Odóre

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odore


odóre s. m. [lat. odor -oris, affine a olere (v. olire), il cui tema compare anche come primo elemento in olfactus (v. olfatto)]. – 1. a. La sensazione specifica dell’organo dell’olfatto, diversa a seconda delle sostanze da cui è provocata: sentire un o., gli odori; non sento nessun o.; più in partic., indicando la qualità della sensazione: buon o.; cattivo o.; o. gradevole, sgradevole; un o. soave; o. grato, inebriante; un o. nauseabondo; o. forte, acre, acuto, penetrante; o specificando la cosa o la sostanza da cui la sensazione olfattiva proviene: l’o. dei fiori, delle rose, dell’erba; o. di violetta; o. d’incenso; o. d’arrosto, di bruciato; o. di chiuso, di muffa; o. d’ospedale, di farmacia; l’o. delle polveri bruciate; o. di pioggia, quello che emana da un terreno su cui è piovuto da poco; dare, mandare odore; non avere nessun o.; spandere, esalare, poet. spirare odore: Vivran que’ fiori, o Giovinezza, e intorno L’urna funerea spireranno odore (Foscolo). Con uso assol., è talvolta adoperato eufemisticamente per indicare il puzzo: che cos’è questo o.?; spec. al plur.: d’estate, nell’autobus molto affollato, si sentono certi odori! b. In etologia, con riferimento ai segnali di comunicazione intraspecifica, odore di gruppo o odore del branco, segnale olfattivo utilizzato, tra i mammiferi, per il riconoscimento reciproco dei membri appartenenti allo stesso gruppo sociale (branco, ecc.). Con altro senso, odore del nido, quello dovuto ai feromoni prodotti da alcuni insetti sociali (api, formiche, ecc.), tipico di ogni singolo nido o colonia. 2. In senso concr.: a. Nell’uso fam., non com., sostanza odorosa, liquido profumato: una bottiglietta di o.; versò qualche goccia di o. sull’abito. b. Al plur., gli odori, denominazione complessiva delle erbe aromatiche (prezzemolo, sedano, basilico, salvia, mentuccia, rosmarino, ecc.) usate in cucina per dare più sapore alle vivande. 3. fig. Indizio, sentore di cosa prossima a verificarsi o a essere scoperta: sento o. di imbroglio; nell’aria c’è o. di litigi; qui c’è o. di quattrini. 4. a. Nell’uso poet., vago ricordo: quel odor, che sol riman di noi Poscia che ’l resto fragile è defunto (Ariosto). Rendere o. di qualche cosa, avere con essa una certa rassomiglianza o affinità: debbe uno uomo prudente intrare sempre per vie battute da uomini grandi, e quelli che sono stati eccellentissimi imitare: acciò che, se la sua virtù non vi arriva, almeno ne renda qualche o. (Machiavelli). b. Nel linguaggio ascetico, dare o mandare buon o. di sé, manifestare nelle opere le proprie virtù. Frequente l’espressione morire o essere in o. di santità, in concetto di santo (per la credenza, diffusa dalla letteratura agiografica, che i corpi dei santi esalino dopo la morte un particolare profumo di fiori); per antifrasi, essere in o. di eresia, esser considerato, per affermazioni teoriche, prese di posizione e sim., ai limiti dell’eresia (nel sign. proprio o in quello estens. di questo termine); e per estens. di questo uso antifrastico, sono spesso coniate, nel linguaggio giornalistico, espressioni quali in o. di mafia, in o. di truffa, e sim., riferite a persone (per lo più note) di cui si sospetta che siano coinvolte in tali attività. ◆ Dim. odorino (odore sottile e generalm. gradevole: buono questo odorino che viene dalla cucina!; ma talora anche, ironicam., odore sgradevole), e meno com. odorétto, odorùccio, odoruzzo (alcuni odoruzzi semplici di acque stillate, Della Casa); pegg. odoràccio, odore cattivo.

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