Mòrto

Vocabolario on line

morto


mòrto agg. e s. m. [part. pass. di morire; lat. mŏrtuus, part. pass. di mŏri «morire»]. – 1. agg. a. Di persona o di animale, che ha cessato di vivere: lo trovarono m.; seppellire i soldati m.; rimase m. sul terreno; Gesù m. o Cristo m., soggetto di opere d’arte; la processione del Cristo m., che viene fatta il Venerdì Santo; Il gemer lungo di persona morta Chiedente la venal prece (Foscolo); o m. giovinetto, Anch’io presto verrò sotto le zolle Là dove dormi (Pascoli); a babbo m., locuz. tosc. (in frasi come pagare, restituire a babbo m., e sim.), v. babbo; un cane, un cavallo m.; gatta m. (anche fig., v. gattamorta); prov., è meglio un asino vivo che un dottore morto. Con senso più ampio, in biologia e anche nel linguaggio com., di ogni organismo vivente o elemento costitutivo di esso, in cui siano venute meno le funzioni vitali: pianta m.; un ramo m.; foglie m.; Dov’era l’ombra, or sé la quercia spande Morta, né più coi turbini tenzona (Pascoli); tessuto m.; cellule morte. Analogam., nell’uso poet.: E caddi come corpo m. cade (Dante); La faccia tua, ch’io lagrimai già morta (Dante). Per estens., nel linguaggio com., di parte dell’organismo, e spec. di arto, in cui sia soppressa per paralisi la funzione motoria: avere un braccio m., una gamba morta, paralizzati. b. In espressioni iperb.: essere m. di paura, di spavento; cascare m. dal sonno, dalla stanchezza (anche come rafforzativo di altri agg.: essere stanco m.); esser m. di fame, grandemente affamato; come locuz. aggettivale o sostantivata, spreg., m. di fame, spiantato, povero in canna: è (un) m. di fame e si dà tante arie!; non capisco come ha potuto sposare quel m. di fame; mi preoccupavo soltanto per te, per il tuo avvenire, ma se vuoi davvero rimanere un m. di fame non ci posso fare nulla (Sandro Veronesi); fam., un m. di sonno, quel m. di sonno, a proposito di persona tonta, poco perspicace. Mezzo m., oltre che in senso proprio (fu trovato, lo abbandonarono mezzo m.), spesso iperb. o fig.: sono mezzo m. dalla stanchezza; era mezzo m. per la paura; con usi e sign. simili: era più m. che vivo; lo tirarono fuori più m. che vivo. c. Locuz. e modi partic.: nascere m., (esser) nato m., m. sul nascere, m. prima di nascere, di prodotto del concepimento venuto alla luce privo delle funzioni vitali e, in senso fig., di ciò che non possiede le capacità necessarie per vivere e svilupparsi: un’impresa nata m.; un governo che nasce m.; accordo m. sul nascere, prima di nascere; in partic., in araldica, nato m., attributo del leone quando è raffigurato senza lingua, denti, artigli e coda; sono m.!, sono un uomo m.!, esclamazione disperata di chi si sente perduto, in estremo pericolo; con sign. affine: si vede m., capì che non aveva più scampo; è un uomo m., la sua morte è certa e, in senso fig., non vale più nulla, è ormai incapace di produrre, di creare qualcosa (cfr. è un uomo finito); fermo, o sei m.!, se fai un passo sei m.!, se parli, sei un uomo m.!, formule di minaccia; iron., sei m.?, ti credevo m., a chi per lungo tempo non s’è fatto vedere o non ha dato notizie di sé; cader m., cascar m., morire di morte improvvisa o violenta; cadde m. sul colpo; restar come m., di chi sviene o rimane comunque senza sensi per ferita o altro; dare qualcuno per m., ritenerlo spacciato, non avere speranza che si salvi: i medici lo danno ormai per m.; anche, credere che sia deceduto, non avendo più notizie di lui, non vedendolo tornare da qualche impresa rischiosa, e sim.: tutti lo davano per m. (in quest’ultimo sign., con senso affine, anche piangere qualcuno per m.); voler m. qualcuno, desiderarne la morte, perseguitarlo o anche odiarlo a morte; o vivo o m., di persona che si vuole catturare a ogni costo: dobbiamo prenderlo (trovarlo, averlo nelle nostre mani) o vivo o m.; eran tutti smaniosi d’aver nell’unghie l’uccisore, o vivo o m. (Manzoni); vile!, tu uccidi un uomo m., frase prov. (v. maramaldo). In tono enfatico: è (o sarà) già m. e sepolto, m. e seppellito, m. e sotterrato, di persona morta da tempo, o che tale si crede; anche fig.: per me si tratta di questione già m. e sepolta, cui non penso più, ormai dimenticata, e sim.; con altro senso: il suo cervel, Dio lo riposi, In tutt’altre faccende affaccendato, A questa roba è m. e sotterrato (Giusti). 2. Usi fig.: a. In senso spirituale, con riferimento alla morte dell’anima, cioè alla perdita della grazia in conseguenza del peccato: esser m. alla grazia di Dio, essere in peccato mortale o dannato; E tu che se’ costì, anima viva, Pàrtiti da cotesti che son m. (Dante), con allusione qui sia alla morte del corpo sia alla dannazione dell’anima. Per metonimia: Ma qui la m. poesì resurga (Dante), la poesia che ha finora cantato il regno dei dannati, descritto l’inferno. b. Di tempo, età, interamente trascorso: e mi sovvien l’eterno, E le m. stagioni (Leopardi); con altro sign., stagione m., v. stagione. Di istituzione e sim., estinto, o non più vitale: leggi m.; analogam.: lingue m., non più parlate (v. lingua, n. 4 a); vocaboli m., non più in uso, antiquati. Di luogo, raduno di persone e sim., privo di vita e di animazione: un quartiere m.; una città m. (anche, con altro senso, di città in stato di desolazione perché abbandonata dai suoi abitanti); una festa morta. c. Inattivo, improduttivo, inefficace: denaro m.; capitale m., denaro non investito, capitale infruttifero; esser lettera m., di legge, disposizione e sim. che non ha più efficacia (v. lettera, n. 3 c). Con sign. analogo nella locuz. del linguaggio giur. manomorta (v.). Di persone, inoperoso, fiacco: Ah! d’una gente morta Non si giova la storia (Giusti). Con sign. affine a «incapace, impotente»: tutta morta Fia nostra conoscenza da quel punto Che del futuro fia chiusa la porta (Dante). d. Inerte: peso m. (anche con sign. specifici partic., v. peso2); tenere la mano m., il braccio m., abbandonati, senza tensione muscolare; per la locuz. a corpo m., in senso proprio e fig., v. corpo, n. 2 a. Di una massa liquida, stagnante, immobile: acqua m.; poet.: Mentre noi corravam la m. gora (Dante), la palude stigia; v’attendea lo scuro Tartaro, e l’onda m. (Leopardi), della palude stigia o dei fiumi infernali in genere. Analogam., aria m., priva di movimento, stagnante: Tosto ch’io usci’ fuor de l’aura morta Che m’avea contristati li occhi e ’l petto (Dante), la buia e pesante aria infernale. Delle onde, lunghe e lente, senza schiuma: s’udiva soltanto il fiotto m. e lento frangersi sulle ghiaie del lido (Manzoni); nel linguaggio marin., mare m. (o mare vecchio), il moto ondoso, lento e uniforme, che si ha alla fine d’una tempesta. e. Locuz. particolari: angolo m., nel linguaggio milit., zona di terreno defilata al tiro dell’artiglieria nemica (analogam., angolo m., o punto m., breve settore della strada, laterale e posteriore rispetto alla vettura in marcia, che, per la conformazione della carrozzeria, non è visibile dal guidatore né a occhio nudo né nello specchietto retrovisore, ciò che può costituire un pericolo in fase di sorpasso); arrosto m., cotto con poco condimento in tegame ben chiuso e a fuoco molto lento; binario m. (v. binario2); fondo m., il fondo completamente asciutto di un tratto di alveo fluviale che sia stato abbandonato dalla corrente; natura m. (v. natura, n. 1 b); palla m., o pallone m., nel linguaggio sport. (con partic. riferimento alla pallacanestro o al rugby), palla non in gioco, e di conseguenza gioco fermo (per es., in seguito a un fischio dell’arbitro, alla realizzazione di un canestro, ecc.); pietra m., nome tosc. di una varietà di molasse meno resistenti e più friabili (v. pietra, n. 2 a); punto m., v. punto2, n. 5 h; stime morte e scorte morte, la parte del capitale agrario in opposizione a stime vive e scorte vive (v. stima e scorta); tempi m. di lavorazione, in un ciclo produttivo, gli intervalli di tempo spesi per operazioni non essenziali, quali, per es., il trasferimento di un pezzo da una macchina all’altra o da un reparto all’altro; con sign. analogo, tempo m. di un apparecchio, l’intervallo di tempo che trascorre tra l’invio del comando di azionamento e l’entrata effettiva in azione dell’apparecchio (per es., tempo m. di un relè); nel linguaggio com., tempi m., momenti di attesa che appesantiscono una situazione senza apportare alcun elemento utile o valido. Nel linguaggio marin.: corpo m., speciale mezzo di ormeggio (v. corpo, n. 1 f); opera m., la parte dello scafo superiore alla linea di galleggiamento. 3. s. m. (f. -a) Persona morta, che ha cessato di vivere; sinon. in qualche caso di defunto, in altri di cadavere: nel disastro ci sono stati parecchi m. e feriti; cassa da m.; seppellire i m.; Io fermo per cinque ore sulla piazza Enumerando i m. sulla stele, mettendomici Dentro ad honorem ridicolmente (Montale); suonare a morto, suonare le campane a rintocchi lenti per annunciare che una persona sta morendo, o durante il trasporto; messa da morto; l’ufficio dei m.; pregare per i poveri m.; il culto dei m.; il giorno o la festa dei m., e nell’uso fam. anche assol. i m., il 2 novembre, in cui si celebra la commemorazione dei defunti; fave dei m., dolci tradizionali del giorno dei morti (v. fava), uguali o simili a quelli che in alcune regioni sono chiamati ossi di morto (v. osso, n. 5 e); il mondo o il regno dei m., l’aldilà, l’oltretomba. Locuzioni partic.: per poco non ci scappava il m., pop., a proposito di una rissa o di un incidente che minacciava di finire tragicamente; bianco, giallo, pallido come un m., di persona pallidissima, per natura, per un malore o per uno spavento; m. risuscitato, chi è guarito da grave malattia, o anche chi si presenta o dà notizie di sé dopo lungo tempo; pare un m. che cammina, di persona assai magra, debole, sparuta; farebbe resuscitare un m., di un brodo eccellente, di un vino o liquore forte, corroborante (talora anche di ragazza o donna che con la sua avvenenza eserciti forte attrazione). Fare il m., rimanere immobile, fingendosi morto, o anche tenersi a galla sull’acqua stando disteso immobile sul dorso con le braccia aperte. Proverbî: il m. giace, il vivo si dà pace (variante dell’altro chi muore giace, e chi vive si dà pace); all’assente e al m. non si dee far torto; lasciate che i m. seppelliscano i loro m., frase evangelica, con cui Gesù risponde a uno dei suoi discepoli che, prima di seguirlo, gli chiedeva di andare a seppellire il proprio padre («sequere me et dimitte mortuos sepelire mortuos suos», Matteo 8, 22; «sine ut mortuos sepeliant mortuos suos», Luca 9, 60), divenuta proverbiale e ripetuta talora con significati diversi, di tono solitamente deprezzativo, adattati alle diverse circostanze. In zoologia, sfinge testa di m., farfalla della famiglia sfingidi (Acherontia atropos), detta anche atropo. Anticam.: decima dei m., a Venezia, il tributo pagato al vescovo di Rialto, che colpiva i patrimonî all’atto della morte del titolare nella misura appunto di un decimo; gabella dei m., nella Repubblica di Genova, l’imposta di successione. 4. fig. a. Persona inoperosa, inattiva, inerte, che non dà segno di vita creativa. La terra dei m., titolo di una poesia di G. Giusti in risposta indiretta al poeta francese A.-R. de Lamartine che così aveva definito l’Italia in Le dernier chant du pèlerinage d’Harold (1825). b. In alcuni giochi di carte che si giocano normalmente in quattro, ma che, in assenza di un quarto, si possono giocare anche in tre, è così detto il quarto giocatore mancante, al quale si distribuiscono ugualmente le carte, scoperte o coperte: giocare col m.; fare un tressette, un poker col morto. In partic., nel bridge, il compagno del dichiarante, che all’inizio del gioco depone sul tavolo le sue carte scoperte, che saranno poi giocate dal dichiarante stesso. c. scherz. Tesoro o denaro nascosto: arrivati, trovarono effettivamente, in vece del m., la buca aperta (Manzoni); s’era messo in testa che il babbo e la mamma gli nascondessero «il m.» e però li tormentava in mille modi, parendogli che colla loro avarizia fossero di impedimento alla sua fortuna (Rovetta). ◆ Dim. morticino (v. morticino2); pegg., roman., mortàccio (soprattutto al plur., in volgari forme d’imprecazione), l’uno e l’altro come sostantivi.