Più

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più (ant. o pop. tosc. piùe) avv. e agg. [lat. plūs, compar. neutro di multus «molto»]. – 1. avv. a. Come comparativo dell’avv. molto, significa «in maggior quantità, in maggior misura», contrapponendosi direttamente a meno. Può determinare un verbo (quello che più conta è che si rimetta presto in salute; mi è venuto a mancare il suo appoggio proprio quando più ne avevo bisogno), un aggettivo (in luogo più alto; è diventato più arrogante), o un altro avverbio (lo vedo più raramente; rispondi più cortesemente; vieni più presto), dei quali modifica il sign. ampliandolo rispetto alla quantità, qualità, intensità, forza, ecc. Unito con aggettivi e avverbî forma in genere il comparativo di maggioranza; in tale caso (e anche quando specifica un verbo) vi è, espresso o sottinteso, un secondo termine di paragone o una proposizione comparativa: la discesa è in genere più agevole che la salita; quello è già più morto che vivo e non racconterà un bel niente a nessuno, salvo un miracolo del Cielo (Luigi Malerba); oggi fa più caldo di ieri; ho aspettato più di un’ora; si è trattenuto più che non fosse necessario (comunem. più del necessario); sono convinto più che mai della sua sincerità. Talvolta come equivalente di piuttosto, quando il confronto avviene tra due sostantivi, due aggettivi, due verbi: più che coraggioso mi sembra incosciente; il successo più che rallegrarlo lo stupì. Preceduto dall’art. determ., forma il superlativo relativo di maggioranza: è il più furbo di tutti; il più grande stratega dell’antichità; tenere nella più grande considerazione; vieni il più presto possibile (anche al più presto). Può a sua volta essere modificato da altri avv. di quantità: poco, molto, assai, tanto più; raddoppiato: Il popolo contra lui tutto converso, Più e più sempre inaspera la guerra (Ariosto). È spesso correlato a meno: io ho, vivendo, tante ingiurie fatte a Domenedio, che, per farnegli io una ora in su la mia morte, né più né meno ne farà (Boccaccio); per indicare piccole differenze: sono tutti così, più o meno; la situazione è, più o meno, sempre la stessa; chi più chi meno, tutti hanno contribuito alla realizzazione di questa iniziativa; poco più, poco meno, all’incirca, pressappoco. Nelle negoziazioni di merci o di titoli o di noleggi, la clausola più o meno, anteposta all’indicazione della quantità e del prezzo, serve a facilitare l’esecuzione degli obblighi contrattuali, lasciando una tolleranza, entro i limiti fissati o stabiliti dagli usi. b. Entra in alcune espressioni aventi valore asseverativo; così la formula più che premessa a un aggettivo o a un avverbio: la tua osservazione è più che giusta; ha agito più che correttamente, in modo assolutamente corretto. Tanto più, molto più, ancor più, locuzioni con cui si afferma la maggiore possibilità o necessità logica di qualche cosa, a confronto di altra detta prima (equivalgono quindi a «con maggior diritto», «a più forte ragione»): tutti lo desideriamo, tanto più io per i vantaggi che me ne riprometto; ho sempre diffidato di lui, molto più ora e dopo quanto è successo; se hanno creduto a lui, ancor più crederanno a te. Seguito da che, nella locuz. tanto più (poco com. molto più) che, serve a introdurre un argomento che conferma la possibilità o necessità di quanto si è detto: devi farlo, tanto più che è vantaggioso per tutti (= tanto più devi farlo perché...); penso che accetterà, molto più che è senza lavoro da qualche tempo. c. In frasi negative serve a indicare la cessazione definitiva di qualche cosa a cominciare da un certo limite (equivalendo a «di qui in avanti», «d’ora in poi»): Quel giorno più non vi leggemmo avante (Dante); ti prometto che non lo farò più; non voglio più sentirne parlare (e con più forza, mai più); non poterne più, essere al limite della sopportazione. d. In matematica, indica l’addizione e si esprime con il simbolo + (che ha esso stesso il nome più, o segno più, o segno del più): quattro più cinque è uguale a nove (in simboli: 4 + 5 = 9). Analogam., nel linguaggio comune: sono tre chili più un etto; non com., sono le otto più cinque minuti (più spesso: e cinque minuti). Differenza in più, la differenza tra il numero o la quantità che si ha realmente, e il numero o la quantità minore che si aspettava: nella busta ci dovevano essere trecento euro, e invece ho trovato una differenza in più di cinquanta euro (oppure una differenza di cinquanta euro in più, o più semplicem. ho trovato, cinquanta euro in più); e così: questo mese ho riscosso centocinquanta euro in più rispetto al mese scorso; ho pesato la carne e mi sono accorto che il macellaio mi ha fatto spendere quattro euro in più (o di più). Con lo stesso valore, in alcune locuz. del linguaggio com., contrapposto a meno: il prezzo sarà lo stesso dell’altra volta, dieci euro più, dieci meno. Lo stesso segno si usa in algebra e nelle sue applicazioni per indicare numeri relativi positivi o misure positive: stamattina il termometro segna appena più tre (+ 3), tre gradi sopra lo zero; in chimica e fisica viene attribuito alla carica del protone, all’elettrodo positivo (anodo) negli apparecchi per l’elettrolisi, al polo positivo nelle pile e, in genere, negli strumenti e apparecchi elettrici; posto a esponente indica la carica positiva di ioni e particelle: così, e+ indica l’elettrone positivo o positrone. e. Dal sign. matematico deriva l’uso della parola come preposizione, col valore di «aggiuntovi», «inoltre»: eravamo gli stessi dell’altra volta più lo zio Alfredo; percepisce ottocento euro mensili, più vitto e alloggio. f. Nelle votazioni scolastiche o nelle pagelle sportive sui giornali, sei più, sette più (6 +, 7 +) ecc., per indicare un voto abbondante: ho avuto sette più nella versione di latino; l’attaccante si merita un bell’8 + per i suoi magnifici goal di ieri. 2. agg., invar. Equivale in genere a «maggiore» (di cui è più fam., ma non può sostituirlo in tutti i casi): è meglio che faccia lui che ha più esperienza; ha risposto con più gentilezza del solito; ci vuole più tempo, più lavoro, più spesa; i difetti del genere umano, i quali, come si crede, sono assai maggiori e in più numero che le virtù (Leopardi). Ha spesso il sign. di «in maggior numero»; oggi c’era più gente; paghi lui, che ha più soldi di me; ho segnato più punti io; altre volte s’adopera senza preciso valore comparativo, per indicare un numero più o meno grande: rimarrò assente per più giorni; Per più fiate li occhi ci sospinse Quella lettura, e scolorocci il viso (Dante); si sa che agli uomini il bene bisogna, le più volte, farlo per forza (Manzoni). Per indicare un numero qualsiasi diverso dall’uno: per uno o più mesi; o anche maggiore di altro numero indicato: tre e più, cento e più, ecc. Frequente l’espressione la più parte («la maggior parte»): i suoi amici erano vecchi repubblicani, la più parte; avendo la più parte dei loro mali questa natura ... (Leopardi). 3. Nella sua funzione di agg., è spesso sostantivato con valore neutro: a. Senza articolo e sottintendendo per lo più un nome, che può essere, per es., denaro o sim.: lui guadagna più di te; questo mese ci hanno dato più (o di più); oppure prezzo: costerà venti euro o anche più; oppure tempo: ci vorrà un’ora e più; questo lavoro deve essere fatto in otto giorni, non più; ho aspettato più di quanto pensassi; o con valore più generico, che viene determinato di volta in volta dalla frase in cui è usato: dovresti mangiare di più; vuole sempre di più, molto di più; più di così non gli potevamo dare; quest’anno il podere ha reso più dell’anno scorso. b. Preceduto dall’articolo, con sign. simili o diversi: vorrei risparmiare il più possibile; date le circostanze, questo è il più che si possa ottenere; il più è fatto, è fatta la cosa più importante, o più difficile; il più è cominciare. Contrapposto a il meno, in determinate frasi: se questo è il meno, figuriamoci il più; discorrere, parlare del più e del meno, di cose varie ma di poca importanza (per altre espressioni consimili, v. meno). Nell’uso ant., il numero del più, il plurale. c. Sempre con l’articolo, ma al plur. e con riferimento a persone, i più, la maggioranza, il maggior numero: noi siamo i più, gli altri dovranno seguirci; l’opinione dei più, l’opinione della maggioranza (e, in senso spreg., l’opinione del volgo); passare nel numero dei più, morire; e con lo stesso sign.: seppero che l’uno e l’altro erano andati tra que’ più (Manzoni). 4. Locuzioni: a. Di più, con lo stesso sign. del semplice più (in funzione di avv., di agg., di sost. neutro): devi studiare di più; con le buone maniere si ottiene di più; mi hai dato una carta di più; talvolta anche per indicare aggiunta: mi occorrerebbero almeno tremila euro di più; in relazione all’altezza, dovresti pesare dieci chili di più. Con sign. analogo, in più; noi siamo in più, in maggior numero (per un altro uso della locuz. in più, v. sopra, al n. 1 d). b. Né più né meno, per l’appunto, proprio così (v. meno, n. 4 b). c. Per lo più (anche in grafia unita, perlopiù), il più delle volte, nella maggioranza dei casi; nell’uso ant. o letter. anche semplicem. il più: i poeti didascalici inglesi furono il più medici (Carducci). d. Senza più, senz’altro indugio: l’abate con li due cavalieri e con Alessandro senza più entrarono al Papa (Boccaccio). e. Al più (con maggior forza al più al più, tutt’al più), per indicare un limite che si considera il massimo possibile: costerà al più venti euro; che posso farci? tutt’al più potrò rimborsargli le spese. Con riferimento a limiti di tempo: al più presto; al più tardi. f. A più non posso, fam., quanto più è possibile: mangiare, bere a più non posso. g. Essere da più (anche in grafia unita: v. dappiù), essere superiore (per capacità, merito, condizioni, ecc.): non puoi trattare in questo modo chi è da più di te; lui si crede da più. h. Con valore neutro, il di più, ciò che sopravanza (in contrapp. al puro necessario): dare il di più ai poveri; un di più, una cosa soverchia, un’aggiunta non necessaria: questo mi basta, tutto il resto è un di più.