Prato

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prato


s. m. [lat. pratum] (pl. -i, ant. le prata, le pràtora). – 1. a. In scienza della vegetazione, ogni fitocenosi costituita da specie erbacee (sinon. di prateria). In Italia sono prati naturali quelli che si sviluppano dove gli alberi non possono insediarsi: in alta montagna, o sui suoli salati; per il resto i prati sono formati dall’uomo con la distruzione del bosco e vengono mantenuti per mezzo delle falciature (p. falciati) o del pascolamento (pascoli). b. In agraria, tipica prateria oggetto di attività agronomica ed utilizzata per la produzione di foraggio mediante sfalcio; si definisce p. naturale o p. artificiale a seconda che sia ottenuto da inerbimento naturale o mediante semina delle specie costituenti; il numero di queste comporta ulteriori denominazioni: p. monofitico, con una sola specie, p. oligofitico, con 2-5 specie, p. polifitico, con più di 5 specie; in relazione alla durata i prati sono distinti in p. annuali o erbai e p. pluriennali; in questo secondo caso, p. stabili se durano fino a 5 anni e p. permanenti quando persistano oltre i 5 anni. 2. Spazio erboso non coltivato (contrapp. a campo o a giardino): i bambini giocavano tranquillamente sul p.; la villa è circondata da un grande p.; ci siamo stesi sul p. a prendere il sole; un p. pieno di fiori. Nel linguaggio poetico, è stato usato talvolta anche l’ant. plur. pràtora: Le lodolette cantan su le pràtora Di San Rossore (D’Annunzio). In funzione appositiva, verde p., colore verde chiaro e brillante. Per la locuz. p. all’inglese, v. inglese. 3. Nel linguaggio sport., terreno erboso usato come campo da gioco: il p. di un campo di calcio, di rugby; hockey su prato. Nell’ippica, è l’equivalente ital. del fr. pelouse, e indica il prato interno di un ippodromo, o la parte centrale di esso, destinata al gran pubblico. ◆ Dim. praticèllo, praticino, praticciòlo, pratolino, letter. pratèllo: gli operai ... facevano la siesta dormendo saporitamente sul pratello accanto alla chiesa (Linati); accr. pratóne.

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