equilìbrio s. m. [dal lat. aequilibrium, comp. di aequus «uguale» e libra «bilancia»]. – 1. Stato di quiete di un corpo. In partic., in meccanica, e. statico, quello, per es., di un corpo puntiforme su cui non agiscono forze, o agiscono forze tali che la loro risultante sia nulla (in tal caso, si dice anche che le forze si fanno equilibrio); analogam., e. dinamico, quello di un sistema di forze che, applicato ad un punto in movimento, non ne modifica il vettore della velocità. E. stabile, instabile, a seconda che, perturbando anche di poco le condizioni del corpo, esso tenda o no a ritornare nella posizione di partenza; e. indifferente, quando ogni possibile posizione del corpo è di equilibrio; e. elastico, lo stato di quiete di un corpo elastico quando, applicando ad esso un sistema di forze esterne equilibrato e sensibilmente costante nel tempo, le tensioni interne non superano il limite di elasticità. Più in generale, condizione per la quale un corpo (anche il corpo umano) sta fermo per un compensarsi delle azioni che su di esso si esercitano, o, anche muovendosi, conserva un suo determinato assetto: far stare in e. i piatti della bilancia; tenere in e. un bastone sul palmo della mano; mantenere, perdere l’e.; mentre camminava sull’argine, ha perso l’e. ed è caduto; stare o reggersi in e. sulla bicicletta, su una scala, sulla fune, su un piede solo. Organi dell’e., in fisiologia, le delicate formazioni (