Pàsqua

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pasqua


pàsqua s. f. [lat. pascha, gr. πάσχα, adattamenti dell’ebr. pesaḥ (aramaico pisḥā), propr. «passaggio»; la forma lat. si è incrociata con pascua «pascoli»]. – 1. Presso gli Ebrei, la solennità con cui si commemora e si celebra la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto; il nome viene messo in rapporto dalla tradizione biblica con il verbo pāsaḥ «passare oltre», a commemorazione del «passare oltre» del Dio d’Israele, che nella notte dell’uccisione dei primogeniti egiziani risparmiò quelli ebrei. 2. a. Presso i cristiani, per lo più con iniziale maiuscola, festa mobile (la prima domenica dopo il plenilunio di primavera, situata quindi fra il 22 marzo e il 25 aprile), che commemora la resurrezione di Cristo e costituisce la massima solennità dell’anno liturgico; è anche detta, per distinguerla da altre feste a cui si dava e si dà tuttora localmente lo stesso nome (v. oltre), P. di resurrezione, P. maggiore, e popolarmente P. d’agnello, P. d’uovo o d’ova, per la tradizione dell’agnello pasquale e, rispettivam., della benedizione delle uova. Locuzioni: P. alta, quando cade tardi, P. bassa, quando cade presto; fare P., prendere la P., accostarsi ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia nel tempo pasquale, secondo il precetto della Chiesa; fare P. in famiglia, con qualcuno, ecc., trascorrere il giorno della festa insieme con i proprî cari, ecc.; uova di P., o pasquali, quelle, vere o di cioccolato, che sono di tradizione nella festività; augurare, dare la buona P., fare gli augurî consueti per questa ricorrenza (buona P.!, come augurio a voce o per iscritto; e quindi cartoline di Buona P., quelle che vengono stampate apposta per gli augurî pasquali); prov., (a) Natale con i tuoi, (a) P. con chi vuoi, essendo il Natale una festa più intima che la Pasqua. b. Al plur., pasque, spec. nella denominazione di avvenimenti storici che hanno avuto luogo nei giorni di tale festa: p. piemontesi, i massacri perpetrati contro i Valdesi nell’aprile 1655 dalle truppe sabaude, che si conclusero pochi mesi dopo per l’intervento degli stati protestanti e soprattutto dell’Inghilterra; p. veronesi, la sommossa, sostenuta dai più umili ceti della città, scoppiata a Verona il lunedì di Pasqua del 1797 contro i Francesi occupanti, e troncata pochi giorni dopo dall’accorrere di altre truppe francesi. 3. Per estens., anticam. (ma anche oggi, in usi locali, spec. pop.), qualsiasi festa religiosa: appressandosi la festa di Natale, la donna disse al marito che ... ella voleva andar la mattina della p. alla chiesa (Boccaccio). In partic.: p. di Natale o della Natività (pop. tosc. p. di ceppo), il Natale; p. di Befana o p. Epifania, l’Epifania; p. fiorita, la domenica delle Palme; p. piccola, il lunedì dopo Pasqua (anche pasquetta), o la domenica in Albis; p. rosa, meno com. p. di rose, o delle rose, ant. p. rosata, la Pentecoste (in Sicilia, p. di fiori); p. del Corpo di Cristo, ant., il Corpus Domini; p. dei morti, Ognissanti. In passato, con senso ancor più ampio, festa in genere, allegria (si fece gran p., e sim.); le liti degli altri erano la loro p. (I. Nievo), erano una festa per loro, se ne compiacevano; in relazione a questo sign. generico le espressioni: essere contento come una p. (al plur. senza articolo: contenti come pasque), contentissimo, pieno di gioia anche esteriore; dare la mala p., augurare che la festa riesca male, che la gioia si muti in pianto, e più genericam. guastare la festa, la giornata: la donna ... vide bene nel viso al marito che ella gli aveva data la mala p. (Boccaccio); che Dio gli dia la mala p.!, a te la mala p.!, e sim., sono anche formule d’imprecazione tipicamente meridionali (Sicilia). ◆ Dim. pasquétta (v.).