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ne


cong. [lat. nĕc]. – Congiunzione negativa corrispondente a e non. Può essere usata per la coordinazione di due o più proposizioni negative: non me l’ha mai detto né scritto; ha raccomandato di non fiatare né muoversi per nessuna ragione; o anche per unire, in una proposizione negativa, due o più elementi che compiono il medesimo ufficio; in questo secondo caso, il va ripetuto davanti a ciascun elemento: né io né lui ci siamo andati; non mi fa né caldo né freddo, non me ne importa nulla; il mio debole parere sarebbe che non vi fossero né sfide, né portatori, né bastonate (Manzoni); né piu né meno, non diversamente, esattamente in quella quantità o in quel modo; né punto né poco (o né poco né molto), niente affatto. Nel caso di due o più proposizioni coordinate, l’uso del al posto del non davanti alla prima proposizione serve a dare maggior rilievo alla negazione, con valore analogo a quello di un polisindeto: né lo pretendo né lo desidero; né fa né lascia fare. Come congiunzione coordinativa tra una proposizione positiva e una negativa è di uso letter.: ha preso la sua decisione, né io lo rimprovero; Spargendo ancor pel volto il primo fiore Né avendo il bel Iulio ancor provate Le dolci acerbe cure che dà Amore (Poliziano); travagliosa Era mia vita: ed è né cangia stile (Leopardi); e di uso letter. o poet. è anche la collocazione all’inizio della frase: Né mai più toccherò le sacre sponde (Foscolo). È ant. col sign. di neanche (o non perciò, o sim.): Se la donna s’affligge e si lamenta, Né di Ruggier la mente è più quieta (Ariosto). ◆ Seguita da parola con consonante scempia iniziale, ne produce, conforme all’etimologia, il rafforzamento fonetico, espresso dall’ortografia nelle parole composte (per es., nemmanco, nemmeno, neppure), altrimenti sottinteso (per es. né io né tuné ìo né ttu›). Rara, anche nel verso, la forma eufonica ned (v.).

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