immediatamente una verifica empirica, all’e. applicata, che studia singoli problemi concreti visti nella loro dimensione quantitativa.