Miṡura

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misura


miṡura s. f. [lat. mensūra, der. di mensus part. pass. di metiri «misurare»]. – 1. a. Il valore numerico attribuito a una grandezza, ottenuto ed espresso come rapporto tra la grandezza data e un’altra della stessa specie assunta come unità (unità di misura), e determinato con opportuni metodi o strumenti di misurazione: la m. della temperatura di questa stanza è 23 °C. Correntemente il termine indica anche l’unità di misura: il metro è una m. di lunghezza; sistema di m., il sistema delle unità di misura, fondamentali e derivate, stabilito per convenzione internazionale (v. sistema). Con sign. più specifico, in matematica, quantificazione del concetto di estensione delle grandezze geometriche; con teoria della m. si intende sia l’analisi dei procedimenti per il calcolo di lunghezze, aree, volumi, ecc. nello spazio ordinario, basata essenzialmente sul calcolo integrale, sia la formalizzazione del concetto di misura, fondata sulla teoria degli insiemi e sulla sua applicazione a insiemi di punti su una retta, su un piano o in uno spazio euclideo a tre o più dimensioni. b. Nell’uso com., le dimensioni di un oggetto, cioè la lunghezza, la larghezza, la superficie, ecc.: calcolare la m. di una stanza, di una scatola, di un mobile; prendere le m. di un quadro per l’ordinazione della cornice; bastoni di tutte le m.; temperino, coltello di m. proibita, che supera la m. (la cui lama cioè oltrepassa la lunghezza consentita dalla legge per coltelli da tasca); le m. che mi hai dato sono esatte; ti posso dire soltanto la m. approssimativa. Riferito a persona, ne indica in genere l’altezza (soprattutto in frasi come raggiungere, non raggiungere, superare la m., cioè l’altezza prescritta per l’ammissione al servizio militare, a un corpo determinato, ecc.), oppure le dimensioni di singole parti del corpo: prendere le m., di sarti o calzolai che misurano la lunghezza o la circonferenza di parti del corpo per la confezione di abiti o scarpe; al sing., con valore collettivo, scarpe fatte su misura, vestito su misura, fatti su ordinazione del cliente (contrapposti alle confezioni di fabbrica); analogam., questo vestito ti sta a misura, ti sta a perfezione, ha le misure esatte del tuo corpo. c. Sempre al sing., e con valore collettivo, nelle frasi seguenti: siete della stessa m., hanno suppergiù la stessa m., di persone che hanno la stessa taglia, la stessa corporatura, ma anche in senso fig., di persone che si uguagliano in merito, in capacità, o nel carattere, nel modo di fare e sim. (spesso con senso di biasimo, alludendo a qualità non buone, spec. nella frase simile sono tutt’e due tagliati a una misura). Di indumenti, o anche di altri oggetti, posti in vendita, ciascuna delle categorie in cui si distinguono a seconda delle varie grandezze di fabbricazione: magliette di prima, di seconda m.; che misura porti?; per lei ci vuole la quarta m.; questo soprabito mi sta stretto, occorrerebbe una m. più grande. d. fig. Fare le cose a misura, con esattezza, con precisione, ma per lo più con riferimento a chi si limita a fare o a dare il minimo indispensabile, senza affatto largheggiare, e perciò con miseria, con taccagneria. Vincere di misura, di stretta m., in competizioni sportive, con piccolissimo vantaggio: ha ottenuto una vittoria di stretta misura. e. Complemento di misura, in grammatica, il complemento che indica in quale misura una persona o cosa differisce da un’altra, di quanto è, rispetto a questa, inferiore, superiore, ecc.; risponde alla domanda quanto? o di quanto?, ed è in genere costituito da avverbî di quantità e da espressioni quantitative. Per es.: «è molto più giovane di me»; «questa stoffa costa tre volte più dell’altra»; «ho anticipato di qualche giorno la partenza», ecc. Più in generale, complemento che precisa l’altezza, la larghezza o la lunghezza di qualcosa (coincide in questi casi con il complemento da altri denominato di estensione): è lungo circa 3 metri. 2. a. L’atto del misurare, misurazione (uso corrente, seppure improprio, anche nel linguaggio tecn. e scient.): il cronometro serve per la m. del tempo; in questo senso si parla di strumento di m. (v. strumento), di errore di m. (v. errore), e anche di m. diretta, indiretta (v. misurazione). b. M. pubblica: la funzione di misurazione in pubblico su richiesta dell’interessato, svolta dai comuni direttamente o mediante appalto a concessionarî dietro pagamento di un corrispettivo; diritto di m. pubblica, o di peso pubblico, tributo, determinato dal sindaco e riscosso dai Comuni presso i quali sia istituito ufficialmente un servizio di pesi e misure pubbliche. c. Il modo di misurare e la roba stessa misurata: giusta m.; m. abbondante, scarsa, scrupolosa, approssimativa; buona m., abbondante, con aggiunta di un sovrappiù sulla misura esatta: sono tre metri di stoffa, buona m.; fig., non com., ridare, ricambiare, ecc., a m. di carbone, con larghezza, a usura (detto soprattutto di danni, offese, e sim.): se gli fai un torto, si vendica a m. di carbone. 3. concr. Lo strumento con cui si compiono misurazioni, cioè il campione dell’unità di misura o, più spesso, una riproduzione di esso, che normalmente, per usi pubblici, dev’essere autorizzata e controllata da uffici competenti (la denominazione non si estende alle misure di peso, dette comunem. pesi): verificare, bollare le m.; servirsi di m. false; pesi e misure. Fig., fare, usare, adoperare, avere due pesi e due m., giudicare con criterio diverso, e per lo più con parzialità, persone, cose, fatti, situazioni identiche o analoghe, o trattare differentemente persone che hanno uguali diritti. Con allusione a misure di capacità: la m. è colma, la m. trabocca, quando si riempie fino all’orlo, e più spesso in senso fig.: non è più possibile tollerare determinati fatti, avere più oltre pazienza o indulgenza, e sim. 4. fig. a. Giusta m.: il punto giusto, il limite che per ogni cosa costituisce la normalità, la convenienza, la sua relativa perfezione. Con lo stesso senso si adopera anche semplicem. misura, soprattutto in alcune locuz.: oltre m., fuor di m., oltre il giusto limite, in modo eccessivo, smisuratamente: mangiare oltre m.; è goloso, maldicente, ecc., fuor di m.; Color di perle ha quasi, in forma quale Convene a donna aver, non for misura (Dante); Ahi, nova gente oltra misura altera (Petrarca); colmare, passare la m., superare i limiti, eccedere (soprattutto nel male), spingere all’estremo la sopportazione, la pazienza altrui: avete colmata la misura; e non vi temo più (Manzoni). Per estens., moderazione, criterio, discrezione: in ogni cosa ci vuol m.; non avere m., non conoscere m., e più efficacemente non avere né modo né m., non sapersi contenere, essere intemperante, eccedere con molta facilità; avere il senso della m., saper riconoscere in ogni occasione il limite al quale fermarsi per non eccedere (al contr., non avere il senso della m.); con m. (ant. a m.), con moderazione, con regola: bevi pure, ma con m., con una certa m.; pane finché dura, ma il vino a m. (prov. tosc.); senza m., senza regola: spende e spande senza m.; senza m. della reina s’innamorò (Boccaccio), qui col senso di «oltremodo, sommamente». b. Grado, proporzione, quantità: crescere, aumentare fino a una certa m.; contribuire in ugual m., in maggiore o minor m.; cercherò di aiutarvi nella m. delle mie forze, delle mie possibilità; è stato compensato in larghissima misura. c. In relazione col sign. concr., criterio di giudizio, mezzo di comparazione: guai s’io dovessi prender la mia debolezza per m. del dovere altrui, per norma del mio insegnamento! (Manzoni); l’uomo è la m. di tutte le cose (sentenza di Protagora, citata da Platone); il rispetto per i diritti umani è la m. della civiltà di un popolo. d. Precauzione, provvedimento preso per conseguire un fine e soprattutto per garantirsi da un male, da un danno: ho agito così per una semplice m. di prudenza. Per lo più al plur. (per imitazione dell’uso francese): non mi fido di lui, e prima di accettare la sua proposta voglio prendere le mie m.; prendere m. energiche per evitare disordini; stabilire m. preventive, restrittive, ecc.; talora impropriam. usato per indicare provvedimenti di carattere punitivo: adottare m. disciplinari; ricorrere a m. estreme. Nel linguaggio com., mezze m., provvedimenti timidi, incerti, di compromesso, risoluzioni o espedienti inadeguati e non conclusivi, soprattutto per mancanza di decisione e di energia: aborro le mezze misure. e. Con sign. specifico nel linguaggio giur.: misure di sicurezza, in diritto penale, mezzi adottati con la doppia finalità di garantire la società contro il crimine e di reinserire socialmente il reo: si distinguono in patrimoniali (confisca e cauzione di buona condotta) e personali, a loro volta suddivise in detentive (casa di lavoro, colonia agricola, ospedale giudiziario, riformatorio) e non detentive (libertà vigilata, divieto di soggiorno, divieto di frequentare osterie e spacci di bevande alcoliche, espulsione dello straniero dal territorio nazionale). Misure di prevenzione, provvedimenti che l’autorità giudiziaria o quella amministrativa possono adottare nei confronti di persone ritenute socialmente pericolose anche se le stesse non hanno commesso alcun reato; si distinguono in: m. di polizia (rimpatrio con foglio di via obbligatorio ordinato dal questore), m. giudiziarie di prevenzione, applicate dal Tribunale e precedute di regola da un avviso orale del questore (sorveglianza speciale, alla quale può essere aggiunto il divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province ovvero l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale; confisca dei beni, applicabile nei confronti di persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso o alla camorra), e m. cautelari, provvedimenti limitativi della libertà personale (distinti in m. coercitive e m. interditive) o della disponibilità di beni mediante sequestro, adottati dal giudice nei confronti dell’imputato nel corso del procedimento penale. M. alternative alla detenzione, introdotte nel diritto penitenziario italiano nel 1975, con lo scopo di facilitare il reinserimento sociale del reo che dia fondate aspettative di ravvedimento, sottraendolo agli effetti criminogeni del carcere: consistono nell’affidamento in prova al servizio sociale; nella semilibertà (concessione di uscire di giorno dal carcere per svolgere la propria attività lavorativa, con l’obbligo di rientrarvi la sera); nella liberazione anticipata (riduzione di pena di 45 giorni per ogni semestre di pena effettivamente scontata); nella detenzione domiciliare. f. Locuz. particolari: a misura che, via via che, a mano a mano che: a m. che il tempo passa, i ricordi si affievoliscono; a m. che la neve andava scomparendo, il campo si mutava in uno squallido acquitrino (P. Levi); a misura d’uomo, detto di ciò che mostra considerazione e rispetto per le esigenze proprie della dignità dell’uomo, consentendo a questi di dominare le cose anziché di esserne dominato: lavoro, ambiente, città, società, e sim., a m. d’uomo (lo stesso, e più com., che a dimensione umana); nella m. in cui, espressione con cui si stabilisce genericam. un rapporto tra due fatti, con sign. analogo a «tanto ... quanto, relativamente a, in proporzione», e con altri sign. simili: ti aiuterò nella m. in cui mi sarà possibile (della locuz. si è fatto un notevole abuso spec. nel linguaggio politico giovanile di sinistra dalla fine degli anni Sessanta, sull’esempio del fr. dans la mesure où, adoperata, fra l’altro, nella traduzione degli scritti di Lenin, per rendere il russo poskolku); Ma s’era sentita ferita ... che avesse ormai fatto la sua scelta sia pure nella m. in cui accoglieva una scelta in precedenza fatta dalla madre (Prisco). 5. Con sign. tecnici partic.: a. Nella scherma, la distanza regolamentare e utile fra i due avversarî; si distinguono una m. camminando e una m. piè fermo; la misura può essere lunga o corta a seconda della necessità o della particolare tattica degli schermidori. Essere fuori di m., troppo distante dall’avversario; sotto m., troppo vicino; chiudere la m., stringere la distanza tanto da impedire all’avversario di rispondere; non trovare la misura. Espressioni analoghe sono in uso anche nel pugilato. b. Nella metrica classica, il numero e la disposizione dei tempi di una unità metrica (sinon. quindi generico di metro o piede); più spesso, il numero dei tempi di un verso; analogam., nella metrica accentuativa, il numero di sillabe richiesto dal ritmo di un verso: i poeti estemporanei non sempre rispettano la m.; verso che supera la m., ipermetro. c. In musica, lo stesso che battuta, come complesso determinato di tempi. d. Con sign. affine, nella ginnastica ritmica, ciascuno dei periodi di ugual numero di tempi (e costituito di tempi di azione e tempi di fermata), in cui viene suddiviso un esercizio: esercizio di quattro m., di otto misure. e. Nelle costruzioni civili, lavori a misura, appalto a misura, di opere effettuate con contratto a misura, cioè compensate misurando tutte le singole parti eseguite e applicando ad esse i relativi prezzi unitarî di tariffa. ◆ Dim. miṡurétta, miṡurina, miṡurino m. (v.), tutti con sign. concreto.