Perfètto

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perfetto


perfètto agg. e s. m. [dal lat. perfectus, part. pass. di perficĕre «compiere», comp. di per-1 e facĕre «fare»]. – 1. agg. a. Con uso più propriam. participiale, nella lingua ant. e letter., condotto a termine, portato a compimento, concluso: sorge il fabbro, e la sonante officina riapre, e all’opre torna L’altro dì non perfette (Parini); per altri casi, in cui, con questo sign., perfetto è da considerarsi una forma della coniug. dell’ant. perficere, v. questo verbo. Come vero e proprio agg., compiuto in tutte le sue parti, completo di tutti gli elementi caratteristici e necessarî, giunto al punto estremo del suo sviluppo: ha avuto un’educazione p.; ha una conoscenza p. dell’argomento; una macchina p.; delitto p., v. delitto. b. Detto di ciò che è fatto nel migliore dei modi possibili, tale che nel suo genere non si possa immaginare niente di meglio: un lavoro p., un’opera p.; l’esecuzione del concerto è stata p.; un’architettura, una regia p.; parla un inglese perfetto. c. Completo, totale, assoluto: furono giorni di felicità p.; fra loro c’è un’intesa p.; nella stanza regnava un silenzio perfetto. d. Aggiunto a una qualificazione, indica che la persona di cui si parla possiede quella qualità in altissimo grado; diversamente che nelle accezioni prec., e anche in altre che seguiranno, con le quali l’agg. viene solitamente posposto al sost., in questa può essere anche preposto, ma in genere con sfumature tonali più o meno sensibili: è una moglie p.; sei una p. padrona di casa; ha una segretaria veramente p.; un gentiluomo p., o un p. galantuomo; anche in usi ironici, spec. anteposto al termine a cui si riferisce: sei un p. imbecille; è un p. cretino. e. Con riferimento a perfezione morale: nessuno è p. a questo mondo, tutti possono sbagliare o peccare; Dio solo è perfetto. In partic., nella teologia morale, detto di chi, in virtù dei doni naturali e soprannaturali, pratica il complesso delle virtù che costituiscono il patrimonio dell’insegnamento cristiano, tendendo con tutto il proprio essere alla imitazione di Dio, perfezione assoluta. f. Come sost., nel medioevo, denominazione (lat. perfecti) degli aderenti alla setta catara che, dopo un periodo di prova, ricevevano l’imposizione delle mani (o consolamento), per cui, come essi affermavano, discendeva su di loro lo Spirito Santo e così ricevevano il perdono di tutti i peccati e la facoltà di poter poi conferire, a loro volta, il consolamento. 2. agg. e s. m. In grammatica, tempo p., o assol. perfetto (lat. perfectum «compiuto», traduz. del gr. συντελικός [χρόνος]), categoria del verbo, caratteristica delle lingue indoeuropee nella loro fase più antica, che esprime uno stato presente conseguente a un’azione cominciata nel passato (per es., lat. didĭci, ital. ho imparato, e quindi «so, conosco»); costituisce un tempo particolare dell’indicativo, del congiuntivo e ottativo e dell’infinito (per es., nella coniug. di tangere «toccare», si avevano il perfetto indic. tetĕgi «ho toccato», cong. tetigĭrim «abbia toccato», inf. tetigisse «aver toccato»). 3. agg. Con sign. tecnici partic.: a. In zoologia, insetto p., lo stesso che insetto adulto (v. adulto, nel sign. 2), e quindi sinon. di immagine o imagine (v. imago2). b. In botanica, fiore p., sinon. di fiore completo, costituito cioè da almeno 5 verticilli, come per es. quello dei cerasti che è formato da un verticillo di sepali, uno di petali, due di stami e uno di carpelli. Si dice inoltre di un fungo (o di un suo stadio di sviluppo o di una sua forma), quando nel suo ciclo riproduttivo è nota anche la fase di riproduzione sessuale. c. In economia, impresa p., quella che produce per il mercato, non su ordinazione, e assume quindi anche i rischi economici oltre quelli tecnici; libera concorrenza p., situazione di mercato caratterizzata dalla piena libertà e mobilità e dal fatto che nessun richiedente e nessun offerente è in grado di influire più degli altri sul prezzo; mercato p., quello in cui l’offerta e la domanda di prodotti finiti, servizî e fattori produttivi hanno la massima mobilità e in cui i varî operatori conoscono pienamente le condizioni del mercato stesso; moneta p., quella il cui valore legale coincide col valore intrinseco e per cui vige piena libertà di coniazione e di fusione. d. In fisica, gas p., liquido p., v. gas e liquido. e. In matematica, numero p., ogni numero naturale che risulti uguale alla somma dei suoi divisori eccettuato il numero stesso: per es., 6 = 1 + 2 + 3 (si conoscono varî numeri perfetti pari, ma non è noto se esistano numeri perfetti dispari); quadrato p., ogni numero intero che sia la seconda potenza di un altro numero intero (per es., 9 è quadrato perfetto), e più in generale ogni numero razionale che sia il quadrato di un altro numero razionale; in topologia, insieme p., un insieme chiuso privo di punti isolati. f. In musica, accordo p., l’accordo formato da una nota con la sua terza e la sua quinta (se la terza è maggiore, si chiama accordo p. maggiore; se la terza è minore, accordo p. minore); cadenza p., la successione armonica dell’accordo posto sul quinto grado (dominante) che risolve sull’accordo del primo grado (tonica), con funzione marcatamente conclusiva; consonanza p., nel contrappunto e nell’armonia, gli intervalli di unisono, quinta e ottava giusti. 4. agg. Perfetto amore (o amor p.), in botanica, altro nome dell’aquilegia comune (lat. scient. Aquilegia vulgaris). ◆ Sebbene per il suo stesso sign. perfetto indichi condizione o qualità che non si possono ulteriormente accrescere, è usato il comparativo più p., meno p., per indicare un grado maggiore o minore di perfezione, e anche il superl. perfettissimo (da cui si ha anche l’avv. perfettissimamente). ◆ Avv. perfettaménte (v. la voce).