Gotico

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gotico


gòtico agg. e s. m. [dal lat. tardo Gothĭcus] (pl. m. -ci). – 1. Dei Goti, antica popolazione germanica (v. goto): lingua g. (o gotico s. m.), lingua appartenente al ramo orientale del gruppo linguistico germanico, nota soprattutto da una traduzione della Bibbia (Bibbia g.) compiuta nel 4° sec. dal vescovo ariano visigoto Ulfila. Il termine è stato spesso usato con sign. estens., quasi sinon. di germanico, tedesco, e talvolta anche di barbarico. In partic.: a. Arte g., denominazione dell’arte europea occidentale del periodo che va dal 12° al 15° sec., coniata dagli artisti del Rinascimento con intenzione spregiativa, e rimasta nell’uso nonostante i tentativi degli storici dell’arte di sostituirla con altri termini più specifici (ogivale, archiacuto); trova la sua espressione più rilevante nell’architettura, caratterizzata da una nuova ardita tecnica costruttiva, basata sullo sfruttamento di elementi architettonici già noti (l’arco acuto e la volta a costoloni), ma per la prima volta coordinati allo scopo di dare una sempre maggiore elevazione e slancio verticale all’edificio; stile g. (o, come s. m., il gotico), il complesso dei canoni stilistici proprî dell’arte gotica, e l’insieme delle sue manifestazioni e realizzazioni artistiche; g. fiorito o fiammeggiante (o anche, con termine fr., flamboyant), l’ultima fase dell’arte gotica, dall’inizio del sec. 15° alla metà del 16°, in cui l’architettura perde in gran parte l’antica semplicità e razionalità, e la decorazione diventa sfarzosa, ma più rigida e meccanica; per g. internazionale, v. internazionale. Per estens., riferito ai monumenti e in genere alle produzioni dell’arte gotica e dello stile gotico: chiesa, cattedrale g.; una scultura gotica. b. Scrittura g. (o assol. gotica s. f.), denominazione data nel Rinascimento italiano (attribuendo a gotico il sign. di «barbarico») a quel tipo di scrittura che, nato nella Francia settentr. e nell’Inghilterra merid. all’inizio del sec. 12°, si diffuse gradatamente in tutta l’Europa, sostituendo nell’uso librario le più tarde espressioni della minuscola carolina: sue caratteristiche generali (ma con diverse varietà nazionali) sono il tratteggio fortemente contrastato, la netta spezzatura delle curve, la compattezza dello scritto, la frequenza delle abbreviature, l’alto numero di legature fra le lettere, che conferiscono alla pagina un aspetto di elegante e artificiosa calligraficità. Caratteri g., o, con sign. collettivo, il gotico s. m., i caratteri dell’antica scrittura gotica, e anche quelli della varietà mantenuta ancora oggi nella stampa dei paesi germanici (detta, con termine ted., Fraktur): la testata del giornale è stampata in gotico. c. Romanzo g. (o romanzo nero), tipo di romanzo in voga in Gran Bretagna tra la fine del 18° sec. e l’inizio del 19°, caratterizzato da atmosfere terrificanti in cui si verificano eventi misteriosi, fantastici o macabri nell’ambito di scenarî, spesso medievali, quali castelli diroccati e frequentati dai fantasmi, cimiteri, monasteri tenebrosi e sim. (i maggiori rappresentanti furono H. Walpole, A. Radcliffe, M. G. Lewis, Ch. R. Maturin e Mary Shelley). d. Nelle costruzioni murarie, muratura g. o alla gotica, tipo di muratura nella quale in ciascun filare i mattoni in spessore sono alternati con quelli in chiave. e. Linea g., la linea difensiva stabilita dai Tedeschi durante la seconda guerra mondiale lungo l’Appennino, dalla zona a sud di Viareggio alla zona di Rimini (agosto 1944 - aprile 1945). f. Punto g., punto di ricamo che si esegue in tre tempi: dapprima si fanno dei lanci verticali di filo da destra a sinistra, poi sia al basso sia all’alto dei punti lanciati, quindi si ritorna passando con l’ago sotto al filo verticale e facendo delle piccole prese in fuori, incrociando il filo. 2. fig. a. Di scrittura difficilmente decifrabile (per lo più con uso sostantivato): ma questo è g., non si capisce una parola!; anche con funzione avv., di lingua o pronuncia scorretta: parlare gotico. b. letter. Strano, stravagante, bizzarro: io solo forse mi serbava alieno da tali g. credenze (I. Nievo).

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