Pòlline

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polline


pòlline s. m. [dal lat. pollen -lĭnis, propr. «fior di farina» e per estens. «polvere finissima»]. – 1. In botanica, il complesso di granuli pollinici che si formano nelle sacche polliniche delle spermatofite e che nello stadio uninucleato corrispondono alle microspore, mentre dopo la differenziazione del nucleo iniziale negli elementi riproduttori, spermi o nuclei spermatici, corrispondono al gametofito maschile. I granuli pollinici, di colore per lo più giallo, hanno dimensione quanto mai varia e sono protetti da una parete, lo sporoderma, formata da due strati: l’intina, di natura celluloso-pectica, e l’esina, più esterna, costituita da sporopollenine chimicamente resistenti e decomponibili solo per ossidazione, e caratterizzata da aperture lineari o rotondeggianti attraverso le quali l’intina si estroflette per formare il budello pollinico (la posizione e il numero delle aperture di germinazione costituiscono, insieme con le varie ornamentazioni dell’intina, importanti caratteri tassonomici). A maturità i granuli pollinici sono di solito riuniti in tetradi, ma anche in diadi, singole o riunite in masse più o meno grandi, come per es. i pollinî delle orchidee. Per l’analisi dei p., v. pollinico. Per l’allergia da polline, in medicina, v. pollinosi. 2. P. di licopodio, altro nome con cui è talora indicata la polvere di licopodio o zolfo vegetale (v. licopodio).