Piccolézza

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piccolezza


piccolézza s. f. [der. di piccolo1]. – 1. L’essere piccolo; qualità, condizione di ciò che è piccolo (o è dichiarato tale), con riferimento alle dimensioni di un luogo, di un ambiente, di un oggetto (è un paese grazioso nella sua p.; ci si muoveva male per la p. della stanza; una stampa quasi illeggibile per la p. dei caratteri), alla statura o all’età di una persona (ha il complesso della sua p.; per la sua p., non è ancora in grado di capire certe cose) o anche di un animale; meno spesso riferito all’estensione o alla durata (la p. del percorso, dell’attesa, più com. brevità o sim.), all’intensità (la p. dello sforzo, della fatica); più spesso invece all’entità, al valore, all’importanza (non badi alla p. del dono; è rimasto scontento per la p. del compenso); ecc. Con riferimento a qualità morali o intellettuali, esprime in genere un giudizio di meschinità, di limitatezza, d’insufficienza: dimostrare p. d’animo, di mente, d’ingegno; avere coscienza della propria p. (per es., di fronte alla grandezza di Dio, alla vastità del creato, alla forza della natura). 2. Con sign. concreto, cosa da nulla, fatto di scarsa importanza, inezia: non bisogna prendersela per queste p.; o anche, in determinate frasi, somma di scarsa entità, oggetto o dono di poco valore, e sim.: mi rimane da pagare ancora qualcosa per il saldo, ma è una p.; non deve ringraziarmi, è solo una piccolezza.

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